Gudrun Walther è una delle musiciste di musica di ispirazione tradizionale più rispettate della Germania. Impegnata in vari progetti, tra cui la band multinazionale CARA e il duo con il marito Jürgen Treyz, cofondatore della band tedesca di musica tradizionale Deitsch. Ha vinto numerosi premi per la sua musica e le sue incisioni (Premio Folk Tedesco, Premio della Critica Discografica Tedesca, Irish Music Award, Freiburger Leiter, Kaarster Stern), ha collaborato a numerosi album di genere trasversale, si è esibita come solista con orchestre sinfoniche e ha lavorato come produttrice e co-produttrice in studio di registrazione. “Conversations” è l’album che la vede collaborare con l’organettista inglese Andy Cutting. Nell’estate del 2022, lei e Treyz hanno partecipato a un progetto speciale di 10 elementi commissionato dal Festival di Rudolstadt, in occasione del 250° anniversario della nascita di Johann Gottfried Herder. Nel 2024 al Festival di Rudolstadt ha partecipato a un concerto speciale con i Deitsch e l’orchestra sinfonica regionale, i Thüringer Symphoniker, all’interno del tema nazionale del festival (la Germania, nel 2024). Durante lo stesso festival è stato presentato anche la Jugendfolkorchester (Orchestra Giovanile di Musica Folk), un progetto nato da un’idea originale proprio di Gudrun Walther in collaborazione con l’associazione ProFolk. Quest’ultima è l’associazione tedesca che promuove il canto, la musica folk, tradizionale e world, attraverso un network che coinvolge musicisti, organizzatori e appassionati. La missione di Pro-Folk è valorizzare il patrimonio musicale tradizionale e sostenere il genere folk, spesso poco rappresentato mediaticamente e socialmente. La Jugedfolkorchester è stata protagonista di concerti
all’edizione 2025 del Festival di Rudolstadt. Di questo vivace progetto rivolto ai giovani musicisti, parliamo con Gudrun Walther.
Come è nata l’idea del Jugendfolkorchester?
Seguivo da tempo progetti giovanili di musica tradizionale. Uno dei primi è stato Folkworks nel Regno Unito, all’epoca con Kathryn Tickell come direttrice artistica: fu determinante nella nascita del primo corso di Laurea in “Folk & Traditional Music” in Inghilterra, nel 2001. Un altro momento importante è stato ascoltare l’ensemble Folk Baltica diretto dal danese Harald Haugaard nel 2019: fu un’esperienza impressionante che mi ha fatto riflettere su quanto sia potente mettere insieme giovani musicisti per suonare folk. Inoltre, Andy Cutting, mio partner musicale, era coinvolto nella National Youth Folk Ensemble in Inghilterra, e quando abbiamo iniziato a collaborare, mi raccontava spesso di quanto quel lavoro fosse entusiasmante e gratificante. A quel punto ho smesso di pensare: “Che peccato non avere nulla del genere in Germania” e ho cominciato a chiedermi: “Quanto può essere difficile provare a creare qualcosa di simile qui?”. Così è nata l’idea.
Qual è la missione dell’orchestra?
Promuovere la musica tradizionale tedesca suonata da giovani talenti in modo attuale, vivo. Preservare il patrimonio riscoperto di danze dal XVIII al XIX secolo, così come i bellissimi canti popolari, impedendo che vengano strumentalizzati da movimenti di destra. Andare avanti nella tradizione: creare, arrangiare,
comporre. Inoltre, offrire una piattaforma nazionale a questi giovani musicisti, che vengono da tutta la Germania, per conoscersi, fare rete e magari fondare in futuro band di riferimento per la scena folk. Essere ambasciatori di una professionalizzazione della musica trad. in Germania: oggi si possono studiare musica classica, jazz e pop, ma non folk. Vorremmo cambiare questa situazione e anche la percezione pubblica che il folk sia “musica amatoriale per divertimento”, mentre il classico o il jazz sarebbero “seri e difficili”. Tutti gli stili hanno pari dignità.
Come viene finanziato il progetto?
