Polistrumentista e compositore, Michele Lobaccaro è un artista poliedrico in grado di muoversi abilmente attraverso ambiti musicali e forme espressive differenti, animato dalla costante tensione verso l’esplorazione del multiculturalismo e della ricerca di connessioni spirituali e musicali fra Oriente ed Occidente. Dopo aver fondato, alla fine degli anni Ottanta, il progetto Al Daravish con l’amico Nabil Salameh, ha proseguito il fortunato sodalizio artistico con quest’ultimo dando vita, nel 1997, ai Radiodervish, formazione considerata uno dei primi esempi di world music in Italia, nella cui cifra stilistica si intrecciano canzone d’autore e sonorità mediorientali e con i quali ha pubblicato oltre quindici album tra cui meritano una citazione i più recenti “Il sangre e il sal” del 2018 e “Classica” del 2019. Parallelamente all’attività con il gruppo, ha realizzato l’opera “Un'ala di riserva. Messa laica per Don Tonino Bello”, successivamente cristallizzato in un album in cui compaiono come ospiti Franco Battiato e Caparezza, mentre nel 2015 ha fondato la Skanderband con cui ha dato alle stampe il disco “Skanderband. New Arbëreshë Albanian Music”. Non trascurabile è anche la sua attività di agitare culturale come ideatore e curatore della manifestazione e premio al dialogo “Tre volte Dio”, incontro internazionale letterario e musicale tra le tre grandi religioni del Libro: Ebraismo, Cristianesimo e Islam, e dei Festival Viator - menti cuori e corpi lungo le vie Francigene del sud e Dosti-Festival delle arti e delle culture religiose dal quale è nata la prima orchestra interreligiosa italiana. Lo abbiamo intervistato in occasione della pubblicazione di “Navigazioni intorno al Monte Analogo”, sua opera prima come solista.
Partiamo dalla tua esperienza con i Radiodervish con i quali hai incrociato la ricerca in ambito world con la canzone d'autore. Come si è evoluta negli anni la tua scrittura e quanto sono stati importanti per le varie collaborazioni che avete messo in campo negli anni a partire da quella con Franco Battiato?
Credo di poter dire che nelle varie fasi, ho sempre tenuto conto del contesto in cui mi trovavo ad operare. Il tutto si è alla fine incrociato con un percorso personale di lavoro su di sé. Nei Radiodervish la scrittura è sempre stata quella che teneva conto della provenienza di mondi diversi che si confrontavano nella fase compositiva. Nelle canzoni si riversavano stilemi diversi culturalmente, i quali andavano ad interagire nella trama sia sonora che letteraria. Sicuramente questo approccio mii ha aperto a un vasto mondo fatto di storie, simboli che man mano hanno Innervato è condizionato. La scrittura. Detto questo, naturalmente la cosa che contraddistingue il nostro laboratorio Radiodervish rispetto al resto della World Music, Una categoria che he a noi sta un po’ stretta, è l’attenzione al testo e al racconto che traspare. In questo abbiamo attinto ad un bacino, soprattutto Mediterraneo, che spesso è stato generoso di suggestioni che ci hanno aiutato a concepire dei particolari concept album. Le collaborazioni con Franco Battiato e i CSI, che hanno prodotto il nostro primo disco, sicuramente hanno inciso sulla nostra scrittura ma anche i vari ascolti e frequentazioni di cantautori sia occidentali che mediorientali. Del resto “Navigazioni intorno al Monte Analogo” è in linea con questa idea del racconto di viaggio che innerva la letteratura mediterranea fin dai tempi di Omero.
A Franco Battiato avete dedicato anche lo splendido concerto tributo "No Time No Space" che avete portato in tour. Cosa ti colpisce delle sue canzoni sotto il profilo cantautorale e della ricerca musicale?
Franco Battiato è giustamente riconosciuto come un genio musicale. Egli è un artista autentico in quanto ha strettamente legato il suo percorso di crescita spirituale alla creazione artistica. È colui che di più ha espresso nel nostro paese una sensibilità. mediterranea. e ha percepito, prima di molti altri, il carattere sempre più interconnesso del mondo in cui stavamo vivendo. Questa caratteristica lo ha portato a sperimentare nuovi percorsi, no solo in ambito musicale, ma anche in altri territori artistici. Questo lo ha reso un vero e proprio artista rinascimentale della nostra epoca.
Quanto il rapporto con Franco Battiato ha caratterizzato il tuo approccio alla scrittura?
