A volte nel panorama musicale italiano ci sono figure che non riescono mai ad ottenere la giusta attenzione e il giusto merito. Una di queste era sicuramente Lucio Quarantotto, cantautore e compositore veramente originale, dalla scrittura tagliente e corrosiva, che l'Italia non ha mai capito bene. Un’anima fragile che a 55 anni ha deciso di farla finita con la vita, lasciando un grande vuoto. Di lui restano le sue canzoni, quelle che ha scritto per altri, come la celebre “Con te partirò”, portata al successo da Andrea Bocelli, e soprattutto la stima di Franco Battiato e Caterina Caselli. Squilibri editore da sempre attento alla musica di qualità, ha deciso di pubblicare un doveroso omaggio a questo particolare artista. La Progettazione e la direzione artistica sono di Sergio Secondiano Sacchi (la costola catalana del Club Tenco) che firma l’introduzione e cura la produzione insieme a Daniele Caldarini, che si è occupato della direzione musicale e degli arrangiamenti. L’attore, regista e fotografo Wayne Scott è l’interprete di questo repertorio, che ha tradotto con rispettosa fedeltà in lingua inglese. Le canzoni scelte attingono dai suoi tre album solisti: “Di mattina molto presto” (1982), che vince due anni dopo la targa Tenco come migliore opera prima, “Ehi là” (1986) e “L'ultima nuvola sui cieli d’Italia” (1990).
Ad aprire il disco c’è “Early in the morning” (“Di mattina molto presto”) che ha sonorità tipiche del folk americano, la successiva “Look at me” (“Guarda me”) è sostenuta da chitarra acustica e armonica. “Defiant” (“Rissosi”) ha un andamento tra il musical e il balcanico con i fiati in primo piano, “Dawn you will arrive” (“Alba arriverai”) è una ballata più solenne con il tappeto di organo e pianoforte. “I Will go to you” (“Con te partirò”) ha un sapore più popolare sottolineato dall’organetto e dagli archi, mentre brandelli di elettronica macchiano “The assassins” (“E gli assassini”). Segue, delicatissima “They unload the black wood” (“Scaricano legno nero”) con gli arpeggi di chitarra classica, fisarmonica e bouzouki. A love” (“Un amore”) è rivestita di uno swing molto retrò con chitarra manouche, contrabbasso, pianoforte e violino. In “Peace and war” (“Pace e guerra”) convivono strumenti acustici ed elettronici. “Bear Bruno” (“Bruno”) sembra proprio riecheggiare il circo con il corpo bandistico Acquese che scandisce l’andamento. In chiusura troviamo la mistica “I entered a restaurant” (“Entrai in un ristorante”) con il sitar, djembè, tastiere e percussioni.
Un lavoro che musicalmente stravolge l’originale con interessanti risultati. Gli arrangiamenti sono ottimi e il canto di Scott è intenso e avvolgente. Un disco che oltre ad essere un omaggio fatto con il cuore, è una preziosa occasione per riscoprire le perle nascoste di un outsider della nostra canzone d'autore. Da non perdere.
Marco Sonaglia
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