Ozan Baysal – Tel ve Ten (ARC Music, 2025)

Una bella lezione su come musicologia e prassi esecutiva possano felicemente convivere in sola figura ci arriva dalla Turchia da parte di un ricercatore universitario e virtuoso di bağlama (saz), cosa peraltro frequente in molti Paesi. Ahmet Ozan Baysal, esce con album intitolato “Tel ve Ten”, dedicato alla musica popolare anatolica, attraversata da varie influenze di musica mediterranea, tonale e jazz. Alla base di questo lavoro persiste una concezione della musica come indagine spirituale e anche funzionale, da cui nascono strutture e forme decisamente diverse da quelle occidentali moderne ma di estremo fascino. Ozan è un suonatore turco, compositore, musicologo e interprete specializzato nella musica con il cordofono nazionale dalle origini antichissime, così come la musica che vi viene eseguita; padroneggia lo stile şelpe originario delle culture nomadico-pastorali dell’Asia Centrale. Il musicista utilizza un modello di strumento moderno con due manici, su cui sviluppa delle tecniche tradizionali di esecuzione, come la percussione sul piano armonico e sulla cassa, una sorta di rasgueado con le dita della mano destra oppure con il solo indice che scivola sulle corde all’insù e, soprattutto, la digitazione ad ‘artigli’ sulle due tastiere con entrambe le mani: in quella di sopra dove ci sono le corde acute e in quella di sotto dove ci sono le basse. La mano destra digita sulla parte alta della tastiera in modo da ottenere, sia l’altezza della nota, sia un effetto percussivo, la mano sinistra completa la frase musicale con il tapping sulla parte bassa della tastiera, in pratica si ottiene uno strumento melodico, armonico e ritmico insieme con cui poter anche accompagnare il canto. In questo strumento i tasti non sono fissi ma hanno dei legacci mobili in modo da poter variare le scale per quarti di tono, infatti, l’ottava della musica di questa antica civiltà ha un’ottava composta da 24 intervalli disuguali e si basa su strutture modali chiamate “ayak” (significa piedi o passi). Inoltre è uno strumento antico che, pur non essendo molto cambiato strutturalmente, gode oggi di una nuova vita grazie al particolare fascino del suo suono, basti dare un’occhiata ai numerosi tutorial su YouTube. In “Tel ve Ten” (Corde e Pelli), Baysal è accompagnato in alcune tracce da Simon Leleux (percussioni), Bora Bekiroğlu (contrabbasso), Laçin Şahin (chitarra elettrica) ed Enrica La Penna (voce). Il primo brano presentato, “Makam Taksim”, inizia, naturalmente, con una improvvisazione, entrano poi le percussioni e continua con una vivace rapsodia fatta da frequenti cambi di tempo. L’irruenza percussiva è assecondata dal cordofono con digressioni sulle corde che partendo dal makam Rast modulano verso i makam, Huzzam, Karcigâr, Hüseynî e Nihâvend. Segue “Haydar Haydar” di Ali Ekber Ciçek Segâh è un brano dal carattere molto meditativo, dal sapore spirituale. Inizia con uno degli stilemi più riconoscibili, quello di ribattere la stessa nota a registri diversi, velocizzandola e ornandola con suoni adiacenti. Qui il cordofono è accompagnato dal doholla e dal bendir di Simon Leleux. “Havada Turna Sesi Gelir”, dal repertorio di Ashik Hisarli Ahmet, alterna momenti tonali, quasi da chitarra classica, a temporanee uscite di improvvisazione. “Çakal Çökerten Zeybeği” presenta un makam in cui si innesta un perfetto equilibrio tra parti armoniche, utilizzando un linguaggio strutturato ed elegante a improvvisazioni melodiche. “Childhood memory”, composto da Ozan e Sahin durante la pandemia, ha un inizio quasi minimalista e un carattere ritmico che evoca un ritorno indietro nel tempo, sia musicale sia della vita e l’intervento dell’assolo dello strumento elettrofono non fa che accentuare questo sapore nostalgico. “Kabartan Zeybeği”, uno zeybek tradizionale della regione egea della Turchia occidentale, ha un lungo inizio libero, da ricordare quello dei raga indiani, prima di cominciare a prendere quota con delle frasi simmetricamente spezzate. “Beyond dreams” è l’unico brano cantato in cui i vocalizzi della voce femminile contribuiscono a rendere l’atmosfera sognante promessa dal titolo, la mancanza delle percussioni nella prima parte gli conferisce un carattere etereo, mentre la loro entrata riporta ad un paesaggio urbano, frenetico e moderno che si lascia alle spalle il sogno. Insomma, un disco da ascoltare con gran curiosità, profondità e disposizione d’animo, che ne uscirà sicuramente appagato ed elevato. 


Francesco Stumpo

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