Credo che abbia influito molto sulla scelta di alcune tematiche, per esempio il libro di René Daumal “Il Monte analogo” mi è stato suggerito da lui. Mi ha insegnato anche un certo gusto per la melodia e nessun compromesso con il pubblico in fase di ricerca e realizzazione. Poi sicuramente un interesse per gli aspetti più interculturali e spirituali che possono essere indagati anche nella forma canzone.
Parallelamente alla tua attività con i Radiodervish hai dato vita al progetto Skanderband. Ci puoi raccontare questa esperienza? Ci sarà un seguito?
La musica albanese fin dai primi viaggi fatti all'inizio degli anni Novanta, mi ha subito conquistato per la sua bellezza e la sua varietà, perché contiene in sé codici antichi che provengono dalle varie commistioni
che si sono sedimentate in quella terra a partire dal mondo bizantino per arrivare a quello ottomano.
Il tutto rielaborato da una pratica popolare molto raffinata. Una complessità e un e una profondità estremamente affascinante. In un primo momento mi sono concentrato soprattutto nel dialogo con i musicisti albanesi e italiani di cultura arbereshe, con i quali abbiamo fatto sia concerti che appunto hanno generato questo progetto Skanderband con il relativo disco. Mi auguro che in un futuro ci possa essere Lavoro più dettagliato sulla musica albanese che qui è Ignorata, anche nel panorama della musica tradizionale mediterranea, ma che invece ha una forza per me incredibile.
Veniamo al nuovo album "Navigazioni intorno al Monte Analogo". Com'è nato questo nuovo progetto?
Si tratta di un progetto che ha una genesi molto lunga. Che comincia molto indietro nel tempo circa vent'anni fa, quando Franco Battiato, appunto, mi ha presentato questo libro. Ne sono rimasto affascinato e piano piano sono nati i brani che sono stati suonati, composti rielaborati in diverse fasi con la collaborazione di diversi musicisti e non solo musicisti. A me piace pensare, trattandosi del racconto di una scalata, che questo prodotto finale, questo album, sia alla fine il risultato di una fantastica cordata di Alpinisti non euclidei, secondo la definizione che da Daumal nel suo romanzo.
Al romanzo incompleto "Il Monte Analogo" di René Daumal si ispirano anche "Prati Bagnati dal Monte Analogo" di Raoul Lovisoni e Francesco Messina e il disco "La Montagna Sacra" di Alejandro Jodorowsky. In qualche misura, nelle tue canzoni c'è qualche fascinazione che arriva da queste opere?
Questo romanzo, forse proprio grazie alla sua incompletezza, lancia un messaggio molto aperto che ha Ispirato diversi artisti, i quali in qualche si sono identificati in quel viaggio. “I prati bagnati del Monte Analogo” del 1979 è da considerarsi ormai un cult. Mi ha fatto piacere stabilire un piccolo ponte di collegamento con quest’opera ospitando nel mio disco la voce di Juri Camisasca che è presente anche nel disco di Raoul Lovisoni e Francesco Messina. È un viaggio, quello verso il Monte Analogo, che può essere fatto in tanti modi diversi, proprio a rappresentare la pluralità delle vie che l'uomo può intraprendere alla ricerca di sé.
Ascoltando le nove canzoni di "Navigazioni intorno al Monte Analogo" ho avuto l'impressione di ripercorrere le tappe di un viaggio di ricerca spirituale, un viaggio di allontanamento dal materialismo del nostro tempo per riscoprire sé stessi. Nel tuo percorso artistico la spiritualità ha avuto sempre un peso importante penso al disco dedicato a Don Tonino Bello, in caso quanto c'è della tua spiritualità in questo disco?
In effetti il disco è la restituzione di un percorso di ricerca fatto attraverso la riflessione sulle suggestioni offerte dal romanzo. Cercare il Monte Analogo vuol dire avere il coraggio di dotarsi di un altro sguardo sulla realtà. Avere cioè la forza di guardare il mondo con gli occhi della inattualità. perché se vedessimo il mondo con gli occhi di quest'epoca. non andremmo oltre una illusione materialistica e consumistica. Allora la ricerca spirituale che ti porta a vedere il Monte Analogo, lì dove tutti gli altri non riescono a vedere nulla, è proprio la scommessa di coloro che decidono di imbarcarsi con una nave chiamata “L’Impossibile” alla ricerca di una zona sacra che in una società desacralizzata come quella attuale, viene celata e occultata. Il riferimento alla mia Messa Laica dedicata a Don Tonino Bello è sicuramente calzante nella misura in cui, uno sguardo inattuale era proprio quello che ho trovato nella visionarietà di Don Tonino Bello, il quale riusciva a smascherare le Illusioni della vulgata del potere, proponendo uno sguardo
penetrante e spirituale che apriva nuovi e inediti scenari, smascherando la povertà del realismo ipocrita e riduzionista.
