Dobrila & Dorian Duo 2 – Pile šareno (SFJ Records, 2023)

Da un po’ di tempo nel mondo trad-world si è affermata la tendenza a incorporare elettronica nella rilettura di materiali popolari di tradizione orale. Nel caso del duo nord macedone Dobrila & Dorian, che si riconosce in un’idea di tradizione riattualizzata nella contemporaneità, il fattore digitale interagisce con la voce di Dobrila Grašeska e l’oud di Dorian Jovanović. Lei è nota per il suo lavoro con "Chalgia Sound System", uno dei gruppi musicali più noti nel rinnovare il genere folk urbano chalgia, mentre Dorian Jovanović è uno dei fondatori di String Forces e ha lavorato anche in diversi altri progetti musicali. In coppia hanno pubblicato “Apocryph” (2021), accolto in maniera lusinghiera in patria come nel circuito world internazionale. Se il primo lavoro, concepito e realizzato durante la pandemia, aveva preso forma con una urgente spontaneità, questa seconda proposta appare più meditata e ricercata nell’elaborazione dei materiali, facendo emergere una complementarità perfetta tra i due musicisti nelle soluzioni vocali e negli arrangiamenti. “Pile šareno” (più o meno traducibile come Uccellino variopinto) esce sempre per la Skopje Jazz Festival Records ed è stato registrato, mixato e masterizzato dallo stesso Jovanović al Profundus Studio della capitale balcanica. L’album presenta otto composizioni tradizionali macedoni riarrangiate: storie spesso riconducibili a topoi folklorici, talvolta allegre altre volte molto meno, che la coppia rilegge ponendo l’oud a garantire la centralità melodica in sinergia con la voce flessuosa di Dobrila e dosando loop ed elettronica per rafforzare l’ambientazione intima, sospesa e minimale che pervade nell’intero lavoro. Così Jovanović spiega i procedimenti creativi del duo: “Entrambi gli album sono costruiti in gran parte sull’improvvisazione. Entrambi conosciamo abbastanza bene queste melodie, quindi improvvisiamo, costruiamo loop e strutture a partire da queste improvvisazioni e poi usiamo questi elementi come base per le performance. Non c'è quindi alcuna composizione formale, se non le melodie tradizionali da cui siamo partiti e i loop definiti durante il processo. Non ci sono loop pre-registrati nella performance, tutti questi sono suonati e costruiti dal vivo durante l'esibizione. D’altra parte, ci sono solo un paio di canzoni in cui alcune delle linee che suono sono state pre-composte, sulla base delle melodie originali, come un modo per aggiungere varietà melodica e armonica”. Non c'è una grande differenza tra le performance dell'album e quelle dal vivo, poiché le registrazioni dell'album sono performance dal vivo in studio che sono state leggermente modificate per ottenere la chiarezza e la definizione che ci si aspetta da una registrazione in studio, senza sovraincisioni o altre trovate in studio. Nell'ultimo album abbiamo aggiunto solo alcuni loop di batteria in due canzoni per ottenere una maggiore varietà. L'uso dell'elettronica sul palco con il duo ha lo scopo di aggiungere varietà preservando la bellezza naturale del suono dell’oud. Quindi, utilizzo solo un'elaborazione molto sottile del suono acustico, con effetti di modulazione morbida (vibrato, phaser e simili), e uso questo suono come ingresso per un paio di glitcher ed effetti granulari. Dall’altra parte uso due looper separati e un paio di delay per costruire loop e frammenti glitchati che vengono poi usati per costruire le strutture delle improvvisazioni”. Quanto all’attrazione per una canzone, che spinge ad interpretarla, prosegue Dorian, deriva da “una combinazione di cose: la melodia, la storia nel testo, la scala o il ritmo specifici, o anche la prospettiva improvvisativa o interpretativa che quella certa combinazione offre e che ci fa dire: ‘questa è la canzone’ ”. Le suggestioni arrivano sostanziose fin dall’iniziale “Što mi e merak pojlak da bidam” (Vorrei essere il tuo lavorante), la canzone d’amore che apre il programma in cui un giovane chiede a una ragazza di poter essere un suo lavorante per poterla guardare mentre