Questa pubblicazione monografica, in formato libro-disco, è il terzo volume della collana “Memòria en Partatge” pubblicata da Pirèna Immatèria, un'associazione di cantori e cantatrici dei Pirenei occitani, che dal 2020 è impegnata nel promuovere il patrimonio culturale immateriale occitano. I precedenti volumi hanno riguardato i canti raccolti in Bigorre da Xavier Ravier tra il 1956 e il 1962 e il cantore Simon Crampe e la sua famiglia di pastori canterini di Gèdre-Gavarnie.
Con approccio etnomusicologico, l’associazione organizza eventi culturali divulgativi rivolti a un ampio pubblico, produce ensemble musicali e pubblicazioni editoriali. In pochi anni, Pirèna Immatèria è diventata centrale nel campo della trasmissione e della promozione del patrimonio vocale e culturale dei Pirenei, concependo la tradizione come un costante invito a creare e proponendosi come attore di portata contemporanea sulla scena culturale e artistica. I suoi progetti sono sostenuti dalla DRAC e dalla Regione Occitania.
Pascal Caumont, professore di musica tradizionale al Conservatorio regionale di Tolosa, il quale con Gilbert Peyrot e Joan-Loís Levit aveva pubblicato, per lo stesso editore, “Cantar en Pireneus: Le chant dans les Pyrénées” (2019), sulla presenza del canto polifonico in area occitana, in fase di forte ripresa (è insegnato al Conservatorio di Tarbes, per esempio) dopo una fase di forte declino nella seconda parte del Novecento. Oggi il canto polifonico dei Pirenei risuona nelle feste locali, nei locali, nei concerti, nei dopo concerto e nei rifugi di montagna. I suoi praticanti sono riusciti a conservare un repertorio di diverse centinaia di canzoni, ma lo hanno anche arricchito incorporando nuove creazioni che sono rapidamente diventate dei classici. Ne sono un esempio i festival di canto tradizionale di Siros nel Béarn e di Ibos nella Bigorre dove si sono rivitalizzate la trasmissione e la pratica del canto.
Con questo terzo volume monografico sottotitolato “una voce dalla montagna di Bigorre”, Caumont ci porta all’ascolto del canto di Joan-Lois Lavit, nato nel 1959 a Lourdes in una famiglia guascone di lingua occitana, con la madre insegnante di scuola elementare e il padre operaio. Lettore di fumetti e di fantascienza americana, Levit scopre la letteratura occitana e l’occitanismo a 17 anni, alla fine degli anni '70, presso l’Ecole Occitane d’Eté con l’Institut d’Etudes Occitanes. Specializzato nell'insegnamento dell'occitano nelle scuole pubbliche dal 1982, ha iniziato a scrivere all'inizio degli anni '90. Parliamo, dunque, di una figura preminente della cultura occitana contemporanea, nella cui vita il canto è stato una presenza costante coltivata con dedizione. Stralci di interviste, realizzate da Anne Enjalbert nel 2019, disvelano le fasi di apprendimento e di iniziazione al canto comunitario. Padroneggiando un vasto corpus di canti, Lavit è portatore di un sistema musicale acquisito secondo le modalità di tradizione orale: ascolto, memorizzazione, acquisizione progressiva di melodie, di differenti vocalità, di varianti testuali, di variazioni melodiche, di ornamentazioni. Alla parte introduttiva su Lavit redatta in francese e occitano, segue l’antologia dei ventinove testi (sempre bilingue) dei canti, molti in versioni inedite, presentati nel CD audio, raccolti da Caumont tra il 2005 e il 2023. Si tratta sia di canti tradizionali sia di alcune composizioni d’autore, tra le quali due dello stesso Lavit, di cui una recitata, eseguite in forma monodica e in alcune tracce polifoniche insieme a Tresià Pambrum, Nadèta Carita e Yvon Carita. Purtroppo i canti non sono introdotti da note di presentazione, che sarebbero state molto utili.
Scrive Caumont, “In contrasto con una cultura che si concentra in gran parte sui ritorni economici, le registrazioni qui presentate portano una porzione di canto e di cultura creata dalla fertile immaginazione della gente di montagna nel corso di molte generazioni, senza privarsi di contributi e scambi. La grandezza e la bellezza delle canzoni cantate da Jean-Loís risiedono nelle loro molteplici dimensioni culturali, temporali, sociologiche e antropologiche. La memoria profonda della società pirenaica (sia essa occitana, basca, aragonese o catalana) si nutre di questi ritmi, di questi suoni, di una libertà sinuosa e di una flessibilità permanente, unite a una poesia di grande capacità immaginativa, a un profondo rispetto per la natura, a un grande rispetto per il genere e per le differenze umane. Comprende un rapporto tra natura e cultura diverso da quello ereditato dalla filosofia occidentale” (p. 14).
Oltre alla musicalità della lingua, all’evocazione di luoghi naturali di questa parte fascinosa dell’Esagono, si apprezzano il fraseggio, le ornamentazioni di questa presenza di spicco della cultura pirenaica.
Ciro De Rosa