Mālūf Mouvement: “Note mediterranee”, Galoppatoio Borbonico della Reggia di Portici (Na), 28 novembre 2023

È in un certo senso una sfida quella lanciata da Maluf System, sodalizio tra Salvatore Morra e Marzouk Mejri che, con un organico strumentale di duo, che prevede però anche la presenza di ospiti, intendono portare sulla scena italiana il mālūf, termine che designa uno dei generi urbani più complessi del Maghreb di origine arabo-andalusa, codificato e trascritto nel XX secolo. Il loro concerto si è svolto a conclusione della stagione del “Maggio della Musica” (in scena a Villa Pignatelli a Napoli) nell’ambito della rassegna “Galop 23”, con la direzione artistica di Stefano Valanzuolo, ospitata al Real Galoppatoio borbonico del Palazzo Reale di Portici. Quello proposto da Marzouk Mejri (voce, ney, darbuka, tabl al baladi e bendir) e Salvatore Morra (oud orientale ed oud tunisino) è definito come “un movimento post-revival del mālūf tunisino”, che mira ad esplorare la “rinascita del genere contesti migratori, i suoi cambiamenti nella natura e le sue nuove trasmissioni e diffusioni”. Nella serata porticese l’organico in duo è diventato nella seconda parte del concerto un trio, quando si è inserita la tromba di Charles Ferris. Morra e Mejri hanno appena registrato “Eddiwen” (Canzoniere), album in uscita per l’etichetta Liburia Records, che vedrà la luce a inizio 2024, nel quale hanno ricreato un mondo sonoro tunisino spaziando dal tradizionale ensemble (jawk) alla banda del Bey ottomano di Tunisi, fino all’innesto di influenze sonore di più ampia area mediterranea. Il tunisino-italiano Marzouk Mejri è artista ben noto al pubblico con collaborazioni prestigiose, una carriera solista ed è parte del trio Fanfara Station, di cui fa parte 
un altro “migrante”, proprio il trombettista statunitense Charles Ferris. Il napoletano Salvatore Morra, suonatore di oud e chitarra, etnomusicologo ed accademico, ha pubblicato “Mālūf. Suoni dal Mediterraneo”, per le Edizioni del Museo Pasqualino di Palermo, monografia che, fondendo etnografia e analisi storica, antropologica e musicologia, discute le relazioni sociali e i fenomeni culturali, tra cui i processi di istituzionalizzazione le modalità di trasmissione e gli scenari della pratica musicale contemporanee, che si fondono intorno a questo genere musicale. Il concerto si è aperto con “Raqs”, danze negli stili popolari del sud della Tunisia per tabla solista, brano firmato da Marzouk, seguito da una composizione di Morra, “Bab al’azraq” (La porta azzurra), eseguita con darbouka e oud orientale, evocatrice delle suggestioni cromatiche delle porte delle case del Nord Africa. Il set è continuato con due suite appartenenti al repertorio del mālūf, costruite sulle scale modali arabo-tunisine (ṭubū’a), che racchiudono e diffondono differenti stati d’animo e i cui testi cantati in arabo classico e arabo dialettale (tunisino) parlano d’amore, gioia e nostalgia. Prima “Suite Hassine”, sviluppata in tre modi caratterizzati dai consueti passaggi dall’andamento lento – a tratti perfino solenne – fino a movimenti più veloci, e poi “Suite Mazmoum”, basata su un preludio per flauto ney, seguita come da canone dalle strofe vocali (per prassi si ascoltano alcuni generi poetici, tra cui muwassah o zajal) e dall’istikhbarāt, ovvero le improvvisazioni strumentali di percussione darbuka e e ‘ūd ‘arbī. Si tratta del liuto autoctono tunisino, dotato di quattro cori di corde, con un piano armonico con tre fori e manico di poco più lungo del cosiddetto 
oud orientale (‘ūd sharqi), prevalente nell’uso nel mondo arabo e iranico. Notevoli i variegati i temperamenti sprigionati nella “Suite Asba’in” (modo denominato Hijaz nel più vasto mondo arabo del maqām). Introdotta dal solo liuto e poi dal dialogo tra corde e tamburi è stato un altro brano il cui articolato sviluppo ha messo in risalto la perizia strumentale condivisa dai due musicisti. Nel “sistema”, quindi, sono entrate le trame della tromba di Ferris. I tre musicisti hanno eseguito “Jamal”, un tema composto da Marzouk, Ancora dal repertorio classico, è arrivata la suite “Alīf yā Sulṭānī”, mentre con organico nay, oud e tromba hanno proposto “Mudir rah” (Colui che mesceva il vino). Invece, “Samra ya Samra” ha offerto il ritmo del tamburo a calice a sostenere il dialogo tra oud e tromba. Dal repertorio di Fanfara Station è stato proposto “Mariage”, il canto dell’amore felice e completo impreziosito da un arrangiamento che ha dato spazio agli intarsi dell’oud, che nel suo procedere identifica una musica che pur conservando la connotazione nordafricana è al contempo transnazionale, innestando nel suo progredire l’esperienza migratoria. È stato il bis della bella serata di disciplinata passionalità, volta a favorire la conoscenza di un repertorio non molto frequentato dal pubblico italiano, prodromo a un album che attendiamo di ascoltare presto. Stay tuned. 

 

Ciro De Rosa

Foto e video di Ciro De Rosa

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