Timothée Le Bour | Youen Bodras – Daou ribl (Paker Prod, 2024)

Timothée Le Bour (sassofono alto e soprano) e Youen Bodras (organetto diatonico) suonano insieme da quando non avevano ancora raggiunto la maggiore età. Il duo del Trégor, in aprile, ha pubblicato presso l’etichetta Paker di Concarneau, questo quarto disco "Daou ribl" (Due rive), invitando Jérôme Kerihuel (percussioni), Rozenn Talec e Juliette Minvielle (voci) e Lukaz Nedeleg (recitazione). Incessantemente impegnati a condurre alla trance collettiva i danzatori delle festoù-noz regionali, in coppia sono stati in passato vice-campioni di Bretagna (Championnat des sonneurs a Gourin 2008). Ma si sono esibiti anche in concerto sia in duo che in quintetto, all'interno di vari festival musicali europei (italiani compresi), pubblicando dischi in entrambe le formazioni. Timothée Le Bour è un autodidatta del sax, ha iniziato a sei anni con l’organetto diatonico (grazie agli insegnamenti dello zio Daniel Le Feon), più congeniale alla musica tradizionale, anche se non strumento-simbolo di Bretagna. Dopo aver fondato l'amatoriale gruppo Mosso negli anni liceali, vincerà il Kan ar Bobl nel 2004 in duo con il fisarmonicista Thomas Le Gallic e dal 2006 si unirà quindi a Youen Bodros. La sua curiosità e probabilmente i buoni consigli di Erik Marchand, lo porteranno a recarsi a studiare a Caransebes (Banat, Romania) con due grandi maestri del taragot, (strumento di origine ungherese): Costica Olan e Dany Lova. In effetti nel 2010 Timothée prende parte della terza incarnazione del Kreiz Breizh Akademi dove sviluppa l'apprendimento di nuovi suoni basati sulla comprensione della scala modale. Nell’occasione approfondisce anche la musica improvvisata e collabora con il grande bazar della Fanfare Rambalh, una trentina di musicisti comprendente membri di un paio di gruppi occitani: quello polifonico-percussivo al femminile de La Mal Coiffée (Le Spettinate) e l'altro denominato Du Bartas (Cespuglio), creatore di un meticciato linguadoco-mediterraneo, che si muove tra onde di cronaca sociale e poesia libertaria. Completano il collettivo musicisti appartenenti a La Mano Negra (il cui leader storico era Manu Chao) e Têtes Raides, gruppo rock capace di frullare testi surrealisti e poesia a radici punk o musiche da circo. Ma Timothée prende parte soprattutto ad alcuni tra i più talentuosi gruppi attuali bretoni come l'avanguardistico sestetto etno-jazzistico Charkha, nato attorno alle composizioni ipnotiche e senza frontiere del flautista Gurvant Le Gar, con l'apporto del canto di Faustine Audebert (La Couleur De L'Orage, 2012 - La Colère De La Boue, 2018) ed entra nel quartetto 'Ndiaz (omonimo, 2013 - Son'Rod, 2017 - La Brune, 2023 - quest'ultimo invero un po' penalizzato dall'eccessivo uso dell'elettronica). Senza dimenticare un paio di notevoli progetti legati alle abilità della voce femminile: il Nør Quartet che ospita la cantante tradizionale siciliana Maura Guerrera (Tra Mari, 2024) e il Talec-Noguet Quartet (Dindan Dilhad Dindan, 2019). Per ciò che concerne invece Youen Bodros, suona anche lui l'accordeon fin da bambino, in quel di Lannion ha appreso dallo stesso zio di Timothée, oltre che da Bernard Lasbleiz. Gli studi musicali e il canone di licenza gli hanno permesso in seguito di studiare classica e jazz all'Università di Musicologia di Rennes e di ottenere il diploma in musica tradizionale nel 2012. Ha ugualmente vinto il Kan ar Bobl nel 2000. Lo si ritrova in varie formazioni: la jazz-balcanica Multumesc, il duo con il violinista Elouan Le Couls, quello con il sassofonosta Yann Ewem L'Haridon o, più recentemente, con la giovane cantante Marie Berardy. Grazie a corsi professionali quali la benemerita (e tutt'ora attiva e in costante rinnovamento, malgrado la separazione da Erik Marchand) Kreiz Breizh Akademi, in Bretagna una nuova abile e preparata generazione è sorta. Ha anche entusiasticamente portato a molteplici unioni multiculturali, dalla mente aperta sulle musiche del mondo. Assemblaggi inediti hanno preso vita che, come confluenze di corsi d’acque differenti, finiscono per offrire un fiume ampio e profondo in seducente osmosi musicale. Una serie di riflessi abbaglianti