Quando due personaggi eclettici come Lorenzo Monguzzi e Charlie Cinelli si incontrano, sicuramente qualcosa di bizzarro viene fuori. Il risultato infatti sono le undici tracce di “Farabutti” che mescolano vari stili musicali e si avvalgono di amici-ospiti molto speciali.
Si aprono le danze con “Alì Rosario” (“Alì gli è morto un figlio lontano là in Oriente e intanto che pedala le lacrime non sente, si asciugano nel vento andando in bicicletta e se non vanno via, pedala un po' più in fretta”) quasi un rap rivestito di “etnico”. “Farabutti” (“Ci procuriamo i ferri del mestiere, il grimaldello e quelle robe lì e non è il caso di diversi travestir, che siam vestiti male già così”) è molto in zona Jannacci, con la voce di Alessandro Sipolo e il clarinetto basso di Adriano Sangineto. “Restoran balkan” (“La musica va avanti, sulle piastrelle storte si balla e si rovescia per terra un po’ di grappa e rude Stara Dama con la dentiera rotta e guarda nello specchio i suoi capelli blu”) è tutta in levare, ricamata dal violino “zingaro” di Dejan Vozlic. “America” è in odore di gospel e cantata in dialetto brianzolo. “Il mio neurone” (“Il mio neurone conosce la strada, mi fa vestire seguendo la moda, a volte resta fermo ed io non so, a volte è una pallina di ping pong , a volte gli domando e lui risponde: Boh”) gioca con le voci in stile Quartetto Cetra a cui si aggiunge quella di Savino Verni e l’arpa di Adriano Sangineto. “Dicono” (“Dicono che in fondo al mare abbiamo nascosto la nostra vergogna, dicono che le nostre città non sono sicure, dicono che servono muri alti, porte robuste e citofoni rotti, dicono che Dio ci ha dato la lingua in un eccesso di generosità”) è tutta parlata con un sostegno musicale che ricorda Springsteen. “Ol Leroi” è un bluesaccio in dialetto bergamasco con il testo di Umberto Zanetti; si muove con ritmi dance la successiva “Fiori dappertutto” (“Noi siamo solo due meschinità, tu che il dolore non lo vuoi vedere e metti i fiori in bocca alla pietà e io che non so dirti di tacere”). Invece “Indovinello” (“Sopra ai tetti di Bologna svolazzava una cicogna con il becco traboccante di popcorn, era stata all'anteprima di un filmaccio dei Vanzina e rincasava vergognandosi un bel po’”) è più swing cantata in compagnia di Stefano Vergani che firma il brano insieme a Monguzzi. “Valtrompia” è cantata in dialetto sulla melodia del tradizionale americano “Red River Valley” con dentro il banjo di Andrea Verga. In chiusura “Fate largo ai sognatori”, tratta dalla poesia “Sulla luna” di Gianni Rodari, è arricchita dalla voce di Filippo Pax e dalla chitarra elettrica di Pier Panzeri.
“Farabutti” è un vero e proprio divertissement dove Monguzzi e Cinelli ci raccontano storie vere, di vita, di emigrazione, di sogni e di speranze. Un disco che si lascia ascoltare con piacere, senza troppe pretese, tranne quelle di evadere con leggerezza e di riflettere in maniera intelligente.
Marco Sonaglia
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