Premio Bianca d’Aponte, Teatro Cimarosa, Aversa, 27-28 ottobre 2023

Abbiamo visto, per esempio, persone commosse quando l’artista olandese Raquel Kurpershoek – che avevamo già potuto apprezzare con il suo progetto in musica latino americana al Premio Parodi 2023 e per questo premiata col d’Aponte internazionale – ha interpretato con tutta la verità della sua voce intensa e calda “Gracias a la vida”; o quando chi scrive questo articolo si è emozionata nell’ascoltare la versione intima, riflessiva - e dalle linee segnate dalla voce unica di Mauro Ermanno Giovanardi, accompagnato dalla chitarra di Massimo Germini, il contrabbasso di Spinetti e i cori di Roberta Andreozzi (voce della band residente diretta da Alessandro Crescenzo) – di “Una storia sbagliata”, il pezzo che Fabrizio De André e Massimo Bubola scrissero su commissione per la sigla di un programma televisivo che parlava del delitto Montesi e del delitto Pasolini. Una emozione tanto più sorprendente e forte per un brano che non è certo tra i migliori della produzione dei due autori, che hanno scritto a suo tempo grandi capolavori. Altro momento toccante lo abbiamo vissuto quando Flo – un’artista sempre più brava se possibile, sempre più matura, convincente, dalle qualità davvero superiori: una fuoriclasse – ha intonato la sua “Ad ogni femmina un marito”. Poi c’è stato lui, Mauro Pagani, Premio Bianca d’Aponte alla carriera - ed è stata un’apoteosi di partecipazione, di canti, di Grazia di Dio ci verrebbe da dire, sperando che nessuno se ne offenda. Ed è questa l’occasione di parlare di un altro miracolo minore relativo al gruppo residente di cui abbiamo già accennato. Sia chiaro: sono tutti musicisti bravissimi e versatili e va detto che anno dopo anno sono sempre più sicuri nel risolvere ogni situazione, che riguardi le cantanti in gara o gli ospiti: hanno per esempio accompagnato con grande professionalità una Nina Zilli, madrina del contest, che tradizionalmente si è esibita per ultima: una bella responsabilità farlo dopo Pagani; e invece, pur denunciando un problema di abbassamento della voce – che onestamente non si è percepito dalla platea – il suo è stato un set coinvolgente e pieno di energia. Così come bella la
sua lettura di “Specchio”, l’ennesimo brano intelligente e scritto in punta di penna da Bianca d’Aponte. Ma per tornare a Pagani, se bellissima è stata la versione di “Creuza de mä” accompagnato dalla band e da Massimo Germini al bouzouki, straordinaria è stata la versione di “Impressioni di settembre”, con la band ipnotizzata e galvanizzata; un momento magico è stato quando, alla fine, Pagani si è alzato e, girato verso il batterista Davide Ferrante, ha cominciato a dirigerlo e a incitarlo: noi, seduti proprio in una posizione perfetta per goderci la scena, abbiamo visto un Ferrante posseduto da una vera trance performativa di altissimo livello. Siamo molto grati per aver potuto assistere a quel momento; se ne parlava questa mattina a colazione in hotel con Ottavio Nieddu - il presentatore insieme con Carlotta Scarlatto della manifestazione - della gratitudine dovuta per poter vivere così tanta bellezza. Ma adesso è arrivato il momento di ricordare che il Premio d’Aponte è nato per dar delle possibilità di crescita a giovani cantautrici come lo era Bianca. Quest’anno erano nove le partecipanti al contest, tutte di buon livello; ci piacerebbe però ascoltare ad Aversa il prossimo novembre, in occasione della ventesima edizione, qualche azzardo, qualche novità nei suoni, qualche idea contemporanea insomma: di musica ne viene prodotta tanta ormai, decisamente troppa, al punto da non riuscire più ad orientarsi. Le nostre generazioni hanno prodotto tanta qualità, ma non è affatto vero che non vi sia qualità
nelle proposte nuove che si affacciano sul mercato discografico italiano. Vogliamo sentirle di più anche ad Aversa. Non che mancasse la varietà di suoni nelle proposte, alcune interessanti e da seguire con curiosità. È per esempio il caso della vincitrice del Premio della critica intitolato a Fausto Mesolella, Irene Buselli, già vincitrice del Premio Bindi e finalista all’Artista che non c’era. Il suo brano, “Così sottile”, è stato molto apprezzato, soprattutto per il testo intelligente e con ottime soluzioni di scrittura: non casualmente Buselli ha vinto anche la targa per il miglior testo, da quest’anno dedicato a Oscar Avogadro (la cantautrice ha anche vinto