Kanazoé Orkestra – Miriya (Buda, 2016)

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Pubblicato a fine novembre 2016, l’album del combo di Tolosa è uno dei più coinvolgenti degli ultimi tempi. Il leader è Seydou Diabaté, conosciuto come Kanazoé, virtuoso del balafon, burkinabè emigrato in Francia nel 2010, che ha messo su una band francese-africana con Mamadou Dembélé (autore, cantante, flautista e suonatore del liuto n’goni), Zaky Diarra (cantante di cultura mandinga), Stéphane Perruchet (percussioni), esperto di ritmi cubani e dell’Africa occidentale, Martin Etienne (sassofono), Laurent Planells (batteria) ed Elvin Bironien (basso), tutti e tre di formazione jazz. Proveniente da una linea familiare di griot di grande reputazione, Seydou Diabaté ha imbracciato l’idiofono a percussione d’elezione dioula, ma suona anche i similari strumenti pentatonici dei sambla e dei toussian, il balafon guineano diatonico e la ‘chitarra’ kamelen n’goni. Dopo un EP, pubblicato nel 2014, vede la luce il primo lavoro di lunga durata del gruppo, intitolato “Miriya” (“Pensieri” in dioula), un disco smagliante in equilibrio vibrante tra adesione alle architetture ritmiche tradizionali del balafon, che resta centrale nel sound del sestetto, e le sollecitazioni urbane afro-rock-jazz, che attraversano l’Africa subsahariana fino al Corno d’Africa.
I brani sono creature del trio Diabaté, Dembélé e Diarra; nei testi ci si appella ai governanti dell’Africa, si urla il rifiuto della guerra, si onorano i genitori e s’invoca la loro benedizione, si allerta sulle nefandezze perpetrate in nome del dio denaro, si parla di rispetto, d’amore e di tradimento. I ritmi incessanti dei legni che percuotono le calabasse trionfano nell’incalzante “Fantanya” (“La povertà”), che apre il disco. La fusione dà i suoi frutti soprattutto in “Kélè” (“Guerra”), “Faden Yelé” (“La vergogna della famiglia”), “Miriya” e “Nanifa”. Il flauto si sposa molto bene con voci e balafon in “Nafolo” (“Il denaro”) e in ”Dianto” (Essere vigili”), mentre in “Dianfa” (“Tradimento”) il sax ricama fregi ethiojazz. Ancora il sax di Etienne mena le danze nello strumentale “Why”, mentre sull’intreccio di corde e fiati procede la più sospesa e melodiosa “Folo Folo” (“I tempi antichi”). Il nerbo ritmico cresce di nuovo in “Dianamogo” (“Mia cara”) e nella conclusiva, scintillante, “The Road”, un altro strumentale incentrato sulla forza del collettivo. Impossibile non farsi coinvolgere. 



Ciro De Rosa

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