Mighty Poplar – Mighty Poplar (Free Dirt Records, 2023)

Tra le dichiarazioni che accompagnano la presentazione dell’album di esordio dei “Mighty poplar” ce n’è una che, nel suo tono scherzoso, rivela una grande verità: “Lo spirito del bluegrass è di prendere una canzone triste e farla suonare un poco più felice”. Questa semplice affermazione di Andrew Marlin, chitarrista e mandolinista del gruppo, spiega il motivo del successo del bluegrass e nel contempo il suo essere considerata una forma, se non minore, di certo caratterizzante le comunità rurali bianche degli Stati Uniti. Ed invece il bluegrass è grande musica, espressione di una cultura sì di matrice europea, ma che si è formata e trasformata in quel melting pot culturale che sono e sono stati gli USA – in particolare nel periodo della loro formazione – anche nelle zone più lontane dai grandi centri urbani e dalle coste atlantica e pacifica. Perché però il bluegrass possa esprimere tutto il proprio valore, affrancandosi dalle etichette di musica facile e quasi banale (ma la cosa in fondo vale per tutti i generi musicali) sono necessarie tre cose: un insieme di ottimi musicisti; la scelta di un repertorio in cui la varietà si accompagni a una visione comunque unitaria; la volontà di ognuno dei componenti del gruppo di “servire la musica” senza scadere nel virtuosismo e nel personalismo, mantenendo così spontaneità e freschezza. Tutto questo riesce perfettamente ai Mighty Poplar, che hanno prodotto un album bello, divertente, vario, in cui, accanto alla riproposta di alcuni classici del genere, reinterpretano in chiave bluegrass brani appartenenti all’ambito della canzone d’autore americana. La cura messa nel progettare “Mighty Poplar” si nota anche nella scansione delle dieci tracce che lo compongono: i primi pezzi sono tipicamente bluegrass, ma in essi si osserva la tendenza a un cambio di prospettiva, di approccio e di interpretazione. Senza mai abbandonare del tutto il sentiero della tradizione, si avvertono infatti leggere e personali deviazioni, che anticipano le atmosfere musicali caratterizzanti i brani della seconda parte dell’album. Così, dall’iniziale “A distant land to roam” di AP Carter (l’autore più rappresentato in “Mighty Poplar”) si passa alla molto più recente “Up on the divide”, della Martha Scanlan Band, tornando poi alla più pura e antica tradizione con “Grey Eagle”. Quanto sin qui scritto è ancora evidente nella tradizionale “Lovin’ babe”, proposta però nell’arrangiamento di Kristin Andreassen, a cui segue un’altra canzone carteriana, la nota “Blackjack Davy”. La seconda metà dell’album si apre con una bellissima versione della dylaniana “North Country Blues”, e con “Little Joe”, altro pezzo di AP Carter, qui proposto in un arrangiamento ispirato dalle versioni di Bill Monroe e Norman Blake. John Hartford è l’autore della vivace e più classica “Let him go on Mama”, che precede il doppio tradizionale strumentale “Kicking up the Devil on a Holiday/Dr. Hecock’s jig”. La chiusura è affidata alla monumentale “Story of Isaacs” di Leonard Coehn, canzone che i Mighty Poplar con successo alleggeriscono, senza che perda di spessore e qualità. Registrato nel giro di pochi giorni in un ricovero per trattori trasformato in sala di registrazione e posto non lontano da Nashville, “Mighty Poplar” nasce dall’incontro tra musicisti attivi da tempo e componenti di band come i Punch Brothers e i Watchhouse, che dopo sporadiche e separate esperienze di jam sessions a latere di concerti e festival, si sono trovati tutti insieme per la prima volta ad inizio di quest’anno, chiamati dal già citato Andrew Marlin. Si tratta di: Alex Hargreaves al violino; Chris Eldridge alla chitarra, voce e secondo mandolino; Greg Garrison al basso e alla voce; Noam Pikelny al banjo e voce. In tutte le dichiarazioni dei cinque circa l’album sono presenti espressioni e termini come “spontaneità”, “incontro di idee”, “ascolto delle proposte di tutti”. E tutto ciò si coglie perfettamente nei poco più di quarantadue minuti di durata di “Mighty Poplar”. 


Marco G. La Viola

Posta un commento

Nuova Vecchia