Dalla collaborazione tra la cantante iraniana Maliheh Moradi e il connazionale Ehsan Matoori, suonatore di santur e compositore, è nato “Our Sorrow”, un raffinato lavoro che suscita forti emozioni a partire da testi tradizionali.
Come è tristemente noto, nella società iraniana, dal 1979 alle donne sono imposti numerosi divieti: da quelli sull’abbigliamento e sul comportamento a quelli relativi alle esibizioni negli spettacoli in cui alle donne non è permesso cantare da sole. Possono esibirsi solo come parte di un ensemble in cui devono essere presenti almeno tre donne e un cantante uomo; inoltre nessuna voce di donna può sovrastarne un’altra, perché sarebbe considerata una manifestazione di eccessiva autonomia.
Maliheh Moradi ha dovuto affrontare questo tipo di discriminazione in tutta la sua carriera artistica. Fin da piccola ha avuto un forte interesse per il canto e il teatro, ma nel suo ambiente sociale l'idea che le donne fossero coinvolte nelle arti non era ben vista. “Mentre i cantanti uomini salivano sui palcoscenici, spesso mi ritrovavo a cantare in una stanza stretta, di fronte ad uno specchio attaccato al muro, solo per provare la sensazione di essere su un palco. Non riuscivo a capire perché non sarei potuta essere lassù anch’io”.
Nella sua formazione artistica Maliheh ha avuto come maestri tre fra i più importanti cantanti persiani: Mohammad-Reza Shajarian, Fatemeh Vaezi (Parisa) e Ali Asghar Shahzeidi. Nata in una famiglia di musicisti, ha imparato a cantare e a suonare il tombak (tamburo a calice) in tenera età, e in seguito ha studiato il setar (liuto) al Conservatorio di musica di Teheran, dove ha collaborato con i maestri Siamak Jahangiri e Hossein Alizadeh che hanno contribuito ad approfondire la sua conoscenza della musica e delle arti performative iraniane.
Salita sul palco per la prima volta in Iran all'età di 17 anni, a causa delle restrizioni ha potuto esibirsi solo come parte di un ensemble. Di recente, ispirata dalla cantante iraniana Qamar-ol-Moluk Vaziri – prima donna a cantare fuori dall'Iran con pezzi politici a sostegno dei diritti delle donne –, anche Maliheh si è spinta all'estero per tenere concerti come cantante solista, trovando finalmente la propria voce. Ciò l’ha portata a esibirsi insieme al cantante iraniano Homayoun Shajarian nell'opera “Mowlavi Opera” e con il musicista e ricercatore Mohammad-Reza Darvishi per la colonna sonora del film “The Green Fire/Atash-e Sabz”. Inoltre ha tenuto concerti in festival musicali internazionali in Australia, Spagna, Germania e Polonia e di recente, trasferendosi negli Stati Uniti, la sua voce risalta nel progetto “Voices Unveiled”.
Il suo compagno artistico nell’esplorazione musicale di “Our sorrow” è il compositore iraniano Ehsan Matoori, uno dei principali virtuosi del santur, la cetra trapezoidale a percussione suonata con due bacchette, che ha approcciato all'età di 9 anni. Ha approfondito la sua conoscenza musicale studiando Radif strumentale e vocale con Parviz Meshkatianb e Pashang Kamkar e più tardi ha studiato anche sotto la guida di Ardavan Kamkar, rinomato suonatore contemporaneo di santur, noto per il suo stile e le tecniche di accordatura. Nel 2013 si è trasferito negli Stati Uniti, dove ha iniziato a collaborare con maestri, ensemble musicali ed orchestre. Le sue composizioni originali sono state eseguite in oltre 20 paesi tra Cina e Stati Uniti. Nel 2019 ha pubblicato l'album di debutto “Phantasm”, in collaborazione con Mohsen Namjoo ottenendo un enorme riscontro con oltre 4.000.000 streaming, oltre la presenza in numerosi concerti. Dopo questo successo, nel 2021, Ehsan ha intrapreso un altro progetto come compositore e produttore: l’album multiculturale “Voices and Bridges”. Con il suo impegno per l'esplorazione artistica e lo scambio culturale e la spinta a superare i confini, Ehsan Matoori affascina il pubblico di tutto il mondo con le sue performance al santur piene di pathos.
Ehsan ha convertito i ricordi di Maliheh, ragazza iraniana a cui è stato reso impossibile coltivare la carriera artistica, in brani in stile tradizionale, componendone la musica. Nove tracce in tono per lo più tragico, scandite dalla ritmica melodica fondamentale del santoor, in cui la voce e la tecnica vocale di Maliheh possono esprimersi liberamente a livelli potenti. L’album si apre con il dirompente “In the name of you”, seguito da “For the rain” che, come una colonna sonora, crea un’atmosfera ricca di suspense. Nella terza e, in particolare nella quarta traccia “The crier” si trova un’orchestrazione complessa a cui partecipano archi (viola, violino, violoncello, contrabbasso), tamburi, e i tradizionali santur e ney. Il testo della canzone “Six Doors” la sesta traccia carica di sentimenti di rabbia, viene dal poeta Khaqani, che spesso prendeva come riferimento il numero “sei”. Le porte sono un luogo in cui ci si può perdere, incapaci di muoversi, o un regno in cui la fuga è difficile, sia fisicamente che emotivamente. “Six Doors”, nelle parole di Ehsan, “è stata la sensazione iniziale che ho tratto dalla vita di Maliheh. Per anni, lei doveva sedersi dietro le quinte da sola. I mattoni del muro erano il suo pubblico. Per tutto il tempo in cui ho lavorato con lei su questo album, mi sentivo come se fosse seduta in una stanza piena di sogni. Lì, si era innamorata, si era separata, aveva provato tristezza e aveva persino cantato per il suo pubblico. Tuttavia, sembrava che in questa stanza dei sogni ci fosse una serratura che chiudeva sei porte. La sfida stava nell'aprire ciascuna di queste porte, rivelandone le intricate sfaccettature, le sue esperienze ed emozioni”. Mentre il brano successivo, la title-track “Our Sorrow” commemora la delusione dei giovani iraniani in seguito alla repressione dopo le proteste del 2019, l’ultima traccia, “The Tale of Sorrow”, basata su una poesia del maestro Shafiei Kadkani, riflette sulla disperazione di Maliheh di dover scegliere tra i due amori della sua vita: il suo paese natale, ricco di ricordi, e il suo sogno di esibirsi.
All’album hanno collaborato anche i musicisti Hossein Behroozinia a oud e tar, Azad Mirzapour all’oud , Hamid Behrouzinia al tar, Pasha Hanjani al ney, Homayoun Nasiri, Mohammad Shabani e Hamidreza Yousefi alle percussioni, Behnam Abolghasem al piano, Pouring Pourshirazi al contrabbasso, Mike Block, Mehrdad Alemi e Aidin Ahmadinejad al violoncello, Sohrab Bahremandi e Meisam Marvasti alla viola, Hailey Walterman a viola e violino, Milad Alemi e Ali Jafaripoyan al violino, Dara Daraei al basso, Yahya Alkhansa ai tamburi.
“Our sorrow” è una composizione straziante, che gronda amore per il proprio paese di origine e tiene avvinti ad un’oscura atmosfera di dolore, rabbia e sconforto. Ma c’è la speranza di credere nell’ostinata, sfidante determinazione di Maliheh Moradi: “Un giorno tornerò in Iran e canterò per il mio popolo”.
Carla Visca
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