
A due anni di distanza dall’apprezzato “Partenze”, nato dalla collaborazione con Riccardo Tesi, Massimo Donno torna con “Viva Il Re!”, nuovo progetto discografico che lo vede rileggere una selezione di brani tratti dai suoi due album precedenti con l’aggiunta di alcuni inediti, magistralmente riarrangiati dal sassofonista e compositore Emanuele Coluccia per La Banda de Lu Mbroia, formazione che raccoglie i componenti delle principali bande pugliesi, ed alla quale si sono aggiunti il clarinettista Gabriele Mirabassi e la voce di Lucilla Galeazzi. Il risultato è un disco pieno di fascino nel quale i suoni, i colori e i ritmi della banda sposano in una perfetta alchimia sonora le liriche del cantautore salentino, facendo emergere tratti nuovi ed inediti, sorprendenti atmosfere e brillanti spaccati sonori. Nell’incontro con la canzone d’autore scopriamo, dunque, un tentativo riuscito di ricontestualizzare e rivificare la banda, oggi più che mai patrimonio musicale da riscoprire. Abbiamo intervistato il cantautore salentino per farci raccontare la genesi e le ispirazioni alla base di questo nuovo album.
Prima di addentrarci nel raccontare il disco. E' necessario fare una premessa storica. Come nasce la Banda de Lu Mbroia e soprattutto che cos'è Lu Mbroia?

Chi sono i musici de la Banda de Lu Mbroia?
Il mio sogno, e quello di mio fratello Alessandro con il quale ho dato vita all’associazione, è sempre stato quello di organizzare un concerto di una banda presso il nostro spazio. Ci sembrava però difficile che una banda, abituata a suonare su una cassarmonica, venisse ad esibirsi sotto gli ulivi. Invece, spronati da un nostro amico, abbiamo contattato Emanuele Marti, il piattista della Banda de Lu Mbroia. Lui si è subito dimostrato entusiasta dell’idea ed ha coinvolto circa venti ragazzi, facenti parte di altre formazioni bandistiche, come le storiche Banda di Racale, Banda di Squinzano, ecc. Sono musicisti formidabili.

Quali sono state le motivazioni e le ispirazioni alla base del progetto "Viva il re"?
Ascoltando la banda sin da piccolo ed avendoci avuto a che fare per l’organizzazione dei concerti in associazione, ho cominciato ad immaginare i miei brani spogliati da ogni strumento esistente e rivestiti “soltanto” da fiati e percussioni. In particolare c’erano dei brani che già avevano un respiro bandistico, nei miei due precedenti album ed a quei brani ero già particolarmente legato. Sul finire dell’ estate 2016 parlai di questa idea ad Emanuele Marti e Francesco Carlino, clarinettista della Banda de Lu Mbroia che accolsero la proposta di questo, per loro ma anche per me, nuovo progetto. Non ebbi assolutamente dubbi sull’individuare Emanuele Coluccia come arrangiatore, visto che aveva anche già arrangiato per ottetto di fiati, altri brani dei miei precedenti album.
Da dove è nata l'esigenza di rileggere il tuo repertorio con arrangiamenti per banda?
Io credo che alla banda, come istituzione, non sia stato dato il giusto rilievo negli anni, la giusta riconoscenza e la reale centralità nella strutturazione delle nostre tradizioni popolari.

Quanto è stato determinante nella caratterizzazione del suono e degli arrangiamenti il contributo di Emanuele Coluccia?
Emanuele, come dicevo poco fa, è stato l’unico musicista a cui ho pensato non appena ho messo in piedi quest’idea. Conosco la sua scrittura ed il suo linguaggio, seguendolo in altri ensemble come Bandadriatica e Giovane Orchestra del Salento. Inoltre, lui aveva già arrangiato dei brani di “Amore e Marchette” e di “Partenze” e lo ha fatto rispettando il mio linguaggio, valorizzando la forma canzone. Il suo è un valore aggiunto che dà il giusto colore e la giusta sostanza alle mie idee, al mio modo di concepire la canzone.

Quali tratti e sfumature nuove hai scoperto nei tuoi brani nel rileggerli in questa dimensione bandistica?
Esiste un dialogo continuo tra le parole della canzone e gli strumenti che la arricchiscono. Gli strumenti, per l’appunto, hanno la forza ed il compito di rinforzare un messaggio che, spesso, solo attraverso le parole non arriva appieno. Con la banda ho scoperto che le vie di dialogo e di comunicazione tendono all’infinito: ci sono le parole, ci sono le note, ci sono i crescendo, le pause, gli accelerando, i respiri, i fisiologici “rumori” di legni, ottoni, leggii, ecc. Tutto questo entra a far parte di un discorso, non solo diventa parola ma accresce il senso, la forza e la comprensibilità delle parole stesse.
Quali invece sono state le difficoltà che hai e che avete incontrato nella fase realizzativa?

Al disco ha collaborato anche Gabriele Mirabassi, uno dei maggiori clarinettisti italiani. Ci puoi raccontare il vostro incontro e come è nata la vostra collaborazione?
Ho conosciuto Gabriele a Cagliari, ad ottobre del 2016. Eravamo entrambi ospiti al Premio Andrea Parodi, lui con Roberto Taufic e Cristina Renzetti, io con Riccardo Tesi ed Alessia Tondo. Seguo artisticamente Gabriele da molti anni, ovviamente affascinato e colpito da quello che è il suo linguaggio, dal Jazz al Brasile, dalla musica etnica alla musica classica. Ci siamo ritrovati a suonare nella Jam finale sul palco del Premio Parodi e poco dopo gli mandai un brano a cui stavo lavorando che è la mia versione in italiano di “My favorite things”.

