Abbarbicato sulle pendici collinari, affacciato sulla costa di Agnone Cilento, Ortodonico è una frazione del comune di Montecorice; un tempo era sede comunale, oggi è soffre dello spopolamento delle tante aree interne. Nel suo centro storico, dal quale si gode una ampia vista del Monte Stella, punto focale del Cilento Antico, si incontrano palazzi gentilizi, una torre medievale, la chiesa di Sant’Antonio Abate con un caratteristico campanile a vela e un piccolo museo della civiltà contadina (dove a fare gli onori di casa è il dotto professor Cesare Maffia), e dov’è possibile osservare una macina, due magnifici antichi frantoi e più altri oggetti legati alla cultura materiale di un tempo. A Ortodonico, nel 2014, la Pro loco e il liutaio-artigiano Alfonso Toscano avevano realizzato un progetto di valorizzazione della cultura musicale locale, che prevedeva incontri di suonatori di musica tradizionale ma, soprattutto, la creazione di un Laboratorio di liuteria per chitarra battente, sulla scia dei Fratelli De Luccia, liutai di Casigliano (una frazione di Sessa Cilento), che da emigrati, fecero fortuna oltreoceano come ditta di costruzioni di strumenti ad arco e a plettro.
Dopo un lungo intervallo, durato un decennio, Paolo Menza, direttore della Pro loco del paesino cilentano, ha rilanciato il Raduno di musicisti nell’ambito del progetto
“Mel inCammino” in sinergia con i comuni di Stella Cilento e S. Mango Piemonte. L’intento di più medio termine è di riprendere l’iniziativa della scuola di liuteria per la costruzione e il restauro di strumenti a corda, ad arco e a pizzico. La terza edizione del piccolo festival si è tenuta il 20 e 21 aprile dopo il rinvio dello scorso novembre per cause meteorologiche. Il coordinamento artistico è stato di Gianluca Zammarelli, polistrumentista, ricercatore e memoria storica dei repertori cilentani, con al suo attivo diverse pubblicazioni, di cui qui, ricordo “Craùni” (etnomalìadoc, 2014).
Strumento che ha svolto un ruolo centrale nella cultura musicale cilentana, storicamente la chitarra battente si presenta in quest’area del salernitano in due tipi: a bauglio (a fondo bombato) e a fondo piatto, di dimensioni ridotte a quattro corde, accordate “alla pastorale” (secondo Zammarelli ha un rapporto diretto con i moduli sonori della zampogna), con le quattro corde intonate sulla tonalità del cantore. Insomma, nella prospettiva dei promotori la chitarra battente si configura come filo della memoria e un pretesto per far avviare un dialogo sulla cultura di tradizione orale del Cilento, guardando anche ad altri contesti del sud Italia nei quali è ancora radicato questo strumento tipicamente italiano.
Di certo, nel frattempo la chitarra battente ha aumentato le sue possibilità espressive e interpretative. Le modifiche apportate allo strumento originale, soprattutto di modello calabrese, lo hanno reso strumento solista in grado di suonare svariati repertori. Intanto, le porte del Conservatorio Tchaikovsky di Nocera Terinese (Cz) si sono aperte al cordofono, perché all’interno del corso di Musiche Tradizionali (DCPL65) è possibile conseguire il diploma accademico di I livello (triennio) e II livello (biennio) in chitarra battente, con la docenza di Francesco Loccisano.
