Guidewires - II (guidewiresmusic)

L'esordio dei Guidewires è stato quanto mai anomalo. Nel 2009 la band rilascia il suo primo disco; non si tratta di un lavoro in studio ma – in barba a ogni logica da music business - di un album dal vivo. Si tratta di una scelta tanto azzardata quanto vincente e l'album si rivelerà un vero e proprio successo. Come riuscire a ripetere una vittoria del genere? Il disco d'esordio sembrava aver messo in chiaro quale fosse il migliore approccio per un gruppo che affonda le proprie radici musicali in una tradizione – quella celtica – che per antonomasia nasce e si sviluppa in contesti “live”. Cosa succede se questa libertà viene limitata ai pochi metri di uno studio di registrazione? Il risultato è “II”, un album in studio arrangiato e registrato in maniera eccellente, in grado di coinvolgere l'ascoltatore dentro un vortice di ritmi sincopati tipici delle danze delle “terre del Nord”. Galizia, Bretagna (Francia) e Irlanda sono le terre che hanno ispirato le musiche di questo nuovo lavoro della band, ma a queste terre fortemente influenzate dalla cultura celtica, si vanno ad aggiungere suoni e strumenti tipici della tradizione greca: ecco quindi il bouzouki che confluisce, fino a confondersi, nei dialoghi del fiddle con le uillen pipes. Decise pennellate di tradizione sfumate con nuovi ed interessanti elementi compositivi (“The Mobile Candelabra”, “Mercury Falling”, “Hats Off To Tod”). Guidewires, “Fili Guida”; tessiture tipiche della tradizione musicale celtica - che nel tempo hanno avuto evoluzioni diverse a seconda delle regioni geografiche nelle quali si sono sviluppate - sembrano in parte riunirsi in questo disco che è un vero e proprio viaggio ad occhi aperti nelle sconfinate terre dalle alte scogliere. La spensieratezza e il profondo senso di appartenenza che innescherebbero brani come “Eff Reels”, “Caoimhin” o “King Of The Scals” se eseguiti nella loro naturale collocazione di un contesto live, qui mutano forma, diventando esecuzioni ricche di eleganza e potenza immaginifica. Oltre a composizioni che sembrano essere dei veri e propri fermi immagine di terre ancora incontaminate, l'album vanta due perle che vedono la partecipazione di Tríona Ní Dhomhnaill (musicista e cantante già nei Bothy Band e Nightnoise), artista che negli anni si è specializzata nell'interpretazione di brani in gaelico e che proprio in questo album, insieme ai Guidewires, rivisita uno dei successi dei Clannad, “Mo Mháire”, per poi prestare nuovamente la propria voce in un'altra punta di diamante del disco, “The Selkie”. La band di Pádraig Rynne e Sylvain Barou – che continua ad avere ottime critiche da parte della stampa specializzata – sembra stia continuando al meglio il proprio percorso caratterizzato dalla commistione del nuovo con la tradizione, al fine di creare un sound che possa diventare il loro tratto distintivo. I “Fili Guida” sembrano essere ben impressi nella mente dei musicisti, adesso bisogna solo iniziare a tessere nuove trame musicali per poter creare altri “paesaggi sonori”.

Chiara Felice

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