Sorel Eta, L'université de la forêt. Avec les Pygmées Aka, Presses universitaires de France/Humensis 2022, pp. 181, Euro 13,00

Se è dal 2003 che il canto polifonico dei Pigmei Aka – cacciatori-raccoglitori stanziati principalmente nelle selve tra il sud della Repubblica Centrafricana e la regione settentrionale della Repubblica del Congo – è entrato ufficialmente nella Lista UNESCO dei Beni Culturali Intangibili dell’Umanità, va riconosciuto come da tempi antecedenti questa espressione canora della popolazione dell’Africa equatoriale abbia esercitato l’interesse di illustri studiosi e compositori, tra i quali, in ordine sparso, ricordiamo Christian Wolff, Simha Aron, György Ligeti, Pierre-Laurent Aimard e Herbie Hancock. Nell’aprire questo suo scritto, Sorel Eta spiega con fierezza: “Ho imparato molte cose che hanno contribuito a farmi diventare etnologo. Sono un autodidatta, ho iniziato a studiare subito dopo la maturità. È un'esperienza che possono fare in molti. All’Università della Foresta si possono imparare cose che non si possono imparare in un'università tradizionale. Quindi, per me, è un modo per salvaguardare questa scuola, che è una delle ricchezze dell’umanità, perché se da una parte c'è l'università convenzionale e dall'altra l’università della foresta, questo fa parte della diversità, e tutti sappiamo che la diversità è una ricchezza”. Prefato da Dominique Bourg, filosofo franco-svizzero specialista di questioni ambientali, e articolato in dodici capitoli, il volume si colloca fuori dallo scritto della cerchia accademica, ma è un’etnografia che ripercorre la storia dell’incontro e della reciproca conoscenza tra Sorel Eta e un gruppo di Aka congolesi. Iniziamo col dire che Eta è un bantu, il gruppo linguistico dominante in Congo non scevro da forti pregiudizi nei confronti dei pigmei. Cosicché questo è il racconto di uno “studente della foresta” e del suo progressivo avvicinamento agli Aka; una via iniziatica che conduce un’amicizia duratura. Perché Eta, nel tempo, è diventato il manager del gruppo musicale Ndima (“foresta”, nella lingua degli Aka) che si esibisce a livello internazionale, facendo conoscere la complessa espressione canora polifonica, padroneggiata da tutti i membri della comunità. Sono musiche dedicate agli spiriti, ai rituali per la caccia e a quelli di guarigione, ma sono anche canzoni di cordoglio, di intrattenimento, legate a pratiche di divinazione e ad altri aspetti delle relazioni sociali. Eta ha incontrato gli Aka con continuità a partire dal 1996; pur non avendo un background di studi antropologico culturali, ha combinato osservazione, ascolto e apprendimento. A ventisei anni da quel primo incontro (il libro è stato pubblicato nel 2022), Eta documenta i passaggi della sua esperienza sul campo, accompagnandoci nell’intimità della foresta vissuta dagli Aka in un rapporto praticamente simbiotico. Il testo si popola non solo delle polifonie pigmee ma anche della documentazione di pratiche di caccia e di raccolta del miele selvatico, di credenze religiose e di rituali, di analisi delle relazioni di genere e di dinamiche interne ed esterne alle comunità pigmee. Nel loro ambiente silvano, gli Aka hanno sviluppato conoscenze e capacità in molti campi, tra i quali non va di certo dimenticata la farmacopea. “Sono stato adottato dagli Aka. Mi hanno accettato nel loro ambiente, mi hanno insegnato molte cose, sia visibili che invisibili, ed è questo che mi ha permesso di scrivere con facilità questo libro”, commenta ancora l’autore. Intermediario e divulgatore di questa elaborata dunque, Eta è – come scritto poc’anzi – anche manager degli Ndima, provenienti dal villaggio di Kombola, situato nella prefettura Likouala della Repubblica del Congo, ensemble musicale più volte visto dal vivo nell’Italia dei festival (tra cui Angelica, Festival del Mediterraneo di Genova e Chamoisic). Si tratta di musicisti, cantanti e danzatori di un organico variabile, tra cui l’eccellente cantante Angélique Manongo, che usano una tecnica vocale contrappuntistica, appresa oralmente fin dalla prima infanzia. Fanno uso dello yodel, con un'alternanza tra voce di testa e di petto, si accompagnano con il battito delle mani ma suonano anche strumenti come l’arco a bocca mbela, l’arpa cetra mondoumein, il tamburo ndoumou, il flauto mobio e l’arpa kundé 1. Nella parte finale del suo lavoro Eta, che ha allestito anche un piccolo museo etnografico in un sobborgo della sua città natale, la capitale congolese Brazzaville, manifesta tutta la sua preoccupazione per il rischio che il patrimonio dei popoli autoctoni Aka, una ricchezza per il Congo, l’Africa e l'umanità tutta, vada perduto. Denuncia la fragilità del mondo dei pigmei di fronte allo sfruttamento agr icolo e forestale, al land-grabbing ad altri fattori che stanno minacciando l’unicità delle comunità Aka. “L’université de la forêt” è un’opera coinvolgente, che intreccia l’esperienza personale dell’autore con la sua ricerca sul campo, permette di entrare nella complessità e singolarità culturale degli Aka, offrendo la testimonianza di un incontro profondo, centrato su mutua comprensione e rispetto. 

Ciro De Rosa

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1 Oltre agli storici documenti dell’etichetta discografica francese Ocora, pubblicati intorno alla seconda metà degli anni Ottanta e più volte ristampati, tra le registrazioni più recenti segnaliamo il CD Ndima – “Makingo ma ndina/ Les voix de la forêt” (Ndima 2015) e “Days full of Sound. Life in the Rainforest” (I Dischi di Angelica, 2021), un doppio CD, di cui il primo dedicato ai Pigmei Mbenzélé, il secondo agli Aka.

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