Questo raduno targato 2024 ha portato a Ortodonico il teatro antropologico di Paolo Apolito, che con Antonio Giordano e Floriana Attanasio hanno inscenato
nella chiesa di Sant’Antonio lo spettacolo “Tre compari musicanti” (diventato anche un libro per Edizioni Grenelle), intreccio di microstorie di uomini e donne che popolano una emblematica comunità contadina della Lucania nello scorcio della grande storia che si dispiega prima e dopo il 1799. “Cercatore di storie umane”, Apolito ha un passato di ricerca sul campo in ambito etnomusicologico proprio in Cilento con lo storico TeatroGruppo di Salerno. Da parecchi anni ha creato l’“antropologo a domicilio”, elaborando in forma di monologhi teatrali un modo di raccontare e ricostruire il passato. Giordano è il leader dell’hard-working band Compagnia D’Altrocanto, come pure uno studioso e cultore di zampogne (è autore del bel volumetto “La zampogna oltre la tradizione per Gutenberg edizioni, 2022). Nello spettacolo è arrangiatore dei brani su chitarra battente barocca a dieci corde che imbraccia insieme alle zampogne a quattro e sei palmi, una zampogna a chiave delle Serre. Si apprezza la voce di Floriana Attanasio, già componente dei D’Altrocanto e anche del gruppo Le Capere. Lo spettacolo, purtroppo un po’ ridimensionato nei tempi a causa del ritardo accumulato nel dare il via alla manifestazione, ha avuto una riuscita variazione-improvvisazione sulla sceneggiatura con l’irruzione nella “storia” dei musicisti calabresi di All’Uso Antico.
In piazza, la serata è proseguita con il duo Gianluca Zammarelli (chitarra battente) e Catello Gargiulo (voce e fisarmonica), i quali hanno proposto canti alla longa (di Cannalonga e di Stio), un canto di sdegno a botta e risposta e “La Frontiera” (il canto alpino risalente al repertorio del primo conflitto mondiale, diffusosi anche in area cilentana). I canti alla cilentana erano eseguiti specialmente a due voci con accompagnamento di chitarra battente, o anche solamente a due. I testi cantavano l’amore, lo sdegno e la lontananza con uno schema metrico di ottava siciliana. Lo stesso Gargiulo e Hiram Salsano (voce, tamburi e loop) hanno portato al pubblico il fortunato “Bucolica” (“Otreviva” e “Angiolina” e poi “Tarantà”, “Padrone”, “Ciccì”, “Mare e Arena” e “Vulesse”), disco che ha
mietuto ampi consensi e – com’è noto – è disco dell’anno 2023 di “BlogFoolk Magazine”. Le sfumature timbriche di Salsano, la maggiore autorità nello stare in scena e il tocco sempre efficace e creativo del suo compagno rendono il set del duo fresco, originale e dinamico. A seguire, gli All’Uso Antico, con base a Bisignano, centro importantissimo per la costruzione e per i repertori di chitarra battente, con un ampio organico (voci, chitarre battenti, organetto, flauti e fischiotti di canna e d’oleandro, lira calabrese e zampogna a chiave del Pollino, ciaramella, surdulina e tamburello). Prediligono un repertorio in larga parte inedito, con brani trascritti dai componenti del gruppo. Sono giovani ma molto attenti allo studio delle fonti; il suono d’insieme deve ancora rafforzarsi nell’orchestrazione per allontanarsi dal richiamo di modelli mainstream folk (riminiscenze sparagnesche?), anche perché quando si lanciano in sonate a ballo tradizionali mostrano di avere le carte in regola di chi pratica i suoni tradizionali con crescente competenza e profonda dedizione.
Nonostante la frescura della notte cilentana, il raduno è proseguito fino alle prime ore del giorno successivo con session improvvisate.
La domenica si è aperta, in tarda mattinata, con una discussione informale ma piena di spunti interessanti sul piano storico-culturale e organologico sulla
chitarra battente ma non solo, grazie agli interventi di Zammarelli, del decano Ciro Caliendo, anch’egli memoria storica del TeatroGruppo, liutaio, musicista e competente organologo (autore dell’imprescindibile volume “La Chitarra Battente” per Edizioni Aspasia, che sarà presto ristampato in una versione rielaborata da SquiLibri), Gerardo Nicoletta (altro artigiano-liutaio, suonatore e cercatore di chitarre battenti nel territorio cilentano, oltre che economista accademico), Massimiliano Di Carlo (polistrumentista e docente al Conservatorio di Pescara), che ha presentato storia e repertori per calascione nell’area abruzzese di Caramanico Terme e, soprattutto, alla preziosa testimonianza orale e musicale del novantenne Minguccio Ianni di Santa Maria di Castellabate, storico e ultimo suonatore tradizionale di chitarra battente cilentana, ma anche di mandolino.