Abbiamo coinvolto l’Associazione ProFolk perché entrambi ne traiamo beneficio! Per noi rende più semplice la gestione delle richieste di finanziamento e tutta la parte finanziaria rispetto a fondare una nuova organizzazione. Per loro, l’Orchestra Giovanile Folk è un progetto di punta da mostrare quando cercano di ottenere un ruolo più forte per la musica tradizionale nel governo e nelle istituzioni. Il primo anno abbiamo ricevuto il sostegno della “Felicitas und Werner Egerland Stiftung” (una fondazione che promuovere progetti a favore di bambini, adolescenti e giovani adulti nei settori arte, cultura e scienza, ndr). Nel 2024 abbiamo ricevuto anche fondi dalla Deutsche Orchesterstiftung (fondazione berlinese che intende garantire la vitalità della cultura orchestrale tedesca, promuovendo il talento emergente, l'educazione musicale e il coinvolgimento del pubblico, ndr). Nel 2025 l’Egerland Stiftung ci ha concesso un co-finanziamento, e abbiamo ottenuto supporto dalla GVL (sta per Gesellschaft zur Verwertung von Leistungsschutzrechten mbH, ovvero la Società per la gestione dei diritti connessi, La GVL è una società
di gestione collettiva che rappresenta e tutela i diritti connessi di artisti, produttori e altri professionisti del settore musicale e audiovisivo, ndr). Per il 2026 non c’è ancora nulla di garantito: la caccia ai finanziamenti è ricominciata. Abbiamo appena presentato la prima domanda. Speravamo in un finanziamento statale, come per il Bundesjugendorchester (musica classica) o il Bundesjugendjazzorchester (pe ril jazz) e ci è stato detto che potremmo anche chiamarci “Bundesjugendfolkorchester”, ma attualmente non ci sono fondi. Quindi abbiamo tenuto il nostro nome — già abbastanza lungo — e andiamo avanti da soli!
Come selezionate i musicisti? Quali sono le fasce d’età?
I candidati inviano dei video suonando un brano assegnato, possono anche cantare un pezzo a scelta e raccontare chi sono e il loro percorso musicale. L’età va dai 12 ai 27 anni, divisi in due gruppi: 12-18 e 18-27. Abbiamo 40 posti. In parte si prova separatamente, in parte tutti insieme. La selezione è basata sulle abilità individuali, ma anche sull’equilibrio degli strumenti nell’ensemble. È un processo complesso, ma lavoriamo in team con grande attenzione e ogni candidato riceve un feedback dettagliato, anche se non viene ammesso, e in alcuni casi, questo ha portato al successo nella selezione successiva!
Tutti suonano già uno strumento, molti fanno parte di bande, cori o orchestre, alcuni studiano musica. Non tutti hanno esperienza diretta nel repertorio tradizionale, ma ne hanno avuto contatto. Ad esempio, il nostro banjoista suonava musica irlandese, e ora si è appassionato al folk tedesco. Un’altra musicista veniva dal klezmer e ora suona entrambi. Alcuni partecipano ai campi internazionali “etno”. Insomma, c’è molta apertura.
Quali strumenti sono presenti nell’orchestra?
Nel 2025 abbiamo: due cornamuse tedesche, cinque fisarmoniche (diatoniche, cromatiche, a bottoni), tre flauti dolci, un traverso, un oboe, due clarinetti, un clarinetto basso, tre chitarre, due arpe, un pianoforte, un banjo, un bodhrán e un mandolino, un violoncello, un contrabbasso, una nyckelharpa, una ghironda e quattordici violini. I cantanti solisti sono anche strumentisti.
Come scegliete il repertorio?
Io e Jürgen stiliamo una lunga lista partendo da fonti digitali come la Tanzsammlung Dahlhoff, manoscritti trovati negli archivi, vecchi canzonieri e così via. Quest’anno abbiamo chiesto anche suggerimenti agli orchestrali: uno dei brani scelti era una composizione originale di un membro. Poi selezioniamo in base a tonalità, strumenti, messaggi dei testi.. Ci piace scegliere canzoni che parlino anche al presente: l’anno
scorso abbiamo eseguito un canto sull’emigrazione tedesca verso gli USA nell’Ottocento, o una canzone antimilitarista da Danzica. Quest’anno ne abbiamo avuta una sulle miniere del Nord Reno, cantata da giovani che provengono proprio da quella zona. C’è sempre un legame personale.
Qual è il vostro approccio musicale agli arrangiamenti?
