Sebastià Gris – Oli, all i julivert (Segell Microscopi, 2023)

Quella dei cammini è un’attività che, fuor di metafora, sta prendendo sempre più piede. Ancor di più se assume una valenza anche spirituale ed ecco che allora diventa pellegrinaggio. Non a caso l’essere on the road è l'ambientazione naturale di “Oli, all i julivert”, un disco di sola chitarra acustica di Sebastià Gris originario di Manacor (Majorca), che esce per l’etichetta Segell Microscopi, in cui il ‘ pellegrino’ viene presentato con otto brani che possiamo immaginare come otto tappe di un unico viaggio, costituendo un'ideale ‘suite’ con tempi a velocità e atmosfere diverse, proprio come si faceva nella suite barocca della prima ora. L’ambientazione musicale è invece prevalentemente quella del blues, il genere musicale la cui struttura ritmico-armonica ha in sé connessa l’idea del viaggio che rimanda alle polverose strade o ai primi treni del Texas. Direi che viene fuori anche l’anima latina dello spagnolo Gris che suona con una chitarra acustica del liutaio David Solé e, già dal titolo noi italiani, ci sentiamo in casa, tanto è vero che la nostra variante della ricetta proposta è la sostituzione del prezzemolo con il peperoncino. Gli ingredienti melodici sono ovviamente le cosiddette ‘note tristi’ (blue notes) inserite nella paradigmatica scala blues e i cromatismi ascendenti e discendenti che danno luogo ad armonie aperte. Il viaggio comincia con un brano, “El pelegrí adagio”, in cui immaginiamo il nostro ideale protagonista allontanarsi a passo lento di blues, egli s’incammina con le prime tre note della scala di Sol maggiore e subito incespica, appunto, in delle blue notes. I paesaggi attraversati sono contrassegnati da deviazioni di sentiero costituiti da passaggi modali tra il Sol maggiore e il Si minore, attraverso la guida sicura della nota Fa diesis. Nella tappa successiva, “Clickbate”, sostanzialmente si usa lo stesso materiale tematico del precedente brano ma si accelera il passo velocizzando il tactus ritmico segnato da un riff arpeggiato, ottenuto con lo stoppato della mano destra. Su questo si incunea una efficace melodia per gradi vicini, con soste inaspettate in cui lo sguardo del viandante diventa curioso. Nella terza tappa il blues trova il momento topico con una parafrasi della tradizionale e canonica “Lonesome road blues”, dove anche la citazione della strada nel titolo non è casuale. Viene usata un’accordatura aperta in Re maggiore e te tecniche usate sono prevalentemente il fingerstyle e gli stoppati con la mano destra un caleidoscopico gioco percussivo timbrico e dinamico, insieme ad altre tecniche tipiche della chitarra acustica. Nella quarta tappa, “El pelegrí allegro”, il passo lento si vivacizza creando un bel collegamento con il tema iniziale a distanza. Nella quinta tappa, “Temps enrere”, dopo un’entrata da ballata americana, come un flash back con uno stato di coscienza sospeso riaffiora un passato e Il viaggio diventa interiore, anche se ambientato musicalmente in una country road. Il brano successivo, “Kaua’l”, si discosta un po’ dagli altri, essendo basato con un idioma atonale e che rappresenta una digressione musicale nel corso del viaggio. Si giunge alla settima tappa con “El pelegrí presto”, che ci riporta in cammino e il viandante si concede un momento ameno e, con un’entrata vivace dal carattere tra il popolare e il classico, sfocia poi in un esplicito tempo di danza. “Aglio e olio” chiude il viaggio: si tratta di un brano equilibrato e tranquillizzante che segna il rientro alla meta dove ad aspettare il nostro viaggiatore è una pietanza a base di aglio, olio e prezzemolo, da consumare rigorosamente davanti al caminetto, magari accompagnata da un buon bicchiere di vino, come lascia anche immaginare la copertina del disco. Un disco raffinato e gradevole, essenziale nelle sonorità, consigliato a chiunque ami questo genere, ai chitarristi soprattutto, anche a quelli di matrice classica che sempre di più si avvicinano a generi musicali che non richiedono necessariamente la lettura dello spartito e con cui possono praticare un ottimo “ear training”, ma anche a quelli acustici che ne possono apprezzare le numerose sfumature, timbriche, armoniche e costruttive. 


Francesco Stumpo

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