Da Jim Hall a Pepe Habichuela, ogni collaborazione del contrabbassista e compositore Dave Holland con un chitarrista crea magie. L’incontro con Lionel Loueke in studio di registrazione risale al 2006, quando Herbie Hancock li coinvolge nell’album e poi nel tour dedicato alle canzoni di Joni Mitchell, “River: The Joni Letters”. Proprio la collaborazione col pianista di Chicago per il tour europeo del 2005 aveva segnato un punto di svolta per Loueke, nato in Benin e poi volato a sviluppare il suo sconfinato talento musicale passando dalla Costa d’Avorio alla Francia e quindi agli Stati Uniti. Il sodalizio con Dave Holland prende forma registrando e poi portando sui palchi di mezzo mondo “Aziza”, lavoro magistrale registrato nel 2015 con Chris Potter ai sassofoni e Eric Harland alla batteria, e le composizioni degli otto brani equamente divise, due a testa.
In “United” tutti i brani sono scritti da Loueke, eccetto quello che dà il titolo all’album, frutto della penna di Wayne Shorter e che già aveva dato il titolo all’album di Woody Shaw registrato nel 1981 per la Columbia. Registrato con Art Blakey nel 1961, “United” venne pubblicato per la prima volta solo nel 1979: da allora ha avuto decine di interpretazioni e qui è stato messo a chiusura dell’album.
Loueke è anche il produttore dell’album, registrato in due giorni, l’8 e 9 agosto del 2023 da Scott Petito nei NRS Studio a Catskill (New York). L'idea questo nuovo lavoro è sorta da libere improvvisazioni scaturite dopo un soundcheck, in felice tensione fra improvvisazioni jazz e melodie e ritmi popolari dell'Africa occidentale. Oltre alla chitarra, Loueke mette in gioco anche la voce, sia in chiave melodica, sia percussiva come nel caso del brano dal ritmo in sei ottavi che apre la scaletta, “Essaouira”: il ritmo percussivo scandito dalla voce evoca il flusso delle percussioni qraqeb tipiche delle musiche gnawa di cui Essaouira è uno dei centri di riferimento. Una seconda città africana cui rendono omaggio è “Yaoundé” la capitale del Camerun distribuita lungo sette colli di cui la chitarra coglie i toni più vivaci e luminosi, perfettamente amalgamati con le pulsazioni del basso che fanno da contrappunto al canto gioioso di Loueke e poi ad un esteso, sempre sostenuto e composito assolo di chitarra; nel finale è il contrabbasso di Holland ad emergere, energetico e melodico allo stesso tempo, nel ruolo di solista.
Il canto e la percussione vocale sono protagonisti anche del ben riuscito e articolato arrangiamento (che si dipana in otto minuti e mezzo), con metrica dispari in tredici ottavi, di “Strangers in a Mirror”. Loueke l’aveva già proposto in altre occasioni, compresa l’orchestra WDR BIG BAND diretta da Bob Mintzer.“Chant” (in tre quarti) e “Life goes on” mostrano il lato intimo del duo, al servizio della voce di Loueke nella forma ballad, con Holland che mette in evidenza la rotondità lignea del suono del suo contrabbasso, a inventare percorsi melodici sempre nuovi. Viceversa, nell’incipit di “Tranxit” spiana la strada al ritmo percussivo più sincopato ed energetico, in nove ottavi, partendo da un territorio funky per poi stendere un comodo tappeto più vicino alla bossa nova per le parti più liriche di voce e chitarre. Due brani più tardi “Celebration” riprende questa verve energetica mettendo in evidenza come l’essenzialità con cui contribuiscono al ritmo il contrabbasso e le percussioni vocali contribuisca ad accentuarne la carica propulsiva. Il ritmo rimane alto nel finale con “Hideland” prima di riprendere la vena lirica e una chiara forma canzone, in francese, con “Humanism” e chiudere in tre quarti con “United”, con Holland protagonista della parte centrale dell’omaggio a Shorter. daveholland.bandcamp.com/album/united
Alessio Surian