“Reshaping the Tradition” con Ross Daly, Kelly Toma, Martha Mavrodi, Peppe Frana, Zohar Fresco, Ciro Montanari, Chiesa di Santa Caterina da Siena, Napoli, 5 ottobre 2024

La quinta edizione del workshop “Reshaping the Tradition” dedicato alle musiche nella tradizione del Mediterraneo orientale si è svolta dal 1 al 4 ottobre 2024 a Siena, Palazzo Chigi Saracini, sede dell’Accademia Musicale Chigiana, centro internazionale per le attività di formazione, produzione e promozione della musica. I seminari 2024 hanno visto la partecipazione di Ross Daly, fondatore di Labyrinth Musical Workshop, centro di formazione permanente dei mondi musicali del maqam con sede a Creta. Ross Daly era affiancato da Kelly Thoma, virtuosa della lyra, Martha Mavroidi (canto) e Zohar Fresco ai tamburi a cornice. Questo progetto internazionale condotto dall’Accademia Musicale Chigiana e Labyrinth Italia si avvale da tre anni della preziosa collaborazione dell’ISMEO – Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente – il cui scopo è condurre campagne di ricerca, programmi di studio e alta formazione sulle culture e presso i paesi dell’Asia e dell’Africa, e sulla loro
interazione con il bacino del mediterraneo. Il progetto quest’anno 2024 ha ideato anche un concerto speciale aperto al pubblico, con la partecipazione dei docenti e altri ospiti sabato 5 ottobre a Napoli presso la Chiesa di S. Caterina da Siena in collaborazione con la Fondazione Pietà de’ Turchini. “Le tradizioni vivono al presente e vengono continuamente elaborate da chi le condivide”, racconta Stefano Jacoviello, responsabile dei progetti culturali dell’Accademia, introducendo il concerto. E allora, le lyre di Ross Daly e Kelly Thoma risuonano sulle tabla indiane di Ciro Montanari accompagnati dal bendir di Zohar Fresco e arricchite dall’oud di Peppe Frana in composizioni originali, canti greci dal folklore, samai e squarci di forme musicali della Turchia ottomana. Significativo è il suono che l’ensemble elabora. La creazione di una sonorità fluida di fondo, senza spigoli, impeccabile. Si ruba, si danza, salti agli attacchi – con robab afghano (Frana) e lafta greco (Mavroidi) - poi tinte diverse per
passaggi a contrasti di atmosfere più cupe e maliose – con oud e lyra – e atmosfere mistiche introdotte dalla voce di Mavroidi che apre il concerto con un brano greco “Tynos na po” (“A chi dovrei raccontare la mia sofferenza”) su di una lenta melodia rumena. Quanta arte in questa musica che racconta di viaggi e pellegrinaggi. Guida spesso il tutto Daly al tarhu, strumento ad arco dalle molteplici risonanze da lui progettato. Solenne negli interventi, anticato nello stile in “Gulizar curcuna” e “Gulizar Saz Semai” e in ritmo di 10 battiti, nelle sue esplorazioni modali lunghe una vita – anche se Daly approda molto spesso in quel confine melodico tra l’isola su cui vive e la Turchia – vedi il quarto brano “Acem Kurdi”. Intrecciata nella modalità Martha Mavroidi, che voce soave, dal talento estroso e ricca musicalità, in particolare in “Raiko”, un brano folk del nord della Grecia. Regge quasi tutto lei in “Beloved” con una perfetta dizione su testo di Jaladin Rumi – sempre attenta nelle note cadenzate, appoggiate. Forse un po’ troppo a bocca
semi chiusa in certi passaggi più lirici. Tutto respira bene, dai taksim a mo’ di “introduzione”, toni da monologo, ai passaggi più riflessivi ma estrosi come in “Anamkhara” (“Anima Gemella”) di Thoma. Determinante, insieme al continuo ritmico e ricco dei tamburi a cornice, l’oud di Frana, molto comunicativo, passando da ritmi più serrati a più leggeri fraseggi in quell’ostinato del brano “Amethystos” di Thoma. Fresco è invece spesso freddo e lapidale – puntiglioso il suono nei suoi virtuosismi ritmici quando accompagna, con improvvisi controtempi o colpi geniali che certo non ti aspetti. Ma suonano passionali, sanguigni e drammatici nei due soli Montanari e Fresco dissacrando quasi la retorica di una semplice sequenza di dum e tak. Impressionano. Il bis ancora un brano di Mavroidi su suo testo dal titolo “Kurdili”, chiude su di una melodia greca quell’oralità dei canti di una tradizione del presente a cui accennava Jacoviello. 

 

Salvatore Morra

Foto di Alessia Della Ragione per Fondazione Pietà de' Turchini

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