Quando nel 1988, il musicista e compositore pugliese Michele Lobaccaro (chitarre acustiche, basso, synth, voce) e il cantante palestinese Nabil Salameh (voce) diedero vita al progetto Al Darawish apparve chiaro, già dalla scelta del nome (“Dar Wish” in persiano significa “visitatori di porte”) quali sarebbero state le coordinate su cui si sarebbe indirizzato il loro percorso di ricerca, proseguito senza soluzione di continuità con la nascita dei Radiodervish. Laddove musicalmente hanno rappresentato uno dei primi esempi di incontro tra canzone d’autore e world music, sotto il profilo concettuale ci hanno offerto, negli anni, un florilegio di storie che mettono al centro il dialogo e l’incontro tra culture differenti come baluardo contro le intolleranze, la guerra e la violenza. Negli anni, tra dischi, concerti, progetti speciali e collaborazioni di prestigio, il gruppo si è mosso sulle rotte che uniscono Oriente ed Occidente, incrociando lingue diverse, varcando confini, abbattendo steccati e mura, ma soprattutto ci ha raccontato come la musica sia un linguaggio universale che unisce e crea connessioni sorprendenti. Il loro nuovo album “Cuore Meridiano” li vede volgere lo sguardo verso il punto di partenza di quel viaggio intrapreso quasi trent’anni fa, verso quelle radici ispirative da cui si è plasmata la sensibilità e l’anima del gruppo. Il disco, infatti, mette in fila le riletture di quattro tra i brani che hanno rappresentato un riferimento importante per il gruppo, a cui si aggiunge una nuova versione di “Giorni senza memoria”, inedito che aveva segnato l’incontro con Massimo Zamboni. Non casuale è stata la scelta dei brani da reinterpretare e ricontestualizzare nel loro universo sonoro perché in questo momento è necessario più che mai mobilitarsi per fermare la tragedia della guerra e gli orrori generati dall’intolleranza. “Negli Anni Sessanta, Settanta e Ottanta del secolo scorso”, sottolineano i Radiodervish nella presentazione del disco, “numerosi artisti si sono mostrati sensibili alle sottili corrispondenze tra i popoli del Mediterraneo. Un’epoca in cui il battito del Cuore meridiano era udibile, ma che, purtroppo, è stato successivamente soffocato e annacquato in un innocuo folklore dall’egemonia culturale del neoliberismo affermatosi dagli anni Novanta in poi”. Nella nuova veste sonora dei Radiodervish, queste canzoni si caricano di nuovi significati perché “testimoniano il continuo dialogo che c’è sempre stato tra le sponde del Mediterraneo. A nostro avviso è importante ricordarlo per farlo conoscere alle nuove generazioni, purtroppo figlie del clima avvelenato che si è prodotto, simbolicamente, dopo l’11 settembre, da quando è stata ufficializzata l’idea di un mondo destinato ad una inevitabile guerra di civiltà”. Registrato, mixato e masterizzato presso lo Studio Crescendo di Bari con la supervisione dell’ingegnere del suono Luigi Patruno, il disco colpisce per la brillantezza degli arrangiamenti curati da Alessandro Pipino (pianoforte, tastiere, synth, vocoder, fisarmonica, melodica, flauto, kalimba, table tubes, chitarra classica, chitarra elettrica e voci) con la partecipazione di Pippo D’Ambrosio (batteria, percussioni, batteria e percussioni), Andrea Senatore (synth, electronics) e Adolfo La Volpe (synth, electronics) i quali hanno contribuito ad ampliare la gamma sonora dei vari brani. Ad aprire il disco è “Luglio agosto settembre nero” degli Area tratta dal disco “Arbeit macht frei” del 1973, ricontestualizzata in chiave world con un nuovo inciso in arabo in cui viene raccontato il genocidio in corso a Gaza e in Palestina. La voce di Nabil è intensa ed evocativa, mentre la chitarra elettrica guida la linea melodica sostenuta da una architettura ritmica che interseca batteria, percussioni ed elettronica. Struggente sul finale il corso di voci bianche che intona quasi fosse un ritornello il verso “giocare col mondo facendolo a pezzi”. Si prosegue con il lirismo di “Le temps de vivre” di Georges Moustaki, tratta dalla colonna sonora dell’omonimo film francese e interpretata originariamente da Henia Ziv. L’interpretazione vocale di Nabil è coinvolgente e arriva a toccare il cuore con il verso “Nous prendrons le temps de vivre/D’être libres, mon amour” (“Ci prenderemo il tempo per vivere/per essere liberi, amore mio”). Non poteva mancare un omaggio a Franco Battiato con “La stagione dell’amore” da “Orizzonti Perduti” del 1983, proposta in una versione con la struttura ritmica elettronica dell’originale che, sul finale, si intersecano con gli archi di un’orchestra. Dal songbook di Idir, cantautore berbero scomparso nel 2020, arriva “Porquoi cette pluie” con il testo di Jean-Jacques Goldman che racconta le vicende della guerra civile algerina degli anni Novanta che portò con sé tanto dolore, ma anche la speranza in un futuro migliore. L’arrangiamento dei Radiodervish esalta l’incontro tra la tradizione nordafricana e la chanson française arricchendo il tutto con echi di sonorità mediterranee con la toccante interpretazione di Nabil che coglie il senso profondo del brano che culmina nel verso “Pourquoi cette pluie, pourquoi est-ce un message, est-ce un cri du ciel” (“Perché questa pioggia, perché è un messaggio, è un grido dal cielo”). Chiude il disco, l’inedito “Giorni senza memoria” in cui spicca la partecipazione di Massimo Zamboni alla chitarra elettrica e nel cui testo si susseguono le immagini di Hiroshima e Nagasaki dopo la bomba atomica, lo sterminio degli armeni, le repressioni dei khmer rossi in Cambogia e l’occupazione della Palestina da parte degli israeliani. Sebbene di breve durata, “Cuore Meridiano” è un disco di bruciante attualità, un raggio di luce e di bellezza che fende questi giorni bui in cui lo spettro della guerra si aggira con insistenza nel mondo.
Salvatore Esposito
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