Hartmann Ensemble – Nurture (L’Airone Dischi, 2023)

Esce per l’etichetta ‘L’Arione’, “Nurture” (dal latino nutrire, coltivare, educare), il secondo lavoro discografico dell’Hartmann Ensemble: Flavia Innaro (voce), Renata Frana (dilruba e sintetizzatore), Carlo Roselli (chitarre, oud, robab, autore dei testi, delle musiche e leader del gruppo), Gabriele Pagliano (contrabbasso), Daniele Apicella (percussioni, oggetti sonori). Il disco è stato registrato rigorosamente dal vivo tra l'8 e il 9 ottobre 2022 all'interno della Chiesa del Complesso Monumentale di S. Sofia, nel cuore del centro storico di Salerno, senza alcuna sovraincisione né aggiunta di riverberazione artificiale. Se dovessi sintetizzare con una sola parola il lavoro, non esiterei nemmeno per un istante: reinvenzione! Reinvenzione di tradizioni musicali lontane diacronicamente e geograficamente; reinvenzione di un linguaggio che esiste, quasi nostalgicamente, nell'animo dell’autore dei testi e che arriva diritto al cuore dell'ascoltatore; reinvenzione immaginifica di un mondo apparentemente scomparso, eppure così simile al nostro come quello medievale. Il disco è all'insegna di una genuinità di sentimenti e di ispirazione senza fare nessuno sconto a manicheismi e ipocrisie culturali e/o ideologiche. I significati tangibili sono veicolati da significanti musicali e poetici, come la scelta di unire strumenti e stilemi di culture ed epoche diverse, la varietà melodica che unisce il modale al tonale, il frequente uso di formule ritmiche spesso poco familiari all'orecchio occidentale. Si tratta di un sistema ritmico ‘additivo’, secondo la definizione di Curt Sachs, diverso da quello occidentale che è invece di solito ‘divisivo’. Questo sistema è presente nelle musiche di diverse parti del mondo, ad esempio nel Maqsum arabo, nell’ Aksak (zoppo) balcanico, nel Düyek turco, nel Compás flamenco, nel Tāla indiano. Tutti comunque questi schemi ritmici, alla fine, sono assimilabili con ‘il senso del quattro’ (Locke) e tutti percepibili nel ‘presente psicologico’ (Fraisse) che corrisponde alla nostra ‘battuta’ o ‘misura’. Parlando del disco, a proposito della prima traccia, ‘Nurture’, ci dice Carlo Roselli la cui formazione è teatrale oltre che musicale: “Nasce in un contesto teatrale, dalla mia  collaborazione con un’attrice molto sensibile e attenta, Francesca Pica, per un suo spettacolo su Katherine Mansfield. È solo un frammento ma suonava così bene in chiesa quando registrammo che lo abbiamo lasciato così”. Il brano inizia con un’ambientazione sonora urbana ripresa in diretta durante la registrazione, all’orecchio dell’ascoltatore acquista un significato estensivo e contestuale al brano. Dopo questa introduzione si inserisce una frase melodica della chitarra flamenca con una particolare accordatura, suonata dallo stesso Roselli, e caratterizzata da un andamento responsoriale tra due semifrasi (a-b,b1), alla fine del brano si aggiunge una leggera e progressiva dinamicità (a-b1,b2,b3…) per poi ritornare alla formula iniziale, alla fine resta un senso di sospensione che invita a un riascolto. Il secondo brano, “Dolce è lu viento”, è costruito su un ritmo ‘additivo’ 3+3+3+3+2, un ciclo regolare e ripetuto per tutta la durata del brano. Simbolicamente potrebbe essere una navigazione in mare aperto. Sottolinea Roselli: “Il testo di ‘ Doce è lo viento’ nasce dopo la musica, in lockdown. Da casa nostra, a Salerno, si vede il mare (a meno di un chilometro di distanza) si era piazzata una nave mercantile proprio di fronte al nostro balcone, per tutti e tre i mesi. È stato abbastanza immediato fare congetture su come l’equipaggio vivesse la situazione. A partire da questo, anche scherzandoci sopra con mia moglie e i nostri figli, è nata questa immagine via via sempre più nitida e definita, di una specie di “nave dei folli” con tanto di polena, albero da frutto e un gallo nero come bandiera che, spinti dal maestrale, portassero un po’ di confusione nella nostra malata terraferma. Un ‘galeon fatale’; che non si schiantasse sugli scogli ma che venisse a fare esplodere uno scompiglio a lungo desiderato. Il vento era dolce davvero, portava la primavera eppure tutto era immobile. Ho sperato quei marinai fossero talmente stanchi di essere isolati su quella nave dei folli, che tentassero di entrare in porto e sbarcare spudoratamente, come pirati all’ arrembaggio (il tema dei pirati ci ha accompagnato nei giochi con i nostri figli per tutto il lockdown, il Jolly Roger sventolava alto sul balcone). Vedevo il mondo invecchiato così male: una ventata di aria nuova, a qualsiasi costo, la sentivo necessaria. Ci voleva, nel mio immaginario, qualcuno che irrompesse nel paesaggio inutilmente e assurdamente militarizzato della mia città. Inutile dire che sul mercantile si sono fatti i fatti loro e quando il lockdown ha mollato un po’ la presa si sono allontanati ma, almeno per me, una piccola insurrezione immaginifica e variopinta è stata ed è, appunto, ‘doce è lo viento’”. Il lavoro degli