Abdullah Ibrahim – 3 (Gearbox Records, 2024)

A ottobre Abdullah Ibrahim compirà novant’anni. Questo doppio CD (o triplo vinile) ci permette di ascoltarlo in trio nella cornice del Barbican Centre di Londra a metà luglio del 2023 insieme a due membri del gruppo che ha fondato nel 1983, EKAYA: il contrabbassista e violoncellista Noah Jackson e Cleave Guyton Jr. al flauto, piccolo e al sax, con cui suona da cinquant’anni e che è stato protagonista dell’orchestra di Duke Ellington, oltre che a fianco di solisti come Aretha Franklin, Dizzy Gillespie e Joe Henderson. I sei brani raccolti nel primo disco sono composizioni originali registrate senza pubblico, prima del concerto. Il secondo CD presenta sia cover, sia brani originali eseguiti durante il concerto che ha registrato il tutto esaurito il 15 luglio. Della sua idea di libertà e del trio con contrabbasso e fiati, che lascia i musicisti senza una griglia ritmica esplicita, Abdullah Ibrahim, in una recente intervista a Brad Farberman, dice: “È aperto. Io sono africano, vengo dal paese dei tamburi. Il tamburo è il battito del cuore. Invece di imporre alle persone cosa devono sentire dal punto di vista ritmico, dobbiamo lasciarlo aperto. In questo modo le persone hanno la possibilità di rispondere con il proprio respiro e il proprio ritmo. A Cleave e Noah, nei concerti, lascio spazio, lo faccio sempre, ho sempre dato molto spazio ai musicisti. E loro mi dicono che quando vengono a suonare con me si sentono davvero dei musicisti e non qualcuno che fa da spalla”. "Barakat" apre il primo CD, pacato e narrativo, con il flauto come voce principale e il violoncello a fare da controcanto ritmico, mentre il piano cuce tutto con sapienza e misura. Poi, nel secondo brano “Tswake”, così come nel quinto, “Ishmael”, Abdullah Ibrahim resta semplicemente in ascolto dei compagni mentre reinventano con energia e poesia questa parte più antica del suo repertorio. Nei due brani centrali il pianoforte torna protagonista: "Krotoa-Crystal Clear", già nell'album del 2014 “Mukashi - Once Upon a Time”, sa offrire una torsione contemplativa alle intense linee melodiche, mentre, fin dai primi accordi in cui si alternano piano e contrabbasso, la breve "Marába" porta dritto al Cape Jazz, all’anima del canto popolare, eseguita con delicatezza. Chiudono il primo CD i quattro minuti di "Mindif" che fa da ponte al secondo album in cui torna due volte, a dilatarne la trama dei timbri e la scelta delle pause, la vena introspettiva. Nel secondo caso, sono inclusi tre minuti di calorosi applausi finali: bel documento dell’ambiente creato dal concerto, ma sostanzialmente una bella scocciatura per chi si aveva sintonizzato l’ascolto sugli strumenti e la vena riflessiva. I quindici brani del secondo CD raccontano le diverse anime del concerto. Ci sono le interpretazioni di “standard” firmati dai giganti del jazz: dal Duke Ellington di "In a Sentimental Mood" al John Coltrane di "Giant Steps" ad un dei brani meno frequentati di Thelonious Monk, "Skippy". Ma c’è spazio anche per ampie improvvisazioni narrative per il solo pianoforte, le due “Reprise”, entrambe di una quindicina di minuti, il tempo necessario per muovere da un tema noto a territori sconosciuti, seguendo sentieri che si aprono mentre si procede: “L'improvvisazione è diventare un tutt'uno con la natura, con il nostro vero io. Senza nulla in mezzo”. Ci sono le composizioni più recenti di Abdullah Ibrahim e quelle che, a loro volta, posso considerarsi “standard”: "The Wedding", "Nisa", i nove minuti di "Water From an Ancient Well", che il pianista descrive così: “Siamo nella regione semi-desertica del Green Kalahari dove scorrono acque sotterranee. Nella nostra cosmologia abbiamo questa venerazione per l'acqua. Senza acqua non si può fare nulla. Evocare il principio dell'acqua è rimandare alla saggezza degli anziani, all’acqua e alla saggezza che sembra si stiano estinguendo. E’ la saggezza degli antichi. La saggezza degli Ellington”. 


Alessio Surian

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