Coanda – Le vite altrove (AngappMusic, 2024)

Coanda è il nome che unisce tre sillabe (al lettore il compito di scoprire quali) dei nomi di Cosimo Lamanna (il poeta), Marcello Colaninno e Toni Dedda (i musicisti): tre artisti che hanno scoperto – giocando con le lettere – che coanda è in realtà un effetto della fisica, quello per cui, se mettete un cucchiaino sotto un getto d’acqua, vedrete l’acqua seguire la curva del cucchiaino stesso. Per molti può sembrare scontato, ma lo è solo perché siamo semplicemente abituati a vedere, per esempio, i nostri capelli spostarsi seguendo il getto del phon, o a vedere come le parole aderiscano in maniera naturale agli accordi di una canzone. Ma non è scontato per niente. E, in più, la differenza tra un phon, un cucchiaio e la musica sta proprio nel fatto che in quest’ultimo caso, per raggiungere l’effetto coanda tra note e parole, bisogna avere sapienza, capacità, senso del ritmo e della melodia. Se poi a cimentarsi in questo gioco è un poeta, il discorso si fa ancora più complesso. Perché scrivere una poesia è molto diverso che scrivere versi per una canzone e l’incontro tra le due arti non sempre risulta felice. In Le Vite altrove, il disco d’esordio di questo collettivo dall’anima pugliese (pugliesi di sangue sono i musicisti, d’adozione il poeta) l’esperimento sembra riuscito e l’effetto coanda davvero naturale: le parole di Cosimo cantate da Marcello si adattano e seguono con eleganza le curve melodiche. Siamo in pieno nel mondo della canzone d’autore: la più classica, la più nitida, la più evidente, la più pulita, addirittura la più rassicurante. Partiamo quindi dagli arrangiamenti di Toni Dedda: non banali, assecondano il senso e l’andamento delle parole, le virgole potremmo dire, e anche i sentimenti sottesi. Questo nelle canzoni non è così facile da prodursi, ma qui siamo invece – lo ribadiamo - in un mondo pulito, dove i suoni risultano sempre impeccabili e sanno dare risalto all’idea del testo; in poche parole: si colmano di speranza, si fanno introspettivi, si spalancano e diventano ariosi, si ingrigiscono. Non sono mai scontati. Si passa dagli archi all’elettronica con agilità, in alcuni momenti con leggiadrìa. Marcello Colaninno poi canta e accompagna tutto elegantemente, col suo timbro classico e la sua intonazione impeccabile. E le parole? Partiamo dal senso stesso del titolo: le vite devono essere altrove perché si possano incontrare ed è questo l’assunto non solo del disco, ma anche dello stesso sodalizio tra i tre artisti, che proprio incontrandosi altrove dalla vita consueta hanno trovato uno spazio di condivisione nuovo per dar respiro a nove storie intime; un’intimità che non diventa mai individualismo. In ogni passaggio di questo lavoro, infatti, c’è l’affaccio al mondo, perché è un’illusione ottica pensare di potersi occupare solo della propria vita, dei propri affetti, dei propri amori e malumori, dei propri lutti, senza tenere conto di tutto ciò che ci circonda e ci vive addosso. Anche nei brani in cui non sembra, noi riusciamo a scorgere cielo, persone, mondo e rumori magari solo affacciandoci da una finestra. E in fondo questo è il segreto dei poeti come Cosimo Lamanna. Ci sono alcune canzoni che si distinguono in particolare: una è la title track, che è proprio la sintesi di quanto detto fino ad ora. Bisogna immaginare, ascoltandola, di trovarsi esattamente affacciati a quella finestra, guardando tante vite sfiorarsi, passare, correre, soffrire, sognare. E in quell’incontro banale c’è tutta la coincidenza su cui si basa ogni vita. Alla fine del brano la voce dell’argentina Marisa Martinez Persico legge un passaggio di una sua poesia. Dal brusìo della gente, quindi, alla consapevolezza delle parole. Altro pezzo da segnalare è Immaginare un amore, che al di là del titolo (o intorno al titolo) parla di Taranto e del suo destino di terra meravigliosa e tradita. Cosimo si lascia ispirare dal componimento di un’altra artista, Mara Venuto: il dolore di una città che somiglia a un amore difficile e che però forse ha ancora una possibilità: ce lo suggeriscono i suoni delle musiche di Colaninno e Dedda. Ultimo brano che vogliamo segnalare è quello che apre l’album, la vita che volevi. Qui Lamanna gioca con l’arcinota poesia di Kipling “Se”, che però allarga le vie che ci portano ad essere umani, anche agli angoli scuri della vita e al coraggio di riconoscerli e affrontarli. In definitiva un bell’esordio per questo collettivo non di giovanissimi, ma di gagliardi amanti delle cose belle e del loro incanto. Per la prossima volta però li sfidiamo a rendere meno impalpabile la propria idea di arte: la spinta alla perfezione nei suoni, la voce sempre certa e diritta, la flessibilità dell’incedere lirico delle parole, rischiano infatti di passare dall’effetto coanda all’effetto rarefazione. Si rischia cioè di perdere la strada, di non ritrovare l’inizio, di lasciarsi andare su un canotto nell’acqua calma. Un po’ di sporco, una stonatura, una dissonanza, uno scarto all’improvviso, un arco di meno quando proprio te lo aspetti a volte possono fare la differenza tra l’ottimo e l’eccellente. Consigliatissimo. 


Elisabetta Malantrucco

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