Sotto il profilo musicale come si è tradotto tutto questo negli arrangiamenti del disco? C'è un parallelismo con l'approccio musicale dei Radiodervish?
L’approccio musicale è stato molto personalizzato, nel senso che ho provato a costruire tutto intorno ai limiti e ai pregi della mia vocalità. Un criterio forse naturale per un’opera sostanzialmente cantautoriale. Volevo che i testi e le interpretazioni vocali ricevessero dalla musica il giusto sostegno come se si trattasse di un oggetto di scena al quale l’arrangiamento avesse la funzione di dare luce particolare. La musica, a sua volta, doveva interagire con il senso delle parole e con il canto senza risultare mai invasiva. La lunga e rilassata genesi dell’album mi ha permesso di esplorare varie soluzioni prima di arrivare alla veste attuale.
Quanto è stato importante il contributo degli strumentisti che ti hanno affiancato durante la registrazione?
Ogni compagno di cordata è stato essenziale per la realizzazione. Dall’elettronica curata con gusto e misura alla ritmica e gli arrangiamenti di archi e fiati. In particolare, hanno messo tanto Pippo D’ambrosio alle percussioni e batteria, Domenico Monaco alle trame pianistiche e Francesco Cielo per gli archi e l’elettronica. Poi ho avuto anche un ospite davvero speciale come Giancarlo Parisi con i suoi preziosi interventi di fiati. Anche la fase di missaggio è stata determinante con un lavoro di essenzializzazione del
Dal punto dei testi mi ha colpito molto la visionarietà delle liriche nelle quali si colgono addentellati con il nostro tempo, ma allo stesso tempo c'è uno sguardo verso il futuro, spesso dipinto a tinte fosche come in "Succederà" con i "dogmi nucleari", il "delirio capitalista"...
Le tinte fosche le vedo più appropriate per il presente nella misura in cui ci si rapporta ad esso senza la forza della speranza. Oggi i media tendono a dipingerci una realtà terrorizzante fatta di epidemie, guerre, crisi climatiche ed economiche, e credo che questa sia una trappola a cui l’arte deve cercare di rispondere non confermando questa mancanza di vie di uscita o proponendo delle pure evasioni senza senso. La creatività ha una ragione di esistere oggi perché capace di offrire delle letture ampie, con uno sguardo lungo e non schiacciate su una quotidianità asfittica e deprimente. La funzione dell’intellettuale deve essere quella di aprire orizzonti ad una società sempre più disperata e non di ridondare i discorsi del potere. Per questo mi sforzo di far emergere dalle canzoni visioni che riescano a leggere tra le cose banali un’altra possibilità: inter-legere.
Cosa ti ha ispirato "Le cose passate"?
Questa canzone è stata generata da uno di quegli attimi di presenza che ti fanno cogliere con chiarezza la realtà della finitezza delle cose e, al contempo, la certezza dell’eternità in cui siamo inseriti. Penso sia uno stato che quasi tutti hanno provato almeno una volta nella vita. Ne ha parlato meglio di me Leopardi.
Tra i brani più intriganti c'è il duetto con Nabil in "Sogol" che è uno dei protagonisti del romanzo di Daumal ma in questo caso ci svela l'antica sapienza degli arabi citando, tra gli altri, le opere di Averroè e Avicenna...
“Sogol” racconta il punto di svolta del racconto, in quanto è il nome del personaggio che intuisce con certezza l’effettiva esistenza del Monte Analogo. “Sogol” è il contrario di Logos e rappresenta quello che occorre fare per acquistare una conoscenza superiore dopo aver esplorato e raggiunto i vertici della logica lineare. Per questo nel mantra recitato da me e cantato da Nabil abbiamo infilato, simbolicamente, le perle del sapere occidentale ed orientale per poi far sgorgare un’emozione mistica che diventa quasi una preghiera laica che allude ad altre gerarchie del sapere.
"Il canto degli alpinisti sfortunati" è la metafora dell'uomo che tenta di superare i suoi limiti...
I limiti cantati qui sono davvero molto grossolani, legati all’abitudine, ai fastidi più bassi e alla comune emozione che ci prende quando stiamo per cambiare qualcosa nella nostra vita. Spesso in questi momenti sentiamo una vocina che ci spinge verso il basso, verso la stasi e che boicotta l’intraprendenza del mettersi in viaggio. Questo è un aspetto descritto nel romanzo di Daumal nella forma di un lamento degli alpinisti sfortunati che io ho ripreso in alcune immagini e cantate su una base che ha un andamento da valzer di montagna.
