“Un assolo è come una passeggiata”: Zakir Hussain (9 Marzo 1951 – 15 Dicembre 2024)

Intervistato per “Slagwerk” da Huib Schippers a giugno 1994, aveva ricostruito il suo arrivo negli Stati Uniti che nulla tolse al suo amore per la musica classica hindustani: “Aashish Khan, il figlio di Ali Akbar Khan, mi chiese di unirmi a lui in tournée e abbiamo suonato in Europa. Poi, un giorno, Ravi Shankar mi chiamò. Mio padre si era ammalato e mi chiese di suonare con lui a New York. Ho suonato alcuni concerti con lui e mi sono innamorato dell'America. Riuscii a trovare un lavoro all'università di Washington, insegnando. Non avevo idea di come insegnare. In India gli insegnanti non spiegano mai cosa fare e perché. Dicono solo: fai pratica e lo capirai da solo. Lì sono entrato in contatto con tutti i tipi di musica. Accanto alla mia classe c'erano corsi di musica africana e gamelan, dietro l'angolo c'era la musica mediorientale e nella biblioteca c'erano cinquantamila cassette di musica di ogni angolo del mondo. Un idillio musicale. Così ho iniziato a scavare in tutta quella musica; è stato l'inizio del mio interesse per la musica di tutto il mondo. Poi in California, dove Ali Akbar Khan aveva aperto il suo College e dove Aashish aveva una rock band. Ho suonato con lui in tutti i tipi di locali. Poi, quando Ali Akbar Khan mi chiese se mi sarebbe piaciuto diventare il suo accompagnatore fisso, dissi subito di sì. Soprattutto perché mio padre diceva che mi avrebbe fatto bene e che avrei imparato molto: fu così. I concerti di musica classica indiana rimangono il mio primo amore. Faccio ancora dai centoquaranta ai centosessanta concerti all'anno, in tutto il mondo. E mi mantengo incredibilmente in salute. La musica mi dà energia e inoltre faccio yoga, meditazione e sto lontano dalle tentazioni chimiche”.


A New York, nel 1969, Zakir Hussain incontrò per la prima volta il chitarrista John McLaughlin, interessato alla musica e alla spiritualità indiana: dal 1970, McLaughlin seguì l’invito di Sri Chinmoy ad approfondire il suo interesse per la musica classica indiana e lui e Zakir Hussain suonarono insieme per la prima volta nel 1972 a casa di Ustad Ali Akbar Khan in California. Qualche mese dopo il chitarrista incontrò anche il violinista L Shankar: nacque l'idea di formare Shakti, a cui si unì Vikku Vinayakram al ghatam. Per Zakir Hussain: “L'incontro con John è stato un momento cruciale della mia vita, il fatto che mi abbia accettato come collega è stato fondamentale per me, il punto in cui tutto è cambiato per me”. Shakti divenne un successo clamoroso, ma ogni musicista aveva anche altri impegni e i tour si potevano svolgere solo in determinati periodi dell'anno. Ricordava Zakir Hussain: “Questo rese un po' più facile per me bilanciare il mio incarico di insegnante all'Ali Akbar College di San Francisco. Facevo anche concerti con Khansaheb e lui era preoccupato, come mio padre e Ravi Shankar, che trascurassi i miei concerti di musica classica. Ma io ero molto concentrato nel mantenere la mia vita classica indiana in primo piano”. Solo nel 1982 Shakti si recarono per la prima volta in India, con Larry Coryell, che sostituiva McLaughlin infortunato alla mano. Una seconda tournée si svolse poco dopo, nel 1984, e con McLaughlin. Qui li si può ascoltare nel Live Montreux 1976 con T.H. "Vikku" Vinayakram al Ghatam e Ramnad Raghavan al Mridangam.


Parallelamente, in California, dal 1974, Zakir Hussain lavora col batterista e percussionista Mickey Hart, autore di “Planet Drum”: Zakir Hussain ne parla diffusamente nel libro “A Life in Music”: “L'ensemble musicale che avevo fondato nel 1973 era stato ribattezzato Diga Rhythm Band e Mickey e io avevamo prodotto un album intitolato Diga. La Warner Brothers pubblicò l'LP a metà degli anni Settanta. Si trattava del primo ensemble ritmico mondiale, con batteristi provenienti da India, Stati Uniti, Medio Oriente, America Latina, Africa e altre parti dell'Asia. Nessuno aveva mai pensato di farlo prima”. Un’altra sponda importante è l’etichetta ECM con cui comincia a registrare all’inizio degli anni Ottanta e con cui nel 1986 realizza “Making Music” con il Hariprasad Chaurasia (bansuri), John McLaughlin e Jan Garbarek.


Mentre rimase sempre vivo il rapporto con l’India, che gli assegnò i premi Sangeet Natak Akademi Award nel 1990, Padma Shri nel 1988, Padma Bhushan nel 2002 e 2023 e Padma Vibhushan sempre nel 2023, le collaborazioni più longeve rimasero quelle con Shakti e Mickey Hart. Quest’ultima gli valse a febbraio 2009 il Grammy Awards nella categoria Contemporary World Music Album, per l’album “Global Drum Project” con Mickey Hart, Giovanni Hidalgo, Imran Hussain e Chandan Sharma Sikiru.


Al tempo stesso, Zakir Hussein ha sempre avuto un occhio di riguardo quando si è trattato di collaborare con i musicisti più giovani ed ha stretto un creativo sodalizio con Rakesh Chaurasia come testimonia questo concerto all’EtnoKraków/Rozstaje nel 2015, per il Crossroads Festival


Come il padre, ha composto colonne sonore per diversi film, in particolare “In Custody “e “The Mystic Masseur” di Ismail Merchant, e ha suonato le tabla nelle colonne sonore di film come “Apocalypse Now” di Francis Coppola e “Il piccolo Buddha” di Bernardo Bertolucci. Ha anche recitato in diversi film che includono sue performance musicali sia da solista che con diversi gruppi, tra cui i documentari del 1998 “Zakir and His Friends” e del 2003 “The Speaking Hand: Zakir Hussain and the Art of the Indian Drum”.


Due anni fa, il giornalista musicale Narendra Kusnur si è cimentato con la missione impossibile: scegliere i suoi 10 migliori brani. Per chiudere questo breve e parziale ricordo, non si può tralasciare come con i musicisti jazz si sia sempre trovato a suo agio, specie quando si è trattato di esplorare ponti fra tradizione afroamericana e indiana, come nel 2018 insieme a Dave Holland, Shankar Mahadevan (voce), Chris Potter (sax), Sanjay Divecha (chitarra), Louiz Banks (piano) Gino Banks (batteria).


Nel 2019, a Boston, il Berklee College of Music gli ha conferito un Honorary Doctorate ed ha organizzato un concerto intitolato “Zakir Hussain Meets Berklee”. Vale la pena ascoltarlo rileggendo quanto ha scritto a proposito dell’improvvisazione: “Per me un assolo è come una passeggiata. Lungo la strada si possono incontrare cose di ogni tipo: scoiattoli, fiori, un lago in cui nuotare. Lo si può vedere anche nel volto di un suonatore di tabla. Io stesso visualizzo sempre le cose. Un assolo di tabla è sempre un viaggio: a volte tranquillo, a volte selvaggio. Si passa attraverso tutti i tipi di emozioni, attraversando lo schema del ciclo”.


Alessio Surian

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