La serata concertistica ha visto in scena le animazioni del cantastorie Andrea Bressi. I già citati Minguccio e Nicoletta hanno eseguito una “pizzitata” (uno strumentale di genere tarantella, appreso dal cantore e suonatore Giovanni Chirichella) e un canto alla cilentana. Si è proseguito con il duo Zammarelli (chitarra battente) e Di Carlo (calascione), esecutori di un canto a maitinata, “Donna lombarda”, canti di mietitura e una tarantella condita di improvvisazioni. Il trio di polistrumentisti calabresi Felici & Conflenti, con Alessio Bressi, Giuseppe Gallo e Giuseppe Muraca, attivissimi nella riproposta dei repertori coreutici e canori del Reventino, protagonisti con repertori calabresi, come la suonata alla lira con il canto, canti polivocali e canto alla Lunnuvucchisa sulla chitarra battente, stile tipico diffusa nell’area di Rossano e Longobucco. Tappa in Gargano con il quartetto Tittòmmə: Andrea Resce (chitarra battente, chitarra francese e voce), Bernardo Bisceglia (mandolino, chitarra battente e voce), Domenico Celiberti (organetto otto bassi, chitarra battente e voce) e Rosario Nido (tammorra e voce), esecutori di serenate e tarantelle garganiche, come pure canti
polivocali (stèsë e paravocë), ballabili di ambiente artigiano e immancabile omaggio al cantore Matteo Salvatore. Dalla Calabria ancora un veterano, nome illustre del canto: la voce dal timbro antico di Salvatore Megna (chitarra battente), alfiere anche della prima formazione dei Re Niliu, in compagnia di Antonio Conidi (organetto diatonico) ha eseguito canti di tradizione contadina e pastorale del marchesato crotonese, un riarrangiato canto funebre, canti alla disperata e di questua (la “cuzzupara”, dal nome di un dolce pasquale).
Tirando le somme, l’auspicio è che Cilento Battente riparta da questa edizione per mettere al centro le musiche del Cilento rilanciando il laboratorio sociale di liuteria, favorisca il dialogo con altre realtà della musica tradizionale del Centro e del Sud Italia, relazionandosi con nuove generazioni di musicisti, guardando anche alle dinamiche attuali che impongono di costruire reti tra istituzioni formative, centri studio e ricerca e altri soggetti che operano nella divulgazione, superando personalismi e chiusure identitarie strapaesane che affliggono questo Paese. Ci sono musicisti e nuovi costruttori cilentani che non sono intervenuti al raduno forse anche per le ricorrenti incomprensioni che animano ancora questo mondo. Sarebbe pure auspicabile che si aprisse il confronto con chi a livello internazionale sta portando la chitarra battente “modificata” oltre i confini italiani e si ragionasse sempre più con la possibilità di innescare nuove forme di espressività e nuovi cammini creativi a partire dall’eredità musicale della chitarra battente e dei repertori cilentani.
Va detto, pure, che nonostante il lodevole lavoro degli organizzatori e dei volontari che hanno reso possibile la rassegna, sotto il profilo della pianificazione e della logistica tanto ancora occorre fare e qualcosa andrà pure ripensata per rendere la manifestazione pienamente fruibile dal pubblico e per non lasciarsi guidare da una sorta di spontaneismo, quantunque caloroso. Attendiamo il 2025, dunque, con fiducia mista a speranza.
Quelli di Ortodonico sono stati due giorni di forte socialità e di un bel vibrare di corde, con la presenza di apprezzati suonatori, molti dei quali giovani, segnale di un vivace interesse verso il patrimonio demo-etnoantropologico del Sud Italia e della volontà di confrontarsi con le diverse modalità di produzione e fruizione della musica di derivazione tradizionale orale: “Sona chitarra mia, sona sona”.
Ciro De Rosa
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Nonostante i problemi e le difficoltà darei un parere positivo sulla manifestazione che ha sicuramente molte possibilità di sviluppo e che comunque ha illustrato le diverse tipologie di chitarre battenti presenti nel Cilento, grazie anche 'instancabile lavoro di Paolo Menza della
RispondiEliminaPro loco di Ortodonico.
Mi è sembrato, nonostante sia di parte, particolarmente positivo l'inserimento del monologo del Prof Apolito, Tre Compari Musicanti.
Grazie, infine, per le citazioni
Antonio Giordano