Hartmann è nato dunque durante quel lockdown la cui fine prometteva un’umanità migliore e che invece ha riacceso focolai di guerre e violenze. La nave vista a largo del mare di Salerno, il cui approdo avrebbe portato gli sperati cambiamenti, mi fa pensare alla galea del Capitano Federico nelle “Zite ‘ngalera” di Leonardo Vinci, che approdato da quello stesso mare per rapire le donne finisce per celebrare un matrimonio. D’altra parte nel teatro le navi sono sempre metafore di cambiementi, nel teatro come nella vita. Il terzo brano, ‘Sonna’, è di grande delicatezza, una ninnananna costruita su un efficace e catartico ostinato ritmico-melodico della chitarra. Su di esso si innesta il canto, fino a un certo punto monostrofico e ripetitivo, ma ecco che arrivano due sorprese: una seconda frase melodica e poi la voce femminile e maschile si incontrano (papà a mamma?). Per l’artista salernitano: “‘Sonna’ è una ninna nanna vera, nel senso che mi ha aiutato davvero ad addormentare i nostri figli, a un certo punto stanchi e un po’ spaventati della faccenda. C’è poco da dire, è il brano più intimo di tutto l’album ed è quello che ha ispirato il titolo “Nurture”. È la risposta alla necessità di costruire un luogo sicuro e accogliente per i bambini e i più esposti, se vuoi, alle tante forme che assume la violenza e la guerra nel nostro martoriato tempo ma anche una forza immaginifica che faccia da ponte dalla propria immaginazione alla realtà (cosiddetta) oggettiva. Educandosi alla bellezza, alla meraviglia e farne parte. Il tema del bosco e degli animali selvatici è qualcosa di ricorrente nella mia scrittura subito dopo la pubblicazione di Trotula (il nostro primo album, dall’immaginario invece molto legato al mare) ed è stato sviluppato anche in percorsi laterali ai quali abbiamo partecipato”. “Bradamante” è un brano strumentale in continuità di atmosfera e di forma con il precedente album ‘Trotula’. Ha un impianto ‘canonico’ in cui gli strumenti melodici eseguono la stessa melodia ma, ovviamente, a diverso registro, alla fine delle frasi compaiono le tipiche cadenze modali e le percussioni incalzano segnando accenti forti e deboli. La figura iniziale, che funge da ‘tema’, è rappresentata ancora una volta da una frase additiva (3+3+2), questo conferisce al brano già dall’inizio un sapore mediterraneo. Al tema-figura seguono degli ‘sfondi’ dal carattere più libero e improvvisato a volte in due (ricordando una danza balcanica), e alla fine in tre (ricordando un archetipo melodico tipico del Sud Italia). Spiega Roselli: “‘Bradamante’ è lo strumentale ispirato alla eroina dell’”Orlando furioso”, testo elaborato emesso in scena in diverse forme con la compagnia teatri sospesi e la coreografa Serena Bergamasco, autrice dello spettacolo. Ne abbiamo curato più volte la sonorizzazione, spaziando tra generi anche molto lontani da quello che suoniamo di solito”. Il successivo brano strumentale “Fujte”, a mio avviso è uno dei più interessanti. Comincia con un andamento dal sapore improvvisato - ma si sa che l’improvvisazione non si improvvisa mai – tipico del barocco e in particolare della ‘passacaglia’, ovvero della ripetizione di un modello melodico discendente. Si inserisce poi un ostinato terzinato della chitarra flamenca su cui si innesta la frase cantata. Negli intermezzi strumentali ci sono delle variazioni strumentali con salti armonici che riprendono il clima barocco dell’inizio, si arriva al ritornello cantato e poi intonato dalla voce maschile insieme con quella femminile all’unisono, dando al brano un senso di spazialità e movimento in corrispondenza semantica dell’espressione ‘Fujte’. Così si esprime Roselli in proposito: “Parlo né più né meno della deriva verso l’abbrutimento che leggo nella realtà. ’Fujte’ è un incubo, frutto delle mie ansie notturne in preda all’insonnia. Scritta e cantata di notte in silenzio quasi, solo chitarra e voce, parla di una casa che è rifugio per molte creature del bosco, umani compresi, salvi finché qualcuno mantiene il fuoco acceso. Lupi e demoni sono però intorno e aspettano il momento buono per attaccare e sbranarti…Il ritornello, stravolto nella melodia e nell’intento, riprende quello di una tarantella goliardica cantata molti anni fa da Alberto Ferraro in un suo vecchio progetto. Poi abbiamo dato molto più spazio alla recitazione con un brano intero, scritto in occasione dell’invito del Festival Rencontres du Jeune Théatre Européen di Grenoble “Arbero ca frutto” nel quale, sempre come in un sogno, una specie di officiante narra del ciclo continuo della vita. Tra i molti altri scritti e che conserviamo per le cose a venire, ci è sembrato quello più adatto a questa nostra “rinascita”, proprio durante la sessione di registrazione”. Un progetto davvero stimolante che speriamo di veder crescere sempre di più e sempre più spesso ascoltare nelle sale da concerto e nei Festival. https://hartmannensemble.bandcamp.com/album/nurture  


Francesco Stumpo

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