Altro brano emblematico è la distopica "Sfera e Tetraedro". Ci puoi parlare di questo brano?
Questo brano canta di un mito che si è creato lentamente nell’isola dove sorge il Monte Analogo e che è il risultato dell’apporto dei vari miti cosmogonici che le diverse culture portate dai ricercatori che sono riusciti a raggiungere la montagna sacra, hanno fatto confluire e contaminare. Quindi è una specie di meta-mito molto suggestivo che, come ogni mito, parla di noi e della nostra fiaba interiore.
Chi incarnano gli "Uomini Cavi"?
Spesso mi chiedono che cosa siano gli uomini cavi. Ho fatto un percorso con un gruppo di biblioterapia in una struttura dove si lavora sulla salute mentale di pazienti e parenti. Con loro abbiamo letto il libro, e affrontato alcune parti del mio lavoro. E usciva questo aspetto: erano personaggi positivi, e cioè uomini che si sono svuotati delle parole senza senso, di pregiudizi, e sono pronti ad accogliere la luce; o di coloro che sono vuoti, privi di senso e che sono superficiali. A me piace pensare che queste due visioni possano convivere, come appare chiaramente nel testo della mia canzone. Vorrei raggiungere gli uomini cavi, ma anche andare oltre la superficialità. Può esserci questa doppia lettura che poi, in fondo, è il senso della ricerca. Quando si va verso una vetta di una montagna, tutto ciò che è duale tende a diventare uno. In una unicità che va oltre la semplice somma. L’unico resta unico, come canto.
Il disco si chiude con "I Giorni Che Verranno" con Juri Camisasca, un canto per una speranza possibile...
Juri Camisasca ha ascoltato quella canzone, e se ne è innamorato. Ha voluto, grazie a Dio, prestare la sua voce, regalando al brano un significato molto intenso ed evocativo. Un vero dono per l’album chiudere con il suono mistico della vocalità di Juri. Inoltre, mi ha fatto piacere rilevare una particolarità: Camisasca ha cantato nell’album del 1979 “Prati Bagnati del Monte Analogo” di Raoul Lovisoni e Francesco Messina, un disco sperimentale prodotto da Franco Battiato, e questo per me rappresenta la preziosa chiusura di un cerchio.
Michele Lobaccaro – Navigazioni intorno al Monte Analogo (Cosmasola, 2024)
Pubblicato nel 1952, “Il Monte Analogo” è il visionario romanzo, purtroppo incompiuto, del poeta e scrittore francese René Daumal, scomparso prematuramente nel 1944, all’età di 36 anni. L’autore intraprese la scrittura di questa opera, poco dopo aver saputo di essere affetto da una malattia, all’epoca incurabile, e rappresenta una sorta di metaforico viaggio verso il centro della propria interiorità per liberarsi dalle catene dei limiti alla propria realizzazione spirituale. Il racconto, intercalato da storie, miti e canti, narra le vicende di un gruppo di esperti alpinisti che, certi dell’esistenza della vetta più alta del globo, decidono di partire per tentare di raggiungerla, scalarla ed esplorarne la vetta. Dopo essersi imbarcati su una barca, chiamata “L’impossibile”, i viaggiatori compiono un itinerario “non euclideo” per approdare finalmente all’isola-continente del Monte Analogo che parrebbe evocare Atlantide e dove incontrano la popolazione che discende da uomini di tutte le epoche e la cui esistenza è scandita dalla speranza di poter scalare la vetta che li sovrasta. Dopo una breve sosta nel villaggio di Porto-delle-Scimmie, dove si soffermano a scambiarsi considerazioni metafisiche sull’alpinismo, si avviano alla scalata, ma giunti quasi al campo-base, il racconto si interrompe. L’intreccio narrativo lascia, dunque, gli esploratori del monte, all’inizio della loro ascesa alla vetta di quel monte che è simbolo dell’incontro tra cielo e terra. A questo romanzo che incrocia fantascienza e spiritualità, nel corso degli anni, si sono ispirati il compositore argentino Javier Giménez Noble che ne trasse un poema sinfonico e il regista Alejandro Jodorowsky per il film “La Montagna Sacra” e numerosi pittori del XX Secolo, mentre nell’ambito della musica contemporanea non si può non citare “Prati bagnati del monte Analogo” di Francesco Messina e Raul Lovisoni del 1971 e il più recente “K3” dei Karma del 2023. Alle fascinazioni poetiche, spirituali ed esoteriche dell’opera di Daumal si è ispirato anche Michele Lobaccaro per la sua opera prima “Navigazione intorno al Monte Analogo”, concept album che, affonda le sue radici nella dimensione simbolica della scalata, letta come un