il premio di Soundinside Basement Records, consistente nella realizzazione di un video live in studio). Chi scrive questo pezzo ha onestamente apprezzato molto di più il brano non in gara presentato il venerdì, dal titolo (speriamo di ricordarlo bene) “Palombaro nella foresta”: inequivocabilmente una canzone di alta qualità per interpretazione, testo, composizione; il pezzo in gara, coinvolgente soprattutto per l’ossessivo ripetersi della parola sottile “sottilmente” cantata, non riesce ad esplodere, ad aprirsi: resta a nostro parere e in effetti un po’ troppo “sottile”. Però stiamo parlando di un’artista da tenere davvero d’occhio e che vediamo ben inserita nel mondo della canzone d’autrice ad alti livelli. Anche la targa per la migliore interpretazione a Cristina Cafiero con la sua “Core mio” in napoletano, scritta in coppia con Ernesto Nobili, ci è parsa
particolarmente adeguata e forse il brano meritava qualcosa di più. Magari la vittoria del Premio, per quanto la vincitrice Chiara Ianniciello abbia convinto la giuria con la sua interpretazione gioiosa ed elegante – a tratti frizzante, grazie al ritornello in napoletano – del brano “Le zanzare”, scritto con Ernesto Massimino Voza e Giuseppe Maiellano; avrebbe meritato qualcosa di più, a parere di chi scrive, Alessandra Nazzaro, che con la sua Ouverture si è vista assegnare il premio dell’etichetta femminile “Maieutica Dischi” di Veronica Marchi (vincitrice della prima edizione del Premio) per la produzione e pubblicazione di un brano. Forse la canzone in gara si perde a un certo punto o non permette fino in fondo a chi ascolta di seguirne il filo; nonostante ciò, si è riconosciuto subito il valore della performance, non solo sabato, ma anche venerdì, quando la cantautrice ha presentato un pezzo – ci perdonerà se non abbiamo segnato il titolo – davvero convincente; seguiremo anche lei con vero interesse, perché di lei ci piacciono voce, scelta dei suoni e carattere, che letteralmente esplode sul palco. Altra menzione è toccata a Francesca Giannizzari, che ha presentato “Il tuo gusto per le cose”, che si è aggiudicato il premio ’Na stella del Virus Studio, con l’incisione di un brano e la produzione artistica di Ferruccio Spinetti: non è casuale, perché il pezzo, nelle sue soluzioni dritte e lineari, era tra quelli che suonavano meglio. E ancora Veronica Di Nocera (“Ansietà”), alla sua seconda partecipazione al Premio (è
molto cresciuta), si è aggiudicata un anno di assistenza legale e manageriale da parte di Siedas; una parola in più la vogliamo spendere per Ilaria Argiolas (“Aiha Aiha”), che è stata particolarmente apprezzata da Mariella Nava, e quindi avrà la possibilità di una collaborazione artistica con l’etichetta Suoni dall’Italia: va detto che si tratta di un’artista molto dotata e piena di forza ed energia; quello che spiace un po’, però, è che la sua proposta romana e romanesca sia eccessivamente derivativa: abbiamo sentito troppo dentro Mannarino, Bianca La Jorona Giovannini e anche un po’ troppo Francesco De Gregori e Luigi Grechi de “Il bandito e il campione” e quello che ci ha stupito di più, durante l’incontro con le partecipanti sabato mattina - sapientemente guidato da Giorgiana Cristalli dell’Ansa - è che alla domanda sulle sue fonti di ispirazione romane, la giovane e dotatissima cantautrice le ha negate, affermando di non conoscerle, a parte Gabriella Ferri, alla quale in effetti non somiglia e su questo ha ragione. Noi – senza alcuna ironia – le crediamo e proprio per questo, per il suo futuro nel mondo della canzone di qualità, la invitiamo invece a conoscerle e riconoscerle, perché è una verità quasi banale che chi sa da dove viene, ha anche più chiaro dove poter andare. Al contest hanno partecipato anche Santanna (L’unica cosa che resta) e Arianna Battilana (Millevolteancora). E abbiamo partecipato noi in qualità di giuria; mai con l’intenzione di maltrattare, stroncare, dividere, contestare, ma sempre con l’idea, laddove possibile, di consigliare, aiutare, indirizzare. Non perché necessariamente si debba aver ragione, ma perché un’altra verità banale è che conoscere più cose e punti di vista può generare inizialmente il caos, ma è dal caos che nascono le stelle più belle. Una di queste era Bianca d’Aponte, che non abbiamo mai incontrato. Eppure, ci manca moltissimo. 


Elisabetta Malantrucco

Foto di Elisabetta Malantrucco

Posta un commento

Nuova Vecchia