Premio Nazionale Città di Loano per la Musica Tradizionale, Loano (Sv), dal 23 al 27 Luglio 2018


È questa un’età del Mondo - e dell’Italia in particolare - quantomai complessa. La crisi sociale e morale ormai si percepisce intorno, insegue le nostre ombre, ha smesso di fare capolino dai portoni per uscire direttamente in strada. E gridare. Si riducono gli spazi e i tempi per quello che una volta veniva chiamato “il bene”. Eppure non sarebbe Mondo e non sarebbe crisi se non ci fosse – a voler ben guardare – tanta bellezza da osservare, da veder crescere. Da ascoltare. Per esempio, a volte, in certi concerti benedetti dalle divinità ancestrali, c’è da rimanere rapiti nell’incanto, anche se poi si teme di scadere nelle ovvie retoriche della scrittura. Ma a quanti appassionati del bel canto, del bel suono – e che sia musica tradizionale, world, punk, rock, pop, jazz… davvero conta? – è capitato di ritrovarsi dentro una qualche magia miracolosa che sembra in un attimo spazzare via ogni sporcizia e dare un senso al tutto? Quei momenti in cui se ti trovi a passare di lì, ti viene da pensare che se il Mondo si fermasse in quel momento ad ascoltare, tutto tornerebbe a posto? 
Ma ecco che la retorica della scrittura prende di nuovo il sopravvento e non aiuta davvero a spiegare la forza eppure la soavità, la grinta eppure la dolcezza del concerto di Elena Ledda, che si è tenuto a Loano mercoledì 25 luglio, nel fresco dell’accogliente Chiostro di Sant’Agostino; in quell’occasione è stato infatti consegnato il Premio Loano all’artista sarda per il suo album “Lantiàs”; Elena era accompagnata dal suo straordinario gruppo di musicisti (Simonetta Soro: voce; Mauro Palmas: mandole; Silvano Lobina: basso; Marcello Peghin: chitarre; Andrea Ruggeri: batteria e percussioni). E con loro c’era anche Gabriele Mirabassi. Sentirli suonare insieme è stata gioia e commozione. Quello che più colpiva era la sensazione di totale intimità, commistione, sintonia; sembravano un unico organismo: un’unità, potremmo dire, in cui la voce potente ed unica della Ledda rappresentava “la Grazia”. Per non parlare di Gabriele Mirabassi, che è stato lo spettacolo nello spettacolo, l’incantesimo finale nella magia: anche solo ad osservarlo mentre non spettava a lui suonare. Lo vedevi lì, compenetrato dalla musica e nella musica, ispirato, lui e il suo clarinetto poggiato sul ginocchio. 
Solo a guardarlo così è stata un’emozione: diventa facile immaginare la reazione dei presenti quando ha suonato! Insomma: una serata fantastica, complice anche l’azzeccatissima location; il Chiostro era infatti intimo ma accogliente e ha permesso che il caos della movida estiva restasse lontano; ci sono infatti dei momenti in cui, in un live, il silenzio si fa strumento musicale essenziale. Era quella la circostanza. E poi è stata anche un’occasione per conoscere la realtà della Fondazione CEIS che gestisce - proprio lì - un centro di accoglienza per richiedenti asilo, che hanno preparato un’apericena gustosa prima dei concerti del 24 e del 25 luglio. E se quello del 25 sarà difficile scordarlo, va detto che anche i due set di martedì 24 sono stati di altissimo livello. Il primo, quello di Gastone Pietrucci e la Macina, era stato preceduto nel pomeriggio da un incontro e showcase condotto dal giornalista e Storico della canzone Enrico de Angelis. A Pietrucci è stato assegnato infatti il premio Loano alla Carriera, per i cinquanta anni di ricerca, valorizzazione e riproposta instancabili della tradizione popolare marchigiana, nel segno del confronto tra generazioni e linguaggi musicali diversi: dalla canzone d’autore, alla classica e al jazz. 