Tra i brani poeticamente più intensi e suggestivi del disco c'è, senza dubbio, "Roma (F. Fellini)" in cui spicca la magistrale interpretazione di Lucilla Galeazzi. A questo punto, è d'obbligo saperne qualcosa di più su questa piccola grande perla...
“Roma (F.Fellini) è un brano che ho scritto nel 2013, esattamente dopo dieci anni dall’aver lasciato Roma. Sono molto legato alla capitale d’Italia ma, quando mi ci trasferì, appena diciannovenne, probabilmente non seppi cogliere la smisurata bellezza che c’è in quella città. Soltanto dopo molti anni mi si rivelò questa grandezza, aiutato anche dalla visione del film di Federico Fellini. Da quel momento ebbi quasi un senso di pace, di ricongiunzione con la città. Roma rimase fuori dal disco “Partenze” per vari motivi e immaginarla con la banda, in questo nuovo lavoro, mi rese ancora più convinto di aver fatto la scelta giusta.

Altri punti di eccellenza del disco sono le nuove versioni di "Amore e Marchette", "Il mio matrimonio" e "La Grande Abbuffata". Come hai approcciato le loro riletture?
“Il mio matrimonio” e “La grande Abbuffata” avevano già un’ossatura bandistica. La prima fu arrangiata per il disco “Partenze” da Emanuele Coluccia, la seconda fu arrangiata, sempre per lo stesso album, dal compositore pistoiese Daniele Biagini. In questo nuovo lavoro, Emanuele ha esteso le parti da ottetto a banda di 18 elementi. Siamo stati da subito convinti che questi due brani dovessero far parte di questo percorso, anche per il senso delle canzoni stesse. Nella prima si parla di resistenza, di matrimonio, in un’accezione molto ampia, laica, sociale, nella seconda si parla di vita, di morte e di transizioni per cui la potenza espressiva della banda non poteva che essere necessaria per esprimere stati d’animo così importanti. “Amore e Marchette” era quasi d’obbligo! L’atmosfera marcatamente swing suggeriva una rilettura bandistica, con suoni che potessero oscillare dallo swing parigino, velatamente gypsy, alla New Orleans degli anni ’50.

Come si inserisce questo lavoro nell'ambito della tua produzione artistica?
Sin da subito ho concepito questo lavoro non come un vero e proprio terzo album ma come un 2,5! Troppo giovane e poco famoso per fare un greatest hits ma nemmeno troppo vecchio per non osare un lavoro un po’ fuori tema rispetto al passato. In realtà all’inizio si pensava di lavorare su degli arrangiamenti bandistici per fare giusto qualche concerto. Parlando con Emanuele Coluccia ci siamo poi orientati verso un progetto discografico vero e proprio. Dal progetto discografico, poi, siamo andati a finire verso un libro con cd, grazie all’Editore Squilibri e a Visage Music che hanno accolto la mia idea di realizzare una piccola ricerca su alcuni personaggi chiave del mondo bandistico in Puglia.
Anche questo disco è nato da una fortunata campagna di crowdfunding. Come giudichi questa esperienza?
Anche questa volta ho chiesto un sostegno alle persone che credono ai progetti che partono dal basso. L’esperienza è stata importante e significativa perché ti dà davvero l’idea reale di quanta gente riesca a seguirti, ad approvare quello che fai, a sostenerti fattivamente.

Nonostante i venti non favorevoli della scena live italiana, il tuo progetto sta funzionando anche dal vivo. Dov'è il segreto?
Credo che la banda sia in grado di toccare delle sensibilità, a volte anche sopite ma spesso consapevoli, nelle persone che vivono in questa penisola. La banda, come dicevo, riesce a riportarti in dimensioni spazio – temporali meravigliose, a volte anche faticose o tristi, ma pur sempre su livelli di emotività alti. La banda o la si ama o le si è indifferente, non ci sono vie di mezzo. Il live con la banda incute sicuramente curiosità. Da anni ci sono molti musicisti salentini che lavorano con la banda in chiave moderna, balkan, jazz, ecc. Il fatto che in questo caso la banda suoni delle canzoni forse può rendere accattivante e creare attorno a ciò curiosità.

"Viva il re" sarà il preludio ad un nuovo disco di inediti? Quali sono i tuoi progetti futuri?
E’ già da un paio di anni che metto da parte tanto materiale audio e molti scritti. Da quando è uscito “Partenze” ho cambiato poche volte idea in merito al successivo lavoro che avrei fatto e credo di esserne ancora convinto. Sicuramente ritornerò nel mediterraneo di “Partenze” e magari proverò ad affacciarmi a sonorità che in quell’album non hanno avuto spazio. Mi piacerebbe esplorare ancora la canzone, la stesura ed il linguaggio dei testi in maniera nuova, asciutta, minimale come le armonie che vorrei in questo ipotetico e prossimo disco. Penso anche che, strada facendo, salterà fuori qualche idea non preventivata e che potrà essere la colonna portante del prossimo lavoro, come è stato con Tesi, con Mirabassi, ecc. Mi farò sorprendere da quello che accadrà nei prossimi mesi e intanto … faccio il papà a (quasi!) tempo pieno!
Massimo Donno & La Banda De Lu Mbroia – Viva Il Re! (SquiLibri Editore/Visage Music, 2017)

Salvatore Esposito