Ánnámáret – Bálvvosbáiki (Uksi Production, 2024)

“Quando noi Sámi cantiamo uno yoik non cantiamo di qualcosa, cantiamo di essere una persona, un paesaggio, un animale, una situazione.”
Questa affermazione di Mari Boine descrive in poche, ma pregnanti parole, il carattere, la peculiarità e la forza dello yoik, lo stile di canto tradizionale del popolo Sámi, la cui essenza sono melodia e ritmo, tanto da non necessitare di parole per esprimere un sentimento, per comunicare con gli altri, per relazionarsi con la natura. Interpretando uno yoik si compie un viaggio interiore e si può più facilmente raggiungere uno stato di trance, ed infatti è utilizzato dagli sciamani per entrare in relazione con altre dimensioni dell’essere. Dello yoik è ormai affermata cantante e compositrice Ánnámáret, cioè Anna Näkkäläjärvi-Länsman. Ánnámáret è una Sámi finlandese (vive a Nuorgam, nel profondo nord del paese) è per lei lo yoik è qualcosa che fa parte della cultura della sua famiglia. In attività da circa un quindicennio, solo tre anni fa ha però pubblicato un lavoro interamente dedicato allo yoik, “Nieguid duovdagat”, che in Finlandia si è meritato il titolo di “album folk dell’anno 2021”. Da poche settimane è disponibile “Bálvvosbáik”, che come “Nieguid duovdagat” è realizzato insieme a Ilkka Heinonen al jouhikko (la lira ad arco careliana) e a Turkka Inkilä (musica elettronica e shakuhachi, il flauto di bambù giapponese) e vede, travalicando i confini tra le discipline artistiche, il contributo dell’artista visuale Marja Viitahuhta, le cui opere fotografiche corredano la bellissima la grafica dell’album. Affiancare allo yoik, che tradizionalmente è eseguito senza accompagnamento (al massimo un tamburo) suoni elettronici, strumenti etnici di lontana provenienza e, infine, mettere il tutto in relazione con foto e video, ha prodotto un risultato affascinante, in cui la contemporaneità si lega a elementi dal carattere ancestrale, appartenenti a un substrato culturale ed emozionale in fondo comune a culture di tutte le latitudini. Bálvvosbáiki significa “culto”, ma anche “adorazione” o “devozione”, ed oltre che dell’album è il titolo della terza traccia, la cui presentazione descrive con chiarezza lo spirito dell’intero lavoro: “Viaggiamo sentendo che i nostri antenati sono con noi. Siamo di passaggio qui, mostrando rispetto per la terra, così come per le persone, gli animali, le piante e il mondo invisibile. Coloro che sono venuti prima di noi e quelli che ci seguiranno ci accompagneranno attraverso le stagioni. Al nostro arrivo chiediamo il permesso di entrare e restare. Quando andiamo via ringraziamo per avere avuto la possibilità di fermarci in questo luogo di devozione”. Scorrendo i titoli e le descrizioni dei singoli brani si nota anche che la maggior parte di essi hanno come argomento la natura, e le divinità tradizionali che di essa sono sovrane e ordinatrici: “Eanan”, cioè la “Madre terra”, di cui ormai fatichiamo a capire i ritmi a causa della crisi climatica, tanto da rivolgere preghiere a Biegg´olmmái, il dio del vento, perché nuovamente soffi sulla tundra e mitighi i caldi inverni (“Njáhcu”). In alcuni yoik Ánnámáret sembra poi porsi e porre delle domande: nel Sápmi (il territorio dei Sámi, amministrativamente suddiviso tra Finlandia, Svezia, Norvegia e Russia) sono ancora presenti le antiche dee Áhkká (“Áhkát”), cioè Sáráhkka, Juhksáhkka e Uksáhkka? Il potere di “Sieidi”, la pietra sacra, è rafforzato dal canto? In altri brani sembrano svelarsi il potere e la multiformità degli yoik: con essi si può fermare il tempo e avere così modo di ricercare in noi l’essenza delle cose (“Ozus”, cioè “Searching”); ci si può rivolgere agli antenati (“Vuoinnat”); si può entrare in relazione con la natura sino ad immedesimarsi negli animali, siano essi renne (“Vuosttaš Eallu”) o un daino (“Čuoivvatáldu”). Con gli yoik si può anche cantare ed essere il dolore e la nostalgia di chi, oggi come ieri, allontanatosi dai luoghi amati, non li può più raggiungere (“Mearrariika”, cioè “Le coste”). La voce di Ánnámáret a tratti è grave, in altri sale di tono, oppure sussurra, rallenta fino farsi mantra, assume un carattere onirico, esprime gioia, calma, o energia. La musica la asseconda ed insieme ad essa sono tessuti e riannodati legami semantico-musicali sia con le radici culturali sámi che con altre culture di matrice pastorale, dall’Estremo Oriente all’America, dall’Africa al Mediterraneo. 


Marco G. La Viola

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