È stato un concerto intenso e coinvolgente quello della Macina (Adriano Taborro: chitarra, mandolino, violino, voce; Marco Gigli: chitarra, voce, controcanti; Roberto Picchio: fisarmonica, voce); una intensità che ha raggiunto il culmine quando Pietrucci ha intonato con la sua voce inconfondibile il canto popolare umbro “Sotto la Croce Maria”, nel quale si raccoglie e si ascolta tutto il dolore per ogni figlio perduto, sulle croci del mondo, non importa se per le guerre di religione o per la violenza dei flutti del mare. In quel momento Gastone è stato tutte le madri del mondo e quel momento si è ripetuto nel pomeriggio e di sera, quasi a voler ricordare – ripetendo il canto come un mantra – che occorre sempre restare umani malgrado la complessità del mondo in cui ci stiamo trovando a vivere. E dopo la Macina è stata la volta di Canio Loguercio e Alessandro d’Alessandro, che con il loro “Canti, ballate e ipocondrie d’ammore” sono arrivati secondi nella classifica del Premio Loano (che, ricordiamo, è assegnato da una giuria di 60 giornalisti e critici esperti nella produzione contemporanea di musica tradizionale). 
Ecco quindi che la Canzone d’Autore va incontro alla personalissima lingua di Canio, che si muove tra Campania e Lucania, con molta più fluidità della sua macchina scassata che, a detta sua, ha sempre abbastanza problemi per trasformarsi in poesia. E va incontro anche al suono (folk-elettronico) dell’organetto virtuoso e appassionato di D’Alessandro. Ogni volta che i due si presentano in concerto è godimento intellettuale. Pensiero e sentimento vanno a braccetto e diventano grandi amici, sempre in sintonia. Giovedì 26 l’Associazione Compagnia dei Curiosi che organizza il Premio (grazie al lavoro attento e accogliente di Lucia Campana) ci ha spostato dalla soavità del Chiostro di Sant’Agostino alla piazza del Municipio, per ballare e divertirci col Canzoniere Grecanico Salentino (terzo classificato in giuria con l’album “Canzoniere”). Il Concerto è stato preceduto da un incontro pomeridiano, condotto da Ciro de Rosa, che per l’occasione ha messo a confronto due generazioni di musicisti salentini. Infatti la prima formazione, quella degli anni Settanta, ha lasciato il testimone a quella nuova. 
E così Roberto Licci, tra i fondatori del gruppo, ha lasciato il posto virtualmente a suo figlio Emanuele. Ebbene, in occasione di questa quattordicesima edizione del Premio, le due generazioni si sono incontrate sul palco e si sono raccontate al microfono di Ciro; un incontro inedito considerato il nuovo percorso artistico del gruppo, un piccolo gioiello da conservare regalato ai presenti, in perfetta sintonia col tema delle “riGenerazioni” della rassegna di quest’anno. Un tema, quello dei passaggi generazionali nelle musiche tradizionali, fortemente voluto dal giornalista, musicista e musicologo Jacopo Tomatis, nuovo Direttore Artistico del Premio, dopo tantissimi anni di conduzione di John Vignola. Un compito che svolge con l’aiuto e la collaborazione attiva e partecipata dei già citati Enrico de Angelis e Ciro De Rosa e da Annalisa Scarsellini. È stato lui a chiacchierare con Elena Ledda e Valentina Casalena del Premio Parodi nel pomeriggio di mercoledì 25, dieci anni dopo quel Premio Loano vinto da “Rosa Resolza” firmato in coppia dalla Ledda e da Andrea Parodi. 
Un incontro tra due manifestazioni amiche, forse parenti, di certo affini, per spirito, coraggio e contenuti. Ed è sempre stato Tomatis ad incontrare nel pomeriggio di lunedì 23 i Trouveur Valdotèn, vincitori del Premio alla Realtà Culturale. Come sempre all’incontro del pomeriggio ha fatto seguito il Concerto serale di questi trovatori valdostani, divertente e fresco grazie alla loro capacità di trasmettere alle nuove generazioni un lungo lavoro di ricerca e valorizzazione del passato. Il gruppo comprende i genitori Liliana Bertolo e Alessandro Boniface e i due figli Vincent e Rémy… più riGenerazione di così è difficile da immaginare! La manifestazione si è chiusa venerdì 27 con la consegna della prima edizione del nuovissimo Premio Loano Giovani alla band bolognese Lame da Barba, seguita da una vera e propria festa da ballo dei giovanissimi ed esuberanti cuneesi Saber Système, con la loro cantante della Costa D’Avorio e il loro frontman, a metà tra un Rapper e un cantante di Raggaeton. Il tutto sul Lungomare di una Loano solare, piena di vacanza, di suono, di vita. Fino al prossimo anno. 

Elisabetta Malantrucco
Foto di Martin Cervelli

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