lavora nei campi. Dorian racconta ancora che il titolo del disco deriva da un verso della canzone “perché ha una certa sensibilità e sensazione caratteristica, quella della vera felicità quando tutto è così facile solo perché si è felici”. Qui, l’oud asseconda la melodia e il canto sempre fascinoso di Dobrila, ma si ritaglia uno spazio di autonomia con un lungo solo, mentre l’elettronica avvolge, puntellando lo sviluppo del motivo. “Prošetala se Kalina” (Kalina fa una passeggiata) è una canzone dell’area settentrionale della Macedonia in cui un fratello e una sorella sono a passeggio nel bosco. Il fratello le chiede di togliersi i gioielli per non essere derubata dal ladro locale. Ma è proprio ciò che accade. Così il fratello si trova a combattere con il ladro per difendere l’onore della sorella. Dopo tre giorni di lotta, il fratello chiede a Kalina di aiutarlo, ma sorprendentemente lei si mette dalla parte del ladro Nikola. Espressività vocale e guizzi improvvisativi della voce (con la risata che sembra commentare il colpo di scena finale) danno vitalità alla narrazione. L’oud sottolinea l’andamento della splendida, malinconica “Legnala Gjurgja na ramno gumno” (Gjurgja si riposa), in cui tra melismi e vibrato Dobrila canta la storia di una bella ragazza che, dopo una lunga giornata di lavoro nei campi, si addormenta sotto un albero. Tanto stanca che nessuno riesce a svegliarla, ma tutti sono incantati dalla sua bellezza: i suoi occhi neri come olive, il suo viso come un pane bianco, il suo portamento come un pioppo. Ha un andamento più sostenuto il tema successivo, “Bog da go bie toj ibraim-odža” (Che Dio colpisca Ibraim-odža), segnato dai cambi di ritmo, dai loop e tocchi di elettronica e le tessiture dell’oud che seguono il procedere del racconto risalente al periodo della dominazione ottomana. Al centro dell’attenzione è la crudeltà di un funzionario imperiale che sfrutta la gentilezza della gente, facendo sì che due abitanti del villaggio tornino intimidendo i loro compaesani con maledizioni e minacce per preparare un banchetto riservato a Ibrahim e i suoi trenta accoliti. Con “Elaj, Riste, elaj” (Vieni Riste Viene) ci spostiamo nella Macedonia meridionale (area egea). Si tratta di una canzone d’amore colorata di sensualità, dove si parla di una ragazza che cerca di persuadere il suo fidanzato perché venga a casa sua per stare insieme da soli. Lui si rifiuta perché pensa che sua madre sia a casa, mentre lei non si arrende e gli dice che passeranno dei bei momenti insieme mentre sua madre è al cimitero a onorare i morti… Si cambia registro narrativo in “More pofali se” (Vantarsi di sé), in cui una nonna e nonna Marta (il mese di marzo nelle lingue slave è chiamato Baba Marta per le condizioni meteorologiche sempre mutevoli) danno prova di arguzia: la nonna dice di poter superare nonna Marta semplicemente portando gli agnelli nei campi, mentre nonna Marta si offende e mostra la sua vera forza e, quindi, la sua arguzia. Invece, in Više selo” (Villaggio superiore) entra in scena la peste, che appare nel villaggio e bussa alla porta di una casa chiedendo alla tessitrice una stoffa bianca perché lei (la peste) possa fare camicie bianche per i suoi figli. Ma la tessitrice rifiuta coraggiosamente e scaccia la peste dalla porta di casa minacciando di romperle la testa. Il finale è portato da un’altra canzone passionale, “Mori, dej Neveno” (Ciao Nevena), in cui il ragazzo chiede alla sua ragazza di rimanere insieme tutta la notte in un luogo buio e appartato dove mangeranno uva al chiaro di luna. Il motivo proviene dalla parte meridionale della Macedonia ed è carico di un'atmosfera più mediterranea, rileva Dorian. La coppia ha spruzzato un profumo di bossanova per conferire al tema più vivacità, ma si chissà come si ravvisa un lieve sapore sardo nella fisionomia danzante. Dobrila e Dorian rimettono in gioco il repertorio tradizionale con prospettiva aperta al mondo: un progetto che cattura l’attenzione. www.skopjejazzfest.com.mk 


Ciro De Rosa

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