Mascarimirì – Punk d’Amore (Dilinò/Edizioni Ishtar, 2017)

Ad un anno di distanza da “Pizzica Dance Hall Party”, i Mascarimirì tornano con l’Ep “Punk d’Amore”, lavoro rappresenta una sorta di spartiacque nella loro produzione discografica, cogliendoli sempre più focalizzati sulla dimensione live. Dal punto di prettamente vista musicale questo nuovo capitolo della loro produzione, sposta ancora più avanti i confini della ricerca sonora alla base della Tradinnovazione, loro marchio di fabbrica sonoro, che li vede da sempre impegnati ad innovare la tradizione musicale salentina attraverso i suoni e le ritmiche contemporanee. Ne abbiamo parlato con il fondatore e frontman del gruppo Claudio “Cavallo” Giagnotti. 

Com’è nata l’idea di realizzare l’Ep “Punk d’Amore”?
Volevamo sempre di più allontanarci dai linguaggi Tarantolati che ormai in Salento si sentono in una maniera sempre più arrogante e sempre meno artistica. Volevamo fare qualcosa che fosse differente in tutto, proprio a partire dalla scelta del linguaggio. Il titolo “Punk d’Amore” è tanto particolare quanto provocatorio perché va oltre l’immaginario di un gruppo che suona con il tamburredhu e fa musica in dialetto salentino ispirata alla pizzica pizzica. Da un po’ di tempo abbiamo cercato di allontanarci dal linguaggio musicale salentino, e non perché vogliamo essere diversi ma semplicemente perché vogliamo differenziarci. Ci sta stretto ormai essere un gruppo di pizzica salentina, siamo i Mascarimirì. Punto e basta.
Vogliamo essere noi stessi e non altri. Questa è l’idea che abbiamo voluto catturare nel titolo e concettualmente anche nella grafica. Da alcuni anni lavoriamo con Totò De Lorenzis che è uno dei migliori grafici italiani e stiamo investendo sopratutto sulla nostra immagine.
In questo non c’è alcun intento polemico ma semplicemente la prosecuzione di un percorso. Tante volte ci arrivano richieste per concerti nelle quali ci chiedono se con noi c’è una ballerina o se facciamo brani di pizzica, ma noi vogliamo allontanarci da questi stereotipi ed è da questo presupposto che nasce questo Ep.

Questo concetto in nuce era presente già nei dischi precedenti…
Da quando è nato “Gitanistan” abbiamo cominciato a sviluppare questa idea di incontro tra la dance hall e la musica tradizionale salentina, due mondi simili che nel bene e nel male si sono incontrati ma mai confrontati realmente. Per confronto intendo fare qualcosa di più intelligente ed articolato di “Beddha Carusa” che facemmo con i Sud Sound System alla Notte della Taranta. All’epoca non ci fu una vera interazione ma fu solo un incontro fine a sé stesso. 

“Beddha Carusa” è ormai un brano che appartiene al passato, per quanto recente. In ogni caso siete andati molto più avanti…
Si cerca sempre di andare avanti. La cosa più interessante di questo Ep è che per la prima volta abbiamo chiesto aiuto a due grandi nomi della musica europea. Non abbiamo mai sfruttato i nostri contatti per fare dischi, abbiamo sempre chiamato musicisti con i quali ci siamo incontrati a livello artistico, questa volta però è stato diverso perché volutamente abbiamo cercato artisti che potessero darci spessore.

Questo Ep è la prova generale per un nuovo album?
I Mascarimirì ormai sono indirizzati verso la produzione di canzoni ma non di dischi. La nostra idea è quella di fare concerti e fare festa. Il disco in quanto tale non ha senso, non solo perché non ci sono le possibilità economiche, ma anche perché mancano i supporti per far uscire un disco. Non ci sono festival, non ci sono realtà che possano valorizzarlo, mancano le strutture per fare produzioni artistiche. E’ per questo che stiamo concentrando le nostre energie sul live, cercando di emozionare la gente con la nostra musica e le nostre idee. Questo sta funzionando bene e la cosa ci piace molto.

Il brano di apertura dell’Ep “Gonna di Taranta” riprende i temi de “Lu Ballu”, nel mettere alla berlina i luoghi comuni della musica salentina...
Quando facemmo “Lu Ballu” avevamo sviluppato in parallelo l’idea di questo brano, poi abbiamo deciso di escluderlo perché affrontava la stessa tematica ed anche per dare spazio ad altre canzoni. Ultimamente il gruppo ancora una volta ha spinto su questa linea e così lo abbiamo ripreso in mano. Il soggetto è comunque lo stesso, ma è stato sviluppato in modo differente, se in “Lu Ballo” si parlava della danza, in questo nuovo brano l’oggetto è la gonna, quindi i costumi.
Quello che non è mutato è il messaggio, l’invito a riappropriarsi del linguaggio della tradizione oltre gli stereotipi.

“Petra de marmu” è un canto d’amore che può essere annoverato tra le cose più belle che avete prodotto negli ultimi anni…
“Petra de marmo” è nata perché ci è stata commissionata per “Taranta On The Road” un film che è attualmente nelle sale. In origine aveva un altro titolo e una trama diversa, poi il lavoro è stato cambiato in corso d’opera parecchie volte. Se da un lato siamo contenti di aver lavorato per la prima volta su commissione per un film, dall’altro mi è dispiaciuto molto vedere il progetto iniziale un po’ tradito da scelte di produzione un po’ commerciali, nel senso che non si è mantenuta la linea artistica iniziale. Il testo è un po’ mio e un po’ tradizionale. Avevo dei testi antichi su cui ho lavorato e che ho usato come avevo già fatto in altri brani dei Mascarimirì. Ho scritto questa storia ispirandomi ad una poesia ed è nato questo brano a cui abbiamo dato un sound molto balkan che funziona molto bene anche dal vivo.