percorso di ricerca nel proprio Io e nella propria esistenza, la cui consapevolezza è andata smarrita nella follia informe del caos capitalista che ci circonda. La riflessione di Lobaccaro prende le mosse dall’assunto che muove dal presupposto che tutte le montagne sacre sono a noi ormai note, ma in questo contesto innegabile è la necessità dell’uomo moderno di ritrovarsi nella sacralità della propria ricerca interiore e, dunque, la vera vetta da scalare per ognuno di noi è quella del Monte Analogo del sè, riscoprendo il senso della nostra esistenza su cui, sempre più spesso, non ci fermiamo a riflettere. È questa l’unica via che conduce al vero perfezionamento interiore. Solo dalla profonda ricerca su noi stessi riusciremo a disvelare la vera medicina, quella occulta lapide che altro non è che la pietra angolare della conoscenza. La difficoltà più grande che l’uomo si trova ad affrontare in questo cammino è, però, la nostra epoca schiacciata dal materialismo e dalla assoluta incapacità di dare un senso e una profondità al quotidiano. Il filo rosso che lega in nove brani del disco è proprio questo. Lobaccaro canta, infatti, del bisogno dell’uomo moderno di abbandonare i metalli delle sovrastrutture del quotidiano per liberare la propria essenza verso la piena realizzazione del sé. Visto in un ottica più generale, l’album offre anche uno sguardo critico verso la società attuale, sempre più digitalizzata e sottomessa alle tecnologie e, nel contempo, offre all’ascoltatore una riflessione sugli aspetti positivi della modernità e su quelli che condizionano l’elemento umano e spirituale. Tutto questo sotto il profilo musicale si traduce in canzoni dal grande impatto evocativo nel quale pianoforte, elettronica ed archi, compongono la cornice perfetta in cui si inseriscono testi di grand lirismo che rimandano agli album più esoterici e criptici di Franco Battiato. Accolti dalla splendida copertina, firmata da Franco Rinaldi, che idealmente rimanda alla “Montagna di Sainte-Victoire” di Paul Cézanne, il disco si articola in tre parti, quasi fosse una lunga ed articolata suite aperta dal racconto dell’inizio del viaggi che schiude le porte alla ricerca del Monte Analogo per concludersi con un ultimo segmento di resilienza. Ad aprire il disco è l’intensa “Succederà” in cui Lobaccaro tocca il cuore dell’ascoltatore cantando della necessità del mettersi in cammino prima che sia troppo tardi, con il pianoforte, la chitarra e particolare flauto traverso albisiphon a costruire un immaginifico tappeto sonoro. Se “Le cose passate” è uno dei brani più toccanti del disco per la intrigante architettura sonora, la successiva “Sogol”, cantata in duetto con Nabil Salameh, è uno dei vertici poetici con la sua scansione lirica che rimanda ai C.S.I. con l’enunciazione delle principali opere scientifiche, tecniche e filosofiche legate alla cultura araba. Si entra, poi, nel cuore del disco con “Il canto degli alpinisti sfortunati”, una ballata sul bisogno dell’uomo di elevarsi per raggiungere l’assoluto, la cui struttura musicale in climax sembra rimandare ad una danza della tradizione popolare. Non manca uno sguardo verso le sonorità pop più eleganti con la raffinata “Le leggi del cuore” in cui dialogano pianoforte, archi e voce, ma una ulteriore sorpresa arriva con lo strumentale “Nel porto delle scimmie” con la melodia disegnata dal piano e dall’elettronica che guarda verso la musica rinascimentale. Il vertice del disco arriva, però, nel segmento finale con la riflessiva “Sfera e tetraetro” che si muove dall’intro pianistico al crescendo che conduce al refrain quasi orchestrale. Archi e pianoforte avvolgono “Uomini Cavi” nella quale si intravede con chiarezza il profondo legame con l’opera di Franco Battiato e che ci conduce alla conclusiva “I giorni che verranno” cantata a due voci con Juri Camisasca e che è un ulteriore invito all’ascoltare a vivere il proprio tempo con la consapevolezza del sé che ci condurrà ad attraversare acque che “non finiscono” e che “solo il cuore conosce”. Insomma, “Navigazioni intorno al Monte Analogo” è un disco di assoluto spessore che si candida ad essere uno dei dischi di canzone d’autore più interessanti ed affascinanti di quest’anno, tanto dal punto di vista compositivo e musicale, quanto da quello concettuale e lirico.
Salvatore Esposito
Foto di Francesca Sigrisi (2), Elisa Magnani (4), Ferdinando Bassi (6)