(a cura di) Roberto Milleddu, Gigi Oliva, Salvatorangelo Pisanu, Le musiche di Bosa, Nota/Labimus, Udine, 2015, pp. 183, Euro 15,00

Una buona ispirazione per tutti coloro che si occupano di ricerca etnomusicologica viene da questo lavoro collettaneo di ‘urban musicology’, incentrato sulla località di Bosa, 8000 anime nella Sardegna centro-settentrionale. Il volume nasce dalla sinergia tra l’editore friulano (collana “Il campo”), il Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Università di Cagliari e Labimus (Laboratorio Interdisciplinare sulla Musica). In “Le musiche di Bosa”, che ha come sottotitolo “Fare musica in Sardegna fra storia e attualità”, gli autori, tutti rappresentanti delle nuovi generazioni di studiosi di discipline etnomusicologiche, fanno emergere un quadro complessivo delle fare musica nel centro oristanese nella valle del fiume Temo, il cui ‘soundscape’ contemporaneo – come scrive Salvatorangelo Pisanu nella premessa – «tende ad omologarsi a quello delle città dell’era globale» (p. 6), laddove in passato si assisteva ad un’articolata presenza di pratiche musicali associate al ciclo della vita, alla sfera religiosa e devozionale, alla condivisione, denotava luoghi, spazi e occasioni sociali. Oggi, come altrove in Europa occidentale, a Bosa convivono modernità e tradizione. Quest’ultima da intendersi, beninteso, come «qualcosa di ‘liquido’, estremamente instabile, mai immutabile e monolitica » (p. 7). Di questo contesto, delle sue stratificazioni sociali, delle dinamiche tra passato e presente nelle manifestazioni musicali, delle implicazioni identitarie del fare musica danno conto i sei saggi, che raccolgono lo sguardo di viaggiatori e studiosi sulle espressioni musicali locali (il denso e informativo intervento di Pisanu, intitolato “Cronache musicali fra Otto e Novecento”), scandagliano le fonti storiche d’archivio al fine di ricostruire una storia musicale di Bosa (“La musica in Chiesa. Altri luoghi, altre musiche. Il versante della scrittura: i manoscritti bosani”, di Roberto Milleddu), analizzano le procedure esecutive e gli stili del canto accompagnato dalla chitarra (“I canti a chiterra a sa’ osinca” ancora di Salvatorangelo Pisanu) e le prassi dei repertori del canto di tradizione orale a più voci tra passato e presente (“Il canto a più voci: ‘su cantu a tràgiu’” di Gigi Oliva). Ancora si registra l’ampia varietà domestica e pubblica, profana e devozionale del canto monodico delle donne (“I canti femminili” di Giovanni Casula). Il volume si conclude con una breve etnografia sul paesaggio sonoro del carnevale bosano (“Note di campo intorno ai suoni del carnevale di Bosa” di Roberto Mileddu). Un rilevante contributo di studio che ci restituisce il quadro di una composita realtà musicale isolana. 

Ciro De Rosa

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