“Nicchiarica” è il brano centrale dell’Ep al quale partecipano Papet J dei Massilia Sound System e Suggs  Mcpherson dei Madness…
Conosco Suggs dai tempi de “Lu Puzzu”, un osteria che stava a Sternatia dove ci veniva a trovare. Ci ha sempre detto di essere un nostro fan e di amare quello che facciamo, quello che non si spiega è il motivo per il quale non siamo mai arrivati veramente al successo internazionale.
Secondo lui è impossibile perché siamo molto più avanti di tante cose in Europa, ma io gli ho sempre risposto che la vita musicale non sempre rende giustizia agli sforzi che si fanno. Agli inizi parlavamo sempre di questo quando veniva alle nostre feste che apprezzava moltissimo. Quando l’ho contattato di recente, non ha avuto alcuna titubanza nell’accettare l’invito a lavorare con noi. La cosa bella è che è stato tutto molto semplice perché sia Papet J che Suggs hanno lavorato in modo leggero, senza forzature. Del resto parliamo di due grandi della musica, e noi non possiamo che essere onorati di averli al nostro fianco in questo disco. Non posso non citare Marie Noelle Pieracci che insieme a Pepet J ha scritto le strofe in occitano. Lei è una linguista e collabora con Massilla Sound System e Lo Cor de Plana, ed è certamente una delle principali esperte di lingua occitana in Francia. A riguardo c’è un aneddoto: durante le registrazioni quando ha ascoltato la traccia si è accorta che avevamo sbagliato a pronunciare una parola, e questo è significativo perché è completamente in linea con il nostro approccio. Per noi sbagliare un particolare significa trasmettere qualcosa di distorto, di diverso dalla tradizione.

Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di costruzione del brano?
Lavorare con i Mascarimirì oggi vuol dire sperimentare sempre una mediazione tra acustico ed elettronica, e quindi partiamo sempre da una struttura di base, una sorta di gabbia, avendo presente che l’uomo può sbagliare mentre la macchina no. Siamo partiti quindi da una struttura base nostra, e il problema è stato quando sono arrivati gli ospiti. Suggs aveva fatto tutta un’altra cosa, Papet aveva scritto delle parole in più quindi il brano che inizialmente doveva essere di tre minuti e cinquanta è diventata di sei minuti, quasi fossero due canzoni in una. Questa è stata un po’ la difficoltà che abbiamo avuto nel cercare di ridare forma all’idea iniziale che avevamo in mente. Non è stato facile, devo essere sincero.

Pizzica Rai risale all’epoca di “Triciu” e qui è riproposta in una versione 2.0…
Ci sono dei brani che suonano ancora molto attuali e questo è uno di quelli. Il testo all’epoca lo scrissi come critica alle rappresentazioni folcloriche del culto di San Paolo con la gente che si butta a terra mimando le tarantate. E’ una cosa che mi riempie di tristezza. Non so che altre parole usare. Purtroppo oggi, il Salento è questo e non possiamo negarlo. Abbiamo deciso di ripensarla e riarrangiarla, rendendola ancora più forte ed incazzata rispetto all’originale del 2006, facendo emergere quello che sono oggi i Mascarimirì. “Punk d’Amore” è questo, ridare la giusta dimensione ad un’idea artistica. 


Mascarimirì – Punk d’Amore (Dilinò/Edizioni Ishtar, 2017)
Musicisti consapevoli, curiosi e da sempre in prima linea nell’innovare le forme musicali tradizionali, i Mascarirmirì hanno scelto per il loro nuovo Ep un titolo diretto ed evocativo: “Punk d’Amore”, la cui lettura plurima mette in luce l’esigenza di un impeto necessario a conservare e preservare le radici della loro terra, andando oltre ogni museizzazione e stereotipo, ma piuttosto rendere materia viva ed attuale il lascito del passato. Laddove, infatti, il disco precedente “Pizzica Dance Hall Party” li vedeva impegnati a rileggere il proprio repertorio attraverso il linguaggio sonoro del sound system, questo nuovo lavoro rappresenta la piena e più compiuta evoluzione della Tradinnovazione, loro peculiare cifra stilistica, ampliando sempre di più il raggio della loro ricerca sonora. Significativo in questo senso è il brano di apertura, la trascinante “Gonna di Taranta” che riprende il discorso interrotto con “Lu ballu” circa la necessità di riappropriarsi del linguaggio della tradizione per contrastare il depauperamento, la massificazione e i fenomeni di costume. Si prosegue con la splendida “Petra De Marmu”, tratta dalla colonna sonora del film “Taranta On The Road”, un canto d’amore in crescendo che si evolve in una irresistibile pizzica dalle sonorità balkan, guidata dai fiati e dal mandolino e sostenuta dalla ritmica incessante dei tamburi a cornice. Il vertice del disco arriva con il j’accuse “Nicchiarica” nella quale le ritmiche in levare e le voci di Papet J dei Massilia Sound System e Suggs Mcpherson dei Madness cantano con Claudio “Cavallo” Giagnotti la terra rossa del Salento, un tempo luogo di lavoro e fatica ed oggi sotto irrimediabilmente in balia del turismo di massa e della speculazione. Chiude l’Ep la nuova versione 2.0 di “Pizzica Raï”, brano già presente in “Triciu” e qui riletta in una versione ancor più intensa, potente e giustamente incazzata. I Mascarimirì con “Punk d’Amore” ci dicono insomma che esiste un altro Salento, radicato nelle tradizioni e desideroso di preservarle a tutti i costi.



Salvatore Esposito

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