Nusrat Fateh Ali Khan & Party – Chain of Light (Real World, 2024)

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In Inghilterra, non lontano da Bath, cercandolo bene, la mappa del Wiltshire vi segnala il villaggio di Box. Qui, nel 1989, Peter Gabriel aveva inaugurato i Real World Studios pubblicando il suo “Passion” e “Songs for the Poor Man” di Remmy Ongala. Nell'aprile del 1990, i Real World Studios ospitano Nusrat Fateh Ali Khan al lavoro con il produttore canadese Michael Brook: insieme danno vita a “Mustt Mustt”, album che suggerisce nuove sonorità al canto qawwali del Punjab. Vent’anni prima, poco più che ventenne, Nusrat Fateh Ali Khan, alla morte dello zio Mubarak Ali Khan, Khan ne aveva preso il posto come solista nel gruppo qawwali di famiglia, rinominato Nusrat Fateh Ali Khan, Mujahid Mubarak Ali Khan & Party. In breve, arrivano le registrazioni da parte di Radio Pakistan in occasione del festival Jashn-e-Baharan e un notevole successo in Pakistan con il brano “Haq Ali Ali”, eseguita in modo rispettoso della tradizione. Il rapporto con Peter Gabriel si era consolidato con la partecipazione al Womad nell’estate del 1985 e alla colonna sonora de “L’ultima tentazione di Cristo” nel 1988. Prima di morire a soli 48 anni nel 1997, ha avuto modo di registrare per la Real World cinque album di musica tradizionale qawwali, oltre alle sperimentazioni “Mustt Mustt” (1990), Night Song (1996), e al remix postumo “Star Rise” (1997). “Ho avuto il privilegio di lavorare con una tonnellata di musicisti diversi provenienti da tutto il mondo, ma forse il più grande cantante di tutti è stato Nusrat
Fateh Ali Khan. Quello che riusciva a fare e a far sentire con la sua voce era davvero straordinario”
, dice di Khan Peter Gabriel. Vale la pena tornare all’aprile del 1990: oltre ai canti confluiti poi in “Mustt Mustt”, Nusrat Fateh Ali Khan registra anche altri quattro brani, tutti intorno ai dieci minuti di durata: “È stata una vera gioia quando abbiamo scoperto che questo nastro era nella nostra libreria. Questo album lo mostra davvero al suo apice. È un disco meraviglioso”, chiosa Gabriel. “Queste esecuzioni hanno un’incredibile chiarezza”, aggiunge il produttore Michael Brook a proposito delle quattro tracce. “Sono più avventurose dal punto di vista armonico rispetto alle altre canzoni che Nusrat stava registrando in quel periodo e l'intero gruppo sprizza energia da tutti i pori”. La pubblicazione dell’album è sostenuta dal British Council che appoggia anche la lavorazione del documentario sulla vita di Nusrat Fateh Ali Khan in corso presso i I Saiyna Bashir Studios, a Islamabad, un biopic (titolo previsto “Ustad”) che dovrebbe arrivare per la fine del 2025. Il film ha potuto attingere a filmati d'archivio rari e inediti e ha coinvolto familiari, amici, collaboratori e fan che hanno contribuito con le loro testimonanze. I brani di “Chain of Light” seguono la forma classica, proponendo inizialmente
la melodia principale con l’harmonium, sostenuta dalle tabla che invitano a esplorare variazioni della melodia. Segue l'alap, lunga linea melodica che permette al solista di intonare diverse note tenute a lungo, percorrendo il raga del brano da eseguire. Apre l’album “Ya Allah Ya Rehman”, un canto che è divenuto un brano classico, fra quelli molto amati del repertorio qawwal. Khan lo interpreta qui per la prima volta ed è uno dei due brani dell’album che canta in urdu. Segue “Aaj Sik Mitran Di”, brano cantato in punjabi attribuito al maestro sufi Peer Meher Ali Shah. Suo nipote, il maestro sufi Nasir Udin Nasir, è l’autore del terzo brano, cantato in urdu, “Ya Gaus Ya Meeran”. Chiude l’album il brano più esteso, “Khabram Raseed Imshab”, un classico del repertorio familiare di Khan: un canto che Khan aveva avuto modo di ascoltare innumerevoli volte cantato dal padre e dallo zio e che è stato composto in persiano da Amir Khusro, il “padre del qawwali” e che qui offre una toccante conclusione corale. nusratfatehalikhan.bandcamp.com/album/chain-of-light




Alessio Surian

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