Padova Jazz Festival, Padova, 31 Ottobre – 17 Novembre 2024

Il Padova Jazz Festival, la creatura di Gabriella Piccolo giunta quest’anno alla sua ventiseiesima edizione, conferma la sua vocazione policentrica con concerti al Teatro Verdi e nella sua Sala del Ridotto, nella Sala dei Giganti al palazzo Liviano, al Caffè Pedrocchi, nel Centro Culturale Altinate e in diverse aule dell’Università degli Studi di Padova con un programma estremamente nutrito di cui cogliamo qui solo alcuni spunti. Due pianisti sono stati protagonisti della fase iniziale del programma. Davvero impeccabile si è rivelato il quartetto che vede la chitarra del brasiliano Nelson Veras dialogare con il trio del pianista tedesco Pablo Held con Robert Landfermann al contrabbasso e Jonas Burgwindel alla batteria, due musicisti che danno vita ad un’unica macchina ritmica in cui i cuori dei due strumenti pulsano all’unisono con una modalità che sembra frutto di telepatia e capacità condivisa ci concepire dinamiche sempre perfettamente funzionali allo sviluppo del repertorio. Riguardo ad un brano, “Scouts”, Held ha raccontato che di aver “preso lezioni di composizione con il
pianista/compositore/arrangiatore Guillermo Klein” e che questi insegnamenti continuano “ancora oggi a risuonare in me. Guillermo mi ha aiutato a liberarmi dalle abitudini e a trovare nuovi percorsi per iniziare il processo compositivo guardando alla musica come territorio”. Ne sono scaturite nuove composizioni, come “Scout” che mostrano una loro specifica anima descrittiva, capaci di archi narrativi molto ben sviluppati. Il repertorio ha attinto tanto ai brani dei due album pubblicati a giugno e ottobre 2024, “Standards” e “Unity”, con brillanti versioni di composizioni da Parker (“Barbados”) a Bill Evans (“Very Early”) alternate a brani di Held e del padre Peter, come “Poem Number 6”. Diverso è apparso il registro scelto dal ventenne talento turco Hakan Başar (pianoforte) con Michelangelo Scandroglio al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria, attenti a tenere ritmi alti ed esecuzione sempre all’altezza della situazione, adottando di fatto la formula tempi velocissimi e volume alto in grado di dispiegare grande perizia e
competenza nell’esporre classici fraseggi jazz. Ben riuscito è risultato il repertorio ispirato al Brasile (ma non solo) del Quartetinho guidato dalla clarinettista Anat Cohen con tre virtuosi polistrumentisti, tutti membri del suo Tentet: Vitor Goncalves alle tastiere e alla fisarmonica, Tal Mashiach al contrabbasso e alla chitarraa sette corde e James Shipp a vibrafono e percussioni. Il pubblico ha apprezzato sia le composizioni di Cohen, sia gli arrangiamenti di brani di Egberto Gismonti (“Loro”, “Baião Malandro”), Monk (“Twinkle Tinkle”), sia lo splendido omaggio a Paco De Lucia, “Paco”. Meno riuscita la versione prodotta della “New World Symphony” di Antonín Dvořák, un po’ appiattita sula dimensione melodico-lirica. Ottimo mattatore nel contesto universitario si è rivelato Mauro Ottolini, espressivo e inventivo al trombone, alla tromba bassa e alle conchiglie ed ottimo narratore di un repertorio vasto e nomade, in compagnia di Thomas Sinigaglia alla fisarmonica e Marco Bianchi alla chitarra classica. Richard Bona ha
aperto il trittico di concerti al Verdi proponendo uno dei concerti più coinvolgenti grazie alla sua capacità di portare al minimo il livello dei volumi dell’amplificazione, rendendo estremamente umano e confidenziale il dialogo fra il suo trio “Asante” e il pubblico, in compagnia di due musicisti di origine cubana molto duttili e preparati come Jesus Pupo al piano e Ludwig Afonso alla batteria, omaggiando Jaco Pastorius con “Three Views of a Secret” così come il Miles Davis di “All Blues”, ma soprattutto proponendo composizioni piene di grazia e di spunti per cantare e improvvisare, interagendo col repertorio cubano. Hanno chiuso il festival i concerti del batterista Billy Cobham (tutto esaurito) e di Lakecia Benjamin, voce e sax alto capaci di tenere sempre altissima l’energia, ben sostenuta dai muscolosi Dorian Phelps alla batteria, Elias Bailey al basso e Michael King al piano. 


 

Alessio Surian

Foto e video di Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia