Giovanna Marini, testimone ineguagliabile del suo (e nostro) tempo

La perdita di Giovanna è una perdita immensa, perché non è solamente la perdita di una esponente storica della cultura e della musica in Italia ma è la perdita di una figura che ha tracciato, in una forma completamente originale, un rapporto fra cultura alta e cultura popolare, una musicista che è sempre stata dentro la storia per poterla raccontare. Il suo impegno, che possiamo considerare anche un impegno di tipo politico, è stato quello di esserci nella storia per poterla raccontare e per lei il racconto è condivisione. Questa parola ricordiamocela, perché condivisione – secondo quella che è la mia lettura – la troviamo spesso nell'attività di Giovanna. Il suo voler raccontare, accanto all'esecuzione delle canzoni, che siano di composizione sua o che siano di tradizione orale, è una voglia di riallacciare temi apparentemente distanti, ma che distanti non sono.Un'intelligenza unica quella di Giovanna, che ha saputo legare colto e popolare, proprio su una sua doppia capacità di nascere come musicista colta, musicista da musica scritta. La sua famiglia è una famiglia di musicisti: suo padre, un giovane promettente compositore della scuola romana, morto purtroppo nello stesso anno in cui lei era nata, sua madre insegnante di conservatorio. Lei, prima diplomata di chitarra classica in Italia, perfezionatasi con Segovia, ha cominciato a suonare musica antica e musica barocca. Poi come un fulmine è apparsa la scoperta del mondo che stava intorno a lei, del mondo
che combatteva, che viveva, che aveva i suoi suoni e lei ha scoperto questi suoni. Unica vera musicista di quel movimento che è stato il Nuovo Canzoniere Italiano; è stata anche una delle maggiori esponenti di quel movimento e di quel momento politico e culturale di grande crescita e grande scoperta. Il dato peculiare della sua attività musicale, personalmente lo leggo in una sua competenza altamente specifica che la rende praticamente unica nel panorama a me conosciuto, quindi nel panorama non solo italiano ma anche quello internazionale. Lei, da musicista colta si è interessata alla musica di tradizione orale. Ora, storicamente, sappiamo che la musica di tradizione orale in Italia è stata investigata per lungo tempo come un tema legato alla poesia popolare, al testo. In un secondo momento come un tema legato alle linee melodiche, ai tempi, ai ritmi, alle forme musicali, finalizzato molto spesso per una sorta di riproposta, una riproposta che però poi era schiava degli stili e dell'estetica del momento in cui veniva fatto l'atto di riproposta, di revival di questa musica tradizionale. La sua ricerca nel mondo della tradizione orale si è concentrata non solo sui temi e sulle musiche ma sulle forme espressive, sulle tecniche esecutive: provate a vedervi “Ci vuole una vita”, film di Damien Marteau nel volume “In viaggio con Giovanna”, che ho pubblicato come editore, e vedete come lei lavora sul campo. Lei lavora con un'osservazione partecipata, impara le tecniche esecutive, la respirazione le forme di emissione del suono,
quando viene usata la testa, la gola, il petto, … il gesto che aiuta la ritualità del canto. Il film è la cronaca di alcuni viaggi di ricerca e di scoperta di tradizioni fatte da Giovanna assieme ai suoi allievi della scuola. Questa sua peculiarità a riconoscere, conoscere e appropriarsi delle forme e delle tecniche esecutive la rende praticamente unica nel panorama che io conosco, nel panorama nazionale e forse anche oltre e sicuramente non ben accetta dal mondo accademico, quello tradizionale, quello dei conservatori. Molte delle sue trascrizioni verrebbero probabilmente evidenziate con segni rossi e blu dagli attuali docenti in conservatorio, perché esistono delle informazioni che non sono previste dalla convenzione della trascrizione musicale. Allo stesso tempo non viene neanche molto spesso ben vista dal mondo dell'etnomusicologia come se fosse una intromissione indebita, quella di Giovanna, nell'ambito della ricerca. Lei non ricerca per studiare, per pubblicare, per documentare, ricerca per incorporare la tradizione.
Questa sua peculiarità le permette di essere riuscita per prima, forse unica finora, a scrivere una musica, che in quanto scritta può essere ripetuta ed eseguita, che è nata in forma completamente orale è appresa per imitazione, per osservazione e per tradizione, per essere tramandata di generazione in generazione. Questa è una sua peculiarità che non dobbiamo dimenticare e che non è mai stata sufficientemente evidenziata da chi Giovanna l'ha studiata, l'ha conosciuta o l'ha apprezzata. Altro aspetto è quello della didattica.
Chiaramente la didattica, così come lo spettacolo, è una delle forme di inconsapevole condivisione che lei attua nel suo comportamento “politico”. La musica è un fatto di condivisione non è un prodotto da mercificare in forma esclusiva sotto proprio nome, è una forma da condividere con gli altri: in questo senso vanno letti gli spettacoli. E sugli spettacoli, faccio una nota: va considerato il fatto che esponenti del teatro di narrazione in Italia come Moni Ovadia, Ascanio Celestini o Marco Paolini la considerano
l'anticipatrice della nuova ondata di teatro di narrazione in Italia. Lei è stata ispiratrice per molti nel teatro con le sue forme del narrare accanto ai canti e le musiche che propone in concerto. 
Seconda considerazione legata a ricordi personali: Giovanna, pur conoscendola come musicista, l'ho conosciuta poi personalmente e ci siamo cominciati a frequentare intorno a metà degli anni Novanta, quando aveva deciso di abbandonare la Francia e ritornare in Italia. Al tempo lei utilizzava già alcuni dischi che avevo pubblicato su documenti di tradizione orale in Italia per le sue lezioni in Francia. Al tempo ci trovavamo sul Gargano per registrare Andrea Sacco a Carpino e le donne di Ischitella e mi disse che avrebbe composto le musiche per uno spettacolo che era i I Turcs tal Friùl un dramma giovanile di Pasolini per la regia di Elio De Capitani. Allora mi fece una proposta a bruciapelo: "Perché tu non produci e pubblichi questo disco sulle musiche de “I Turcs tal Friùl”?" E lì è cominciata la nostra collaborazione, abbiamo registrato le prove, gli spettacoli, abbiamo registrato il disco, l'abbiamo pubblicato, ed è stato il primo di oltre 30 produzioni tra dischi, libri e film che ho fatto con Giovanna in circa 30 anni di collaborazione. Una collaborazione che è stata continua. e quindi posso dire di conoscere bene Giovanna, per averla seguita nelle prove, negli spettacoli, per averli registrati, filmati, documentati. Registrando più volte gli stessi brani ho maturato
quella che era la dinamica della creazione musicale di Giovanna e delle sue forme esecutive. Qui potrei dilungarmi in dettagli, racconti e aneddoti ma forse non c'è il tempo, e questa è l'occasione giusta. Quello che è certo è che Giovanna sia stata di un rigore assoluto nell'arco di tutta la sua vita. Non lo dava a vedere, ma il fatto di essere sempre stata dentro la storia, averla sempre potuta e voluta raccontare nelle forme che lei riteneva più utili e più efficaci, l'ha segnata fino agli ultimi giorni. Stavamo lavorando su nuovi progetti, magari in maniera sempre più stanca, ma aveva sempre quell'intelligenza, quella brillantezza che riusciva a legare il fatto storico con la necessità e l'urgenza di doverlo raccontare in una forma rispettosa verso le fonti e rispettosa verso il pubblico e il fruitore. Certo è una musica colta, non è una musica sempre totalmente facile ma è una musica eccezionalmente rispettosa, lo ribadisco ancora una volta. Quindi, questa storia mi permette anche di fare un'ulteriore, una terza considerazione che è legata a quanto ho visto, ho letto e ho sentito nel momento della sua scomparsa da parte dei più, della stampa, dei critici, degli studiosi di popular music o di folk music o di musica etnica, chiamatelo come volete. Ho visto una pagina intera di Repubblica che aveva come titolo “Addio a Giovanna Marini la pasionaria della canzone popolare”. Pasionaria era un termine che non le andava molto a genio, anzi le dava un po’ fastidio. Non lo diceva, non lo dava forse a vedere, ma non gli piaceva per niente, perché così si ricordava solamente il primo momento della sua carriera, quello degli anni Sessanta, quello del Nuovo Canzoniere Italiano, quello della canzone politica e di impegno e si dimenticava tutto il resto, del grande impegno fatto di scrittura, di composizione, ricordiamocelo che ha fatto musiche per il cinema, per il teatro, ha musicato le poesie di Montale, di Leopardi, di Pasolini… È una figura che ha sperimentato a 360 gradi la declinazione della musica in tutte le sue forme possibili e applicata a tutti gli aspetti del mondo
della cultura, dalla poesia al teatro, la scrittura, la narrazione. Ha messo in musica una cosa che sembrava quasi impossibile come ”Le ceneri di Gramsci” in uno spettacolo per la regia di Attilio Bertolucci. Ecco, lei viene ricordata per alcuni casi e alcuni episodi della sua vita, la Spoleto, “Bella Ciao”, eccetera, mentre l'aspetto più interessante e più importante credo che sia il grado di continuità e di rigorosità che ha conservato nella sua attività culturale, non solo musicale. Lei è sempre stata dentro la storia e l'ha sempre voluta raccontare dal momento in cui ha cominciato a parlare dell'America, oppure ha cominciato a cantare i canti delle mondine o della tradizione popolare italiana fino agli ultimi anni quando ha fatto la “Cantata per Riace”, quando ha dedicato un disco tutto a Matteo Salvatore, quando ha raccontato la storia dell'Italia in un doppio cd assieme al suo coro e alla banda della sua amata Scuola di Testaccio. Ha continuato ad essere sempre dentro e sempre molto aperta però al colloquio, alla fruizione e – ribadisco ancora una volta – alla condivisione, perché lo spettacolo così come la didattica è una delle forme di condivisione, che hanno rappresentato la vita intera di Giovanna. 
Ulteriore considerazione, con Giovanna sono stato in contatto fino agli ultimi giorni, un paio di giorni prima del suo ricovero dovevo andare a Roma, quindi le ho telefonato e le ho detto: “Giovanna, guarda che il 29 aprile sono a Roma potrei passare da te il 28 o il 30 quando ti va meglio” e lei mi ha detto: “Va

bene sia il 28 che il 30, però speriamo di esserci”
. La cosa mi ha fatto un po' sudare freddo Purtroppo infatti prima che scendessi a Roma lei venne ricoverata in ospedale, in pronto soccorso e da lì poi non uscì.
Con Giovanna c'era un rapporto continuo. L'anno scorso gli ho chiesto di musicare un testo di Pasolini, lo ha fatto in tempi brevissimi. Da gennaio c'è stata una brevissima musicista, Laura Giavon, una friulana che si è trasferita a Roma, che ha lavorato con lei per la digitalizzazione di tutto il repertorio delle sue composizioni. Un lavoro quotidiano fatto puntualmente assieme a Giovanna, rileggendo, ricorreggendo, contestualizzando molte di queste opere, e vi garantisco che sono moltissime le scritture e le musiche, alcune anche inedite e alcune assai poco conosciute. Musiche bellissime che ha scritto anche per il cinema che sarebbe il caso prima o poi di poter conoscere. Quindi Giovanna l'ho frequentata fino all'ultimo e per me Giovanna è un esempio di integrità, di continuità, di rigorosità che ha segnato non solo la sua attività di musicista ma tutta la sua vita. Ultimo appunto che faccio è sui lavori che avevamo programmato. Avevamo pronti quattro lavori da far uscire, che però volevamo scaglionare, cogliendo anche l'occasione di trovarla un po' più disponibile per una presentazione, magari online, per qualche parola che potesse spendere… Tre sono lavori storici, due del
repertorio pubblicato in Francia che sono la “Cantata Profana” e “La vita al di sopra e al di sotto dei mille metri”. Sono pronte le nuove edizioni in italiano, concordate con lei, con le correzioni del caso, con i soliti libretti e con le solite sue considerazioni in merito. Il terzo lavoro sono le musiche di scena per “Le Troiane” di Euripide che sono state messe in scena a Gibellina nel 1988 per la regia di Thierry Salmon. Lavoro per cui Giovanna ha vinto un premio Ubu. Ricordiamo che il premio Ubu è una sorta di Oscar del teatro italiano. Per le musiche di scena ha vinto il premio Ubu oltre che con le Troiane anche con “I Turcs tal Friùl” nel ’96, se non vado errato. Un altro lavoro pronto già da qualche mese che, nonostante potrebbe uscire in qualsiasi momento, vogliamo pubblicare nel momento giusto per ricordarla meglio. È uno spettacolo inedito registrato a Lecce nel 1982, recuperato da Alessio Lega, che ne ha voluto curare sia il restauro sonoro che il contesto critico e narrativo dello spettacolo. Uno spettacolo che lascia senza fiato perché possiamo ascoltare in uno spettacolo dal vivo Giovanna che, senza un attimo di pausa, in un'ora e mezza racconta 20 anni di storia d'Italia attraverso le canzoni, i fatti accaduti, le citazioni di brani altrui, le sue composizioni: è un'esperienza unica trovarsi di fronte a questo disco e a sentirla con una forza e un'energia ineguagliabile
raccontare fatti di un'Italia che aveva bisogno di essere raccontata anche in quel caso dal basso e non secondo la prospettiva del potere o del mass media. Queste sono le quattro produzioni pronte alla pubblicazione, ma ci sono moltissimi altri materiali in archivio utili a diventare nuovi capitoli di un percorso, quello fatto da Giovanna, che diventerà secondo me esempio e prova testimoniale di lavoro peculiare, unico, irripetibile che solo una persona come Giovanna è riuscita a fare sulla nostra storia e sulla nostra cultura.
Per tutto questo credo che la perdita di Giovanna sia un danno immenso per tutti noi. La fortuna è che Giovanna ci ha lasciato molte testimonianze e credo che tutte queste vadano in qualche maniera valorizzate. 

 Valter Colle

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