Sono molti i punti di interesse di “Romanó Basadipé’”pubblicato nel 2024 da Compagnia Nuove Indye, un progetto discografico dell’Alexian Group di Santino Spinelli, poliedrico fisarmonicista, compositore, poeta saggista, docente universitario, nonché padre del talentuoso Gennaro Spinelli, eccellente violinista che lo coadiuva da par suo in questo lavoro. Innanzitutto vi è la valorizzazione di un patrimonio musicale come quello Rom, inteso non come un repertorio di puro intrattenimento ma come autentica risorsa culturale che, durante il periodo delle cosiddette ‘scuole nazionali’ dell’Ottocento, è stato linfa per molti grandi compositori, basti pensare solo alle danze ungheresi di Brahms o alle rapsodie di Listz. Il disco è stato presentato al Teatro alla Scala di Milano il 10 aprile 2024 nel corso di un evento storico per le culture Rom e Sinti, insieme ai Solisti dell’Orchestra della Scala ed ai solisti dell’Orchestra Sinfonica Gioacchino Rossini di Pesaro, che hanno eseguito un repertorio di musica Rom, sia di ispirazione classica che composizioni originali. In altre parole la musica Rom è approdata in quello che è il tempio della musica d’arte e che ultimamente si sta aprendo a varie esperienze musicali, non solo, ma lo ha fatto utilizzando strumentisti della sua orchestra insieme con solisti del conservatorio di Pesaro. Davvero un fatto esemplare che indica come sia tempo di abbattere le barriere tra etichette di genere. Altro tratto importante del lavoro è la promozione di un’identità musicale forte, a cominciare dall’aspetto della music family, passando poi per l’affermazione del territorio di provenienza dei due artisti di origine Rom, l’Abruzzo, in particolare della città musicale di Lanciano che ha regalato al mondo Fedele Fenaroli e i famosi corsi internazionali di formazione orchestrale (per me e non solo, ormai un lontano ricordo!).
Il programma inizia con “Giulia”, un brano di profonda atmosfera basato sul circolo delle quinte e introdotto da un delicato tema, subito dopo rafforzato da terze e ripreso poi dai vari strumenti. Segue ‘Dance Rom’, una tipica danza in stile romanì che comincia con un tema corale suonato da tutti gli strumenti per sfociare in un convincente interplay improvvisativo degli strumenti solisti. Segue una rumbeggiante versione del famoso tema di “Bella ciao”, esposto a turno e variato da uno strumento mentre gli altri contrappuntano virtuosisticamente. Il brano successivo ‘ danza romani' ha inizio frigio che ricorda come i rom siano giunti in Andalusia contribuendo alla nascita del flamenco. Con “Minor Swing” ci si sposta negli States con un tipico andamento swing anni trenta infarcito da sonorità balcaniche. ‘Echi d'Oriente’ è basato su di un ostinato che incastra una melodia nel registro acuto contenente l'intervallo di seconda eccedente, emblema paradigmatico della musica medio-orientale. Ancora un brano di repertorio è “Oci Ciornie”, dall’inizio sinfonico, che ricorda quello della rapsodia ungherese n.2 di Listz. Viene poi introdotto il tema, uno dei più strazianti di tutta la musica russa, che viene poi trattato nella più consolidata forma del tema e variazioni, presentando ora un valzer da balera ora una rumba o un tico-tico: puro divertimento che nella dimensione live deve raggiungere dimensioni istrioniche. ‘Alba balcanica’ è un brano dall’andamento moderato nel pieno stile Romanì. Sorprendente è invece “Habanera Romaní” dove, un colpo di gong sullo sfondo della darabuka e di altre percussioni- che ricorda l’inizio dell’intenso “Sirba” – annuncia la famosa habanera della Carmen di Bizet, una danza popolare che dopo essere passata per le vie dell’operà comique ritorna qui ad essere popolare. Una riuscita commistione che giustifica ancora la presenza alla Scala di questo progetto perché, come dice Roberto Leydi, la Musica (con la emme maiuscola) è proprio quella che nasce dal popolo. “Erdelezi” e “Romanì Dives” hanno un’atmosfera da fiesta tra il balcanico e il gitano, al contrario “Tsigaynerlid” è un brano dall’umore e dalla struttura tipicamente klezmer. Comincia con uno struggente tema della fisarmonica con ritmo non misurato per poi scivolare nel tipico accelerando, alternandolo al tactus lento. Con “A mri romní, a mre ćhavé” si ritorna al mondo andaluso con il tipico tetracordo discendente frigio (la,sol, fa,mi); il brano si svolge ciclicamente a mo’ di basso di passacaglia in cui alle strofe del canto si intercalano delle improvvisazione strumentali.
Un lavoro da ascoltare ma anche, (perché no?), da ballare, in cui una comunità romanì italiana di antico insediamento si interfaccia con generi e stili musicali del mondo.
Francesco Stumpo
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