Kaito Winse – Reele Bumbou (Rebel Up Records/Zephryus Records, 2025)

Diversamente dal progetto afro-noise-punk transnazionale Avalanche Kaito, accanto al duo franco-belga Benjamin Chaval e Nico Gitto, Kaito Winse, musicista, cantante e danzatore originario di Lankoué, nel Burkina Faso settentrionale ma residente a Bruxelles, sceglie la via dell’essenzialità nel suo album solista Reele Bumbou, pubblicato a cinque anni da Kaladounia (2020). Questo secondo lavoro si concentra sulla vocalità e sugli strumenti acustici di cui Kaito si avvale: flauti toutlé e Peul, archetto a bocca, tama, calabas e campane. Kaito Winse, appartenente a una famiglia di jeli, è una personalità artistica multiforme, avendo collaborato con lo scrittore, attore e drammaturgo francese Tartar(e), accompagnato la violinista jazz Ananta Roossens e partecipato a numerosi progetti multidisciplinari di teatro e danza. In questa nuova produzione si fa portavoce della tradizione orale, proclamando metaforicamente: “Dissotterrare le ossa degli antenati e trasformarle in una scala”. Canto melismatico accompagnato dall’incedere crescente del tamburo, caratterizzano l’iniziale “Djiligui Duni” (In giro per il mondo), in cui Kaito si presenta come infaticabile viaggiatore: “Sono andato in giro per il mondo con la mia voce e il mio tamburo. / Sono partito alla ricerca di nuove esperienze e conoscenze, e sono tornato per condividerle con la gente del mio villaggio. / Alcuni mi hanno preso per un bugiardo. / La natura ha creato la sua poesia: se la lucertola non perde la coda, non ritroverà la strada di casa. / Quando la verità viene detta, la testa annuisce da sola. / Io, Figlio del Burkina, oh Figli del Belgio, oh Figli del Burkina, venite, andiamo a fare il giro del mondo, perché non tutto ciò che si dice è vero, e bisogna vedere con i propri occhi le cose di questo mondo per crederci. / Se vi dicessi che qui si bruciano i cadaveri? / Direste che non è vero, che sono un bugiardo!”. Intimo e ipnotico, “An-Kôri” è quasi un talking blues, dove la voce calda e penetrante si muove sul registro basso, fondendosi con il suono risonante dell’archetto a bocca. Qui Kaito invita all’ascolto e a non rinunciare alla “saggezza deliziosa”. Il flauto toutlé, sostenuto da un acceso ritmo del tamburo parlante, domina in “Waabo” (Vieni), brano in cui Kaito onora gli antenati e gli anziani, rivolgendosi a sé stesso e ai giovani: “Il tamburo e il flauto evocano i saggi e la gente del villaggio. Questa canzone è una promessa di non dimenticarli mai, e di tornare un giorno”. Lo spoken word si appoggia a una percussione metallica (campane) nella title track “Reele Bumbou” (Avere un buon sostegno), dove si sottolinea l’importanza di coltivare le relazioni comunitarie, perché dalla nascita alla morte, nessuno può farcela da solo. Il tamburo torna a essere il cuore pulsante nel successivo “Zögö Tchiende”, pezzo costruito su un ritmo di danza, in cui il canto vigoroso invita a liberarsi dalle inquietudini: “Svuotiamo le nostre preoccupazioni, svuotiamo i nostri problemi!/ Suona il tamburo, svuotiamo i nostri problemi!/ Svuotiamo l’odio, svuotiamo la sofferenza! Suona il flauto, liberiamoci della sofferenza!/ Svuotiamo la malattia, svuotiamo la tristezza!/ Balliamo per purificare corpo e mente!/ Svuotiamo tutto, svuotiamo tutto al ritmo della musica!”. Nello strumentale conclusivo “Balade Peule”, Kaito mostra tutta la sua perizia tecnica sul flauto Peul (beatboxing, multiphonics, suoni sussurrati e flutter tongue), accompagnandosi con il tamburo che scandisce il tempo. Ci troviamo di fronte alla musica di uno storyteller che celebra le sue origini, filtrate dalle sue esperienze come pure dai suoi sogni. “Reele Bumbou” è un album che emana vibrazioni profonde, un racconto che risuona attraverso il tempo, conferendo nuova forza a un’eredità che non va dissipata. www.kaitowinse.net


Ciro De Rosa

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