Nell’immediato secondo dopoguerra, Giorgio Nataletti registra in Abruzzo, nella provincia di Chieti e a Teramo, materiali musicali che confluiranno nella Raccolta n. 3 degli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia di Santa Cecilia.
Guardando le date delle due sessioni (dicembre 1948 e marzo 1949) si comprende come si tratti di una delle prime campagne di rilevazione del Centro Nazionale Studi Musica Popolare fondato proprio nel 1948 da Nataletti (con il patrocinio dell’Accademia di Santa Cecilia e della RAI Radiotelevisione Italiana), che lo diresse fino alla sua morte (1972) contribuendo a dare una significativa propulsione alle ricerche sul campo in etnomusicologica in Italia e coinvolgendo illustri studiosi (tra questi, Ernesto de Martino, Diego Carpitella, Alberto M. Cirese e A. Lomax).
Ad occuparsi della pubblicazione quasi integrale della ricognizione di Nicoletti non poteva che essere Domenico Di Virgilio, studioso di punta delle tradizioni musicali abruzzesi e già curatore per l’editore Squilibri di due volumi, “Musiche tradizionali in Abruzzo. Le registrazioni di Diego Carpitella (1970)”
e con Luigi di Tullio “Nuovi canti della Terra d'Abruzzo”.
Il 20 dicembre del 1948 Nataletti giunge a Sambuceto per una prima campagna di rilevazione, il 15 marzo dell’anno successivo è a San Giovanni Teatino per documentarne le espressioni musicali e si spinge fino a Teramo per registrare anche le musiche della comunità rom di antica migrazione e insediamento, offrendo testimonianze orali sulla loro cultura musicale.
Nella parte introduttiva e nei primi due capitoli del volume Di Virgilio, dopo aver presentato il ruolo seminale di Nataletti e delle attività del CNSMP ed essersi soffermato sull’attenzione riservata all’Abruzzo dagli studi sul mondo popolare ma anche dai media dell’epoca (che insistevano sullo stereotipo della terra “forte e gentile”), delinea il contesto della ricerca delle fonti sonore in una regione ancora segnata dal conflitto mondiale, in cui se da un lato il mondo contadino era ancora fermo all’anteguerra, dall’altro si coglievano i segni delle prossime trasformazioni epocali.
Nell’ascolto dei materiali si coglie una “diversità del suono”, perché se Sambuceto, frazione in pianura più a contatto con la non lontana città di Pescara, appariva più esposta al cambiamento, San Giovanni Teatino, sede del comune, rivelava un repertorio più arcaico in termini di intenzione polivocale, nei timbri canori lontani dalla vocalità colta e nei modi esecutivi. In tal senso, dall’analisi di queste microstorie si coglie la fotografia di un’Italia che sta mutando ma, parimenti, ci si confronta con un mondo contadino ancora funzionale. Nel capitolo “Forme e stili musicali del repertorio tradizionale”, Di Virgilio analizza i repertori vocali e di accompagnamento alla danza, mettendo in primo piano anche le analisi acustiche che danno conto delle caratteristiche delle voci di cantori e cantatrici che si ascoltano. Si susseguono ballate, stornelli a dispetto, ninna nanne, canti di lavoro o legati a occasioni calendariali, dalla festa di Sant’Antonio Abate al Carnevale, mentre tra le danze sono proposte una mazurca, una polka e una saltarella, per lo più eseguite con organetto diatonico o fisarmonica. Non tutti i brani della Raccolta sono stati inseriti nella pubblicazione, perché o incompleti o incerti nell’esecuzione o, ancora, doppioni di altri motivi. Come accennato, appaiono di grande rilevanza i repertori della comunità rom di Teramo, in molti casi eseguiti da voci femminili. Il volume contiene tre contributi monografici sulle popolazioni rom. In “Maledetti dal popolo, amati dall’arte” Nazzareno Guarnieri delinea la storia della presenza rom in Abruzzo. Di carattere linguistico l’intervento di Andrea Scala, con “La romanì d’Abruzzo: una tessera linguistica indoaria nello spazio culturale aprutino. (Con qualche nota in margine alla lingua dei canti registrati da Giorgio Nataletti)”, e quello di Giovanni Agresti, che presenta “Appunti per una storia sociale della romanì d’Abruzzo. Il problema delle rappresentazioni sociali di lingua e identità”. La sezione fotografica contiene immagini in B/N provenienti dall’Archivio Gianni Lizza, a lungo parroco nel quartiere San Donato di Pescara e Presidente della sezione Opera nomadi.
L’antologia di brani del CD allegato (29 tracce per 64 minuti) offre un insieme davvero unico di documenti sonori, tra i quali segnaliamo i canti polivocali eseguiti da gruppi di donne: “Il cacciatore del bosco” e Quant’è bell a ji’n campagna”, con accompagnamento di organetto, e “Mariucce appassiunate” per quattro voci femminili, le ninna nanne e i canti a dispetto. Come già accennato, di grande rilevanza le otto tracce dedicate alla comunità rom: due ninna nanne, “Quadrinone”, la “Canzone del compare”, “Tango zingaresco” e “saltarello ‘romanese’ per fisarmonica, un documento parlato relativo alla contrattazione di un cavallo e “Carminelle e Vittorio”.
Un ulteriore tassello si aggiunge alla meticolosa ricostruzione della storia musicale popolare d’Italia operata dall’editore SquiLibri.
Ciro De Rosa
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