Tone Hulbækmo è originaria dello Østerdalen, un distretto della Norvegia orientale, noto in ambito musicologico per essere l’area geografica da cui proviene la maggior parte dei nove antichi esemplari di arpa norvegese giunti sino a noi. L’apprendere che la regione in cui è nata fosse una di quelle in cui più a lungo si era mantenuta la tradizione musicale dell’arpa norvegese fu l’elemento determinante perché nei primi anni ’80 del secolo scorso Tone Hulbækmo fosse definitivamente conquistata da questo affascinante strumento, ormai quasi scomparso, e con cui era venuta a contatto attraverso la replica realizzata a pochi anni prima da Sverre Jensen. Per Hulbækmo l’arpa norvegese si rivelò nel contempo una sfida e un’opportunità, perché il repertorio tradizionale era quasi del tutto scomparso, e ben poco si sapeva anche delle tecniche esecutive e delle accordature da utilizzare. Ed è quindi comprensibile che la pubblicazione nel 1983 del suo album d’esordio, “Håmmå No” fu salutato come un evento storico. Da allora, seguendo un percorso per certi versi simile a quello di Alan Stivell, Tone Hulbækmo ha di fatto riportato alla vita l’arpa norvegese e ricostruito un corpus di musiche, il che l’ha resa (come nel caso del grande bretone) quasi sinonimo dello strumento, di cui è anche diventata la più influente degli interpreti. Nei decenni successivi Hulbækmo ha pubblicato una decina di album, suonando con musicisti e organici diversi, e ciò le ha dato modo di esplorare molteplici soluzioni in termini di accordature, scale, pattern armonici, ostinati. Ora, a distanza di quarantadue anni, l’arpista norvegese ha deciso che, come ha dichiarato, “fosse giunto il tempo di chiudere il cerchio e ritornare al punto iniziale, alle fonti, e dare vita a un personale reincontro” con lo strumento nella sua essenzialità, esplorandone ancora una volta le molteplici potenzialità espressive. È nato così “Harpedåm”, un album di sola arpa (in due pezzi accompagnata da brevi interventi vocali di Hulbækmo). Ventuno tracce, a comporre una sorta di libro di musica, o una suite in altrettanti movimenti, ognuno con un proprio andamento e carattere, e tutti estremamente raffinati. Ventuno brani dolci e delicati, evocanti ricordi, immagini, paesaggi naturali, ambienti familiari ed amicali, con richiami ai miti nordici come pure ai grandi compositori (ad esempio Antonio Vivaldi, reinterpretato ne “La folia i Osterdalsdrakt”). E se molti dei titoli aiutano a farci meglio comprendere il riferimento emozionale dell’artista (ad esempio “Sulla meg litt - Cullami un poco”; “Alene til deg. Herre Jesus Christ - Solo per te, Signore Gesù Cristo”; “Se solens skjønne lys og prakt - Vedere il sole splendere”; “Det var en gong - C’era una volta”, “Nu rinner solen opp av Østerlide - Ora il sole sta sorgendo da Østerlide”; “Leonards vals – Valzer di Leonardo”) ascoltando l’album si è trasportati in una dimensione spazio-temporale fatta di tranquillità, calore, affetto, a tratti venata da una sottile e dolce nostalgia.
“Harpedåm” può interessare chi cerca suggerimenti stilistici e interpretativi; chi vuole cogliere le particolarità dell’arpa norvegese; chi intende approfondire la conoscenza della cultura musicale scandinava; chi semplicemente desidera trovare o ritrovare atmosfere e sensazioni.
Marco G. La Viola
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