Domo Emigrantes – Aquai (Musicamorfosi, 2017)

Torniamo a scrivere di Domo Emigrantes grazie al nuovo album “Aquai”, prodotto nel quadro di una collaborazione con l’associazione Musicamorfosi. Torniamo a scriverne con piacere, riconoscendo nel programma proposto molti elementi positivi. Probabilmente presenti in forma germinale anche nell’ultimo lavoro della band, ma qui senza dubbio sviluppati lungo direttrici per nulla approssimative. A un primo ascolto emerge dalle nove tracce in scaletta un equilibrio molto piacevole. Legato a doppio filo alla ricognizione musicale che i Domo hanno intrapreso ormai da diversi anni e alla capacità maturata (nel quadro della riflessione, dei concerti, e non solo della ricerca) di selezionare e assemblare, scegliere e raccordare. In una parola, direi, scrivere. Dicevo al primo ascolto, perché anche quando si lascia andare l’album per la prima volta, si percepisce in pieno l’assetto nuovo della band: fermo, ponderato, attento e selettivo pur nell’orbita di uno sguardo inclusivo, che per programma abbraccia un’ampia area di riferimenti musicali. Questo non è ovviamente un elemento di secondo piano. Innanzitutto perché nell’album sono organicamente miscelate influenze popolari – le famose “contaminazioni”, evidentemente stratificate ed elaborate dentro uno stile oramai riconoscibile – e capacità creativa. Quest’ultima intesa non tanto e non più come competenza nell’assemblaggio, ma piuttosto come abilità compositiva e di selezione (“Vals Azul”). In secondo luogo, perché l’album invita fin da subito a ricercare gli elementi in profondità (cosa possiamo aspettarci di più da un primo ascolto?). E allora ci spingiamo anche noi a esplorarne la struttura, scoprendo subito un dialogo interessante con alcuni capisaldi della musica popolare italiana (leggi Parodi e Ledda) e la capacità dei sei musicisti di contenere una visione efficacemente sognante e allo stesso tempo pragmatica. Il brano “Sal’entu” ci riconduce a un linguaggio straordinario e riconoscibile, in cui prende forma (pur senza sforzarsi nei confronti) l’andamento suadente della voce di Andrea Parodi. L’esempio è molto rappresentativo della sintesi di cui è capace la band, che riesce a sospendere la sua narrazione tra due spazi che non possono più soltanto ridursi alla world music, ma che alimentano una nuova dimensione: più convincente e più visionaria, più comprensibile e connotata sul piano timbrico e, in generale, dello stile. Certo ci sono molti esempi che potrebbero ricondurci a questa riflessione (“Mari nostru”, “La fuga della tarantola”, “Addhrai”), ma quel brano è una specie di bandiera. Perché imprime una certa idea di contemporaneità, dentro la quale, partendo da un riferimento fermo, si produce non solo l’innovazione, ma si interpreta e si scrive una relazione imperniata sullo scambio, sulla conoscenza. L’elaborazione sonora è molto efficace e sposta l’idea celebrativa del brano su un piano più informale e concreto, che si definisce attraverso gli strumenti e le voci, insomma dentro la nuova forma aperta di un brano già in origine ambiguamente poroso e permeato da molte suggestioni. In questo quadro, il panorama sonoro che i Domo configurano oscilla continuamente tra la loro idea e quella mutuata dagli autori, alla quale si aggiunge l’insieme dei richiami agli elementi più tradizionali (il tamburello, una parte del testo, il riferimento al santo delle tarante). Gli strumenti si susseguono con forza dentro un equilibrio che non viene mai minato dalla struttura molto variabile del brano. E dimostrano una ricchezza espressiva straordinaria, che si pone, è ora di dirlo, alla base di ogni brano dell’album e quindi della visione generale del sestetto, e che qui gode anche di elaborazioni vocali profonde e non scontate. E visto che siamo arrivati qui, citiamo alcuni degli strumenti che compaiono nell’album, a dimostrazione che tanto c’è e tanto si può scoprire: mandolino, bouzuki, charango, violino, violoncello, flauti, zampogne (siciliane), bagpipe, saz, riq, daouli, cajon, spoons, contrabbasso, bandoneon, flicorno. 


Daniele Cestellini

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