e flussi a cascata che descrivono nel loro insieme, il cammino futuro di un vitale suono bretone che non dorme certo sugli allori, in perfetto stile celtico. Vieppiù mi verrebbe da affermare che in terra armoricana, il livello musicale qualitativo e professionale, non sia mai stato elevato quanto in questi ultimi anni. L’occitana Juliette Minvielle è anche lei, cantante che non si pone limiti e amante delle lingue: la troviamo infatti esibirsi in altre occasioni, oltre che in guascone, anche in italiano e in arabo, su ritmi brasiliani, d’arpa o di pianoforte. Nondimeno l’autrice e cantante di kan-ha-diskan, Rozenn Talec (figlia di Jean-Claude Talec, storico cantante tradizionale e cultore del repertorio di Centro-Bretagna) che compariva pure nel precedente disco di Le Bour/Bodros, offrendo, tra l'altro, un’intensa interpretazione del leggendario e tragico gwerz "Iwan Gamus" (che ricordiamo, tra gli altri, dalla voce di Erik Marchand e Denez Prigent), proveniente dal repertorio di Madame Marie-Josèphe Bertrand (1886-1970). "Daou ribl" è stato registrato nello studio “Streat ar Skol” a Saint-Cadou (Finistère) e si compone di tredici tracce (undici originali e due riprese) che comprendono scottish, ronds de Loudéac, cercle circassien, gavotte, valzer, plinn, rond de Saint-Vincent, in formato ridotto per l'ascolto in un cd. Musica sia da danza che d'ascolto per qualità strutturali sonore e per sofisticato approccio compositivo, tutte create e arrangiate dal duo Timothée/Youen. I quali giungono a quest'ultimo disco dopo a "Deus Pelec'h E Teu An Avel" (2011), "5" (2014) e "Chadenn" (2016). Trattasi di una proposta prevalentemente musicale ma al suo interno lingue guascone e bretone dialogano, intrecciando le corde vocali di Juliette e Rozenn in "Nadar Neuial" che accoppiate e dinamiche, offrono un testo bilingue da loro stesse composto. Questo vagabondaggio sonoro all’interno dell’Esagono, appare collegamento con l'immagine di copertina, dove toni smaltato-rosso di rami si curvano dagli argini su specchi d’acqua e onde di fiumi bretoni o di altrove (“il soffio nell’acqua, respirare inspirare, espirare, nuotare nel blu dell’acqua con un dolce bacio di perle, non ferire l’acqua, i banchi di pesci, tuffarsi nell’acqua corrente, nuotare il profondo del silenzio, entrare nel mondo muto...”). Il secondo brano comprendente un testo, si intitola “La Bascule” ed è composto da Lukaz Nedeleg. Le parole dell’attore e cantastorie di Brest (ma attualmente vive a Glazig, in fondo alla baia di Douarnenez) descrivono in dizione francese-bretone, le consonanze estetiche della sua surreale poetica (“due rive si spalleggiano a vicenda, un ponte segue l'altro, uno allunga i propri sostegni per i carri di fuoco, l'altro rimprovera l'alba di bruciare per vecchi passanti che sbirciano le barche sotto gli archi, liberandosi dalle correnti, le reti e le cinghie qui sono per la caduta delle pietre. È passato molto tempo dall'ultima volta che i pesci se ne sono andati. Due sponde, un tipo, due ponti, passare, ripassare all'infinito, carri di fuoco, capre di ferro, camminatori degli anni inghiottiti dalla corrente del porto…”). L’ottavo brano del cd “A La Tor De Marmanda” è un tradizionale tratto dal secondo volume occitano di Canti Popolari del Béarn (Guascogna), pubblicato nel 1936 con testi tradotti, annotati e armonizzati da Gaston Mirat e illustrati da Ernest Gabard (“nella torre di Marmanda c’era un bel prigioniero, nessuno va a rendergli visita, solo la bella Jeanne, la figlia del carceriere gli porta da bere e da mangiare…”). La lingua utilizzata in questa occasione da Juliette Minvielle è un occitano-bearnese proveniente da questo paese estremo francese, a nord-ovest dei Pirenei dove prima della conquista romana, la popolazione era di lingua celtica. È suggestivo, in effetti, che il tema (nonostante una differente melodia), ricordi assai da vicino la celebre canzone bretone “Les Prisons de Nantes” portata al successo dai Tri Yann e diventata un hit della musica folk grazie a quel suo irresistibile “l'ann didou didou d'ann didou di l'ann di l'ann didou didou d'ann”.


Flavio Poltronieri

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