Suoniamo e ascoltiamo finché non capiamo come valorizzare ogni pezzo. Poi ci dividiamo i compiti: scrittura di interludi, creazione di medley, arrangiamenti orchestrali (di solito a cura di Jürgen, che lavora come arrangiatore in studio). Alcuni brani sono registrati in versione demo per aiutare l’apprendimento, altri restano volutamente aperti all’inventiva degli orchestrali. In generale, non usiamo spartiti: registro tutti i brani in diverse velocità e tonalità, così i ragazzi imparano a orecchio, come si dovrebbe nel folk. Registro anche tutte le seconde voci, armonie e parti individuali. Per la sezione ritmica forniamo un “spartito guida”, ma l’apprendimento avviene principalmente per ascolto.
Offrite anche un inquadramento culturale e storico ai brani?
Sì, assolutamente. Lo scorso anno una partecipante ha tenuto una breve lezione sui manoscritti. Forniamo sempre un documento con le informazioni storiche su ogni pezzo, disponibile per tutti. Inoltre, sono i musicisti stessi a introdurre i brani in concerto: decidere cosa dire e come, genera bellissime discussioni.
Si accennava già prima: la musica tradizionale tedesca è stata spesso associata al folklore commerciale o, peggio, a ideologie reazionarie. Come affrontate questa sfida?
Proviamo a mostrare che è una scena musicale viva, ricca e attuale. Ci posizioniamo chiaramente contro l’estrema destra e contro il fascismo, anche scegliendo alcuni brani simbolici: se riprendiamo canti che sono stati strumentalizzati, lo facciamo per restituirli alla neutralità e alla loro dignità.
E prendiamo le distanze dalla “Volkstümliche Musik”, la musica commerciale da TV che ha occupato lo spazio pubblico del folk.
Vi sentite in dialogo con la tradizione classica tedesca che ha spesso attinto alla musica popolare?
Assolutamente. Le influenze reciproche sono ben documentate e se si va a cercare, si trovano ovunque. Una cosa che mi è chiara è che alcune melodie nei manoscritti del XVIII secolo e pezzi di Bach o Händel, per così dire, condividono la stessa aria. Le tracce sono evidenti su entrambi i fronti (in alcuni manoscritti si trovano spezzoni di arie), anche se questo è più un tema per i musicologi, e a volte è il classico dilemma del “chi è nato prima, l’uovo o la gallina”. Però sono convinta che i compositori popolari fossero immersi in questa musica, che le loro idee affondano le radici in quella tradizione, e ci sono sicuramente prove a sostegno.
C’è spazio per l’improvvisazione?
Sì, anche se il tempo è limitato. Nel 2024 avevamo un brano sull’inverno in cui l’orchestra ha creato un paesaggio sonoro improvvisato “gelido”. Quest’anno un minuetto è stato eseguito da un gruppo ristretto con passaggi improvvisati, in cui gli strumenti “dialogavano” tra loro.
C’è un focus regionale nel repertorio?
Come l’orchestra, anche il repertorio vuole rappresentare tutta la Germania: dalle Alpi al Mare del Nord. Quest’anno, ad esempio, alcuni nuovi membri provenienti da zone alpine hanno insegnato uno jodel ad altri durante le prove serali. Se restano con noi, useremo questa esperienza anche nel concerto. In futuro, potremmo includere canti in Frisone o Plattdeutsch, se avremo cantanti adatti.
Includete anche musiche tradizionali delle minoranze o di altre culture?
Non ancora, ma è assolutamente una possibilità per il futuro.
Esistono collaborazioni internazionali con altre orchestre folk giovanili?
Anche questo no — non ancora — ma è nei nostri desideri!
Avete già suonato dal vivo: com’è stata la risposta del pubblico?
Abbiamo suonato al Rudolstadt Festival nel 2024 e 2025. La reazione è stata entusiasta: quest’anno siamo stati salutati da una standing ovation. È stato meraviglioso.
Che impatto speri abbia questa esperienza sui giovani musicisti?
Vorrei che si innamorassero del folk per sempre, che lo portassero avanti, lo trasmettessero. La musica tradizionale è un’arte collettiva: sì, c’è la performance, ma c’è anche l’ascolto reciproco, la comunità. La JFO è uno spazio in cui si coltivano rispetto, democrazia, diversità, curiosità. Spero che possano vedere una carriera possibile nella musica tradizionale, perché senza professionisti non ci sono band, festival, né pubblico. Stiamo lavorando su tanti fronti per evitare che la musica tradizionale tedesca sparisca.
Avete in programma di registrare un disco o produrre materiale didattico?
Se troviamo i fondi… sì!
Ciro De Rosa