Ventisette dischi solisti (senza contare Planxty, Moving Hearts e altri progetti), 55 anni dal suo esordio discografico, Christy Moore è un monumento vivente della musica irlandese, uno dei pochi che possano vantare, da vivi, lo status di leggenda. Così come leggendaria è l’etichetta, Claddagh Records che, nota per le storiche edizioni dei dischi di Chieftains e Dolores Keane, per la prima volta, pubblica questo bel nuovo lavoro del 79enne cantante, autore, folksinger e attivista politico.
“A Terrible Beauty” è il disco che non ti aspetti, anzi che avremmo voluto e aspettavamo da decenni: una strumentazione ridotta all’osso, spesso Christy da solo con la chitarra, sua o del bravo Seamie O’Dowd, o addirittura solo con la voce a cantare o a declamare splendidi versi; nove canzoni spesso bellissime, uno strumentale guidato dal banjo di Cathal Hayden, e tre episodi dove Moore, con la sua voce, se possibile ancora più profonda di come siamo abituati, semplicemente recita, declama, racconta.
La ricetta è quella cui siamo usi: un mix di brani originali, cover, brani impegnati, politici, un traditional (“Broomielaw” è uno degli apici del disco), un classico pezzo satirico alla Christy Moore (“Cumann Na Mnà”, sulla scia di vecchi pezzi come “Joxer” o “Knock”), e uno strumentale (“The Rock”) che è destinato a diventare un classico nelle sessions per strumentisti irlandesi.
Non ci sono momenti deboli nell’album, e la rinuncia, speriamo definitiva, al ridondante tappeto di tastiere che era diventato un marchio della produzione recente (e anche meno recente), dimostra che “A Terrible Beauty” è un disco che può avere una declinazione “live” senza stravolgere gli arrangiamenti originali.
Già il primo brano, che ha anticipato di qualche settimana l’uscita del disco, “Boy in the Wild”, ha il sapore del Classico: una bella canzone di Wally Page, songwriter scomparso da poco, sul rapporto padre-figlio. Il brano è accompaagnato da un bel video-clip. Ma il momento più alto del lavoro è il trittico “Black & Amber” – “Lemon Sevens” – “Broomielaw”. Le prime due appartengono al repertorio del gruppo indie irlandese A Lazarus Soul, geniale formazione che coniuga rock e canzone d’autore, Smiths e Nick Cave, e che fa della qualità di scrittura del suo leader Briany Brannigan la sua forza. Come spesso capita quando Moore approccia brani scritti da altri, la sua cover, spogliata all’essenziale, supera l’originale. Davvero due brani eccellenti. Così come di gran livello è la ballata scozzese “Broomielaw”, brano già eseguito, fra gli altri, dagli scozzesi Ossian. “A Terrible Beauty”, ci restituisce un Moore invecchiato ma per niente stanco e sempre combattivo: non potevano mancare i brani di attualità, la bellissima “Lyra McKee” dedicata alla giornalista e attivista uccisa a Derry nel 2019, e l’attualissima “Palestine”, dell’americano Jim Page (già autore di “Hiroshima, Nagasaki, Russian Roulette” dei Moving Hearts, sempre presente nei concerti di Moore), che ha già contribuito a indirizzare sul folksinger irlandese la consueta stupida dose di accuse di antisemitismo.
Gianluca Dessì
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