Graham Nash, Festival di Villa Arconati, Bollate (Mi), 5 Luglio 2018

La nuova edizione del festival di Villa Arconati parte con uno di quei nomi che davvero hanno fatto la storia del rock, Graham Nash. L'artista inglese torna in Italia, a distanza di un paio di anni dal precedente tour, e lo fa con uno spettacolo leggermente diverso. Se allora presentava il suo ultimo disco di inediti, oggi promuove la sua produzione più recente, una raccolta con il meglio della sua carriera ultra cinquantennale. Sul palco con lui, oltre all'ormai fedele chitarrista Shane Fontayne, c'è anche Todd Caldwell all'organo, per una serata che si presenta come il racconto della vita di un artista, e attraverso lui, anche la storia di un paese e di un’epoca, come promette il titolo del tour: “An intimate evening of song and stories”. Molti gli aneddoti raccontati per presentare le canzoni, per una sorta di riassunto in musica della sua bella autobiografia uscita alcuni anni fa. 
Dall'episodio in cui venne fermato all'ingresso negli Stati Uniti, da cui nascerà il brano “Immigration Man”, a “Just a song before I go”, canzone scritta per scommessa con un amico che non credeva nelle sue capacità di scrittura. Molti anche gli amici citati nel corso della serata, tra tutti ovviamente Crosby, Stili e Young, e Joni Mitchell, a cui dedica “Our House”, felicitandosi per la sua ripresa dopo la malattia. Sempre combattivo e mai arreso, inizia con l'accusa di “Military Madness” e chiude dopo novanta minuti con “Ohio” e “Chicago”, canzoni che non lasciano dubbi sulle sue opinioni. In mezzo, alcuni grandi classici degli anni d'oro del rock, da “Marracash Express” a “Bus stop” (dal repertorio degli Hollies), da “Lady of the Island” a “4 + 20”, senza dimenticare i suoi amati Beatles: se nel tour precedente eseguiva “Blackbird”, ora è la volta di una riuscita versione di “A day in the life”. 
La chiusura è tutta per i classici: la splendida “Cathedral “e “Our House”, chiudono la prima parte del concerto, facendo finalmente alzare il pubblico dalle sedie, che si avvicina sotto il palco per i bis: una versione notevole di “Ohio”, una “Chicago” eseguita al piano quasi arrabbiata, in cui a quel “we can change the world fa” ora seguire un esplicito “yes we can”, e un omaggio al rock and roll con una versione di “Everyday”, portata al successo da Buddy Holly, nativo di Lubbok come il suo tastierista, cantata dai tre musicisti intorno al microfono. Il concerto sembra finito, ma non può mancare la canzone che tutti aspettano, e il cui ritornello Nash fa volentieri cantare al pubblico, “Teach your children”. Voce ancora limpida nonostante le 74 primavere, Nash, alternandosi a chitarra e piano, è riuscito ancora una volta a conquistare il pubblico, con una manciata di canzoni capolavoro che non solo non sono per niente invecchiate, ma che sovente risultano ancora attualissime. 


Giorgio Zito
Foto di Giorgio Zito

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