“Grand Tour Vol. 1” è il primo dei due volumi di un progetto che propone la rielaborazione e la diffusione di venti canti tradizionali, uno per ogni regione italiana, ideato da ESG Ensemble Sangineto: Adriano Sangineto ad arpa celtica e voce, Caterina Sangineto a salterio ad arco, flauti e voce, Jacopo Ventura a chitarra, bouzouki e voce). Il titolo dell’album prende spunto dal cosiddetto ‘Grand Tour’, il viaggio di formazione culturale compiuto nel Sette-Ottocento da giovani intellettuali europei verso la conoscenza dell’Italia. Molto abbiamo imparato di noi stessi e della nostra storia da quei viaggiatori stranieri. In questo caso il viaggio musicale è offerto all’Europa e al mondo intero dai tre artisti, sia con l’intento di far conoscere la tradizione musicale italiana, sia di restituirgliela attraverso un linguaggio comune, che preveda cioè una necessaria contaminazione tra idiomi musicali di diverse culture, dal folklore globale, alle sonorità contemporanee (accentuate, ad esempio, dalle pronunce tra il classico e il moderno della chitarra di Jacopo Ventura). Non manca però un affondo storico, come il continuo riferimento alla musica del passato: da quella antica medievale e rinascimentale a quella barocca. Un sapore arcaico, mitologico oserei dire, è dato ad esempio dal flauto e dal salterio ad arco di Caterina Sangineto (anche bravissima cantante solista) e dal riuscito connubio celtico-mediterraneo dell’arpa di Adriano Sangineto. L’operazione fa sì che questa musica possa essere fruita dall’adolescente di Berlino, così come dal professore di Oslo. Molto apprezzabile è la sapienza degli arrangiamenti vocali dei canti accuratamente scelti negli archivi etnomusicologici: partendo dalla coralità popolare sono stati ‘cristallizzati’ con elaborazioni che riprendono – ma non imitano –, vari stilemi. Primi tra tutti il canto diafonico sardo e il medievale stile delle polifonie primitive dell’organum e del discantus, che tanto hanno in comune con il canto popolare nostrano. I canti selezionati sono tutti monostrofici, tuttavia sono arricchiti da articolate digressioni vocali e strumenti e ricercate armonie.
Il primo brano presentato, “Rinello” (Umbria), racconta la storia di una giovane sposa che rimane vedova. L’anello che ella si sfilerà è uno dei simboli più usati nella letteratura colta (si pensi a Wagner) così come in quella popolare (si pensi al canto ‘La pesca dell’anello’). Nel brano viene presentato un saltarello che ricorda anche la tarantella calabrese, terra di origine dei Sangineto, essendo figli del liutaio Michele, nato appunto in Calabria. Un anello è anche il desiderio dalla protagonista femminile, che potrebbe essere uno dei personaggi di André, del secondo brano, “Lanterna de Zena” (Liguria). La melodia rimanda a un topos che si intona nelle processioni paraliturgiche mariane (io ne conosco appunto una dal titolo ‘Evviva Maria”), segno evidente della trasmigrazione di melodie dai canti paraliturgici a quelli popolari, dall’ ‘amore sacro all’amor profano’, per citare ancora il grande cantautore genovese, evocato anche dalle atmosfere musicali.
Ambientazioni bretoni e medievali si trovano invece in “Violina” (Toscana), un canto cumulativo e responsoriale, presente con diverse varianti in altre regioni. Il dialogo si svolge tra un padre che cerca di scoprire i segreti della figlia adolescente con domande insistenti, ma evasive saranno le risposte. L’origine monostrofica e armonicamente ripetitiva viene spezzata da una raffinata elaborazione polifonica del canto. Ancora un canto dialogico tra due innamorati è il quarto brano, “Dove te vett o Mariettina” (Lombardia), in cui l’innamorato mette in guardia l’amata dal pericolo della rugiada mattutina che potrebbe bagnarle il grembiule, con una velato doppio senso a sfondo sessuale.
“Mare Maje” (Abruzzo) ha un carattere quasi da ‘bossa nova’, con un ostinato del bouzuki che simbolizza il doloroso lamento di una vedova per la perdita del marito. “Chi bussa alla mia porta” (Emilia-Romagna) è un canto che tratta il tema letterario purtroppo tristemente attuale, del marito che uccide la propria moglie. Ne esiste anche una variante ne “I sentieri dei nidi ragno” di Italo Calvino. In una atmosfera quasi da balera tra la via Emilia e l’Irlanda si innesta una piccola azione drammaturgica in cui dialogano due protagonisti e un narratore. Il carattere è molto popolare ma l’accompagnamento armonico è alquanto ricercato.
Un progetto davvero stimolante che promette molto bene al suo esordio, aspettiamo davvero con ansia il secondo volume auspicandoci che l’impegno di questo Ensemble possa avere lunga vita, andando a esplorare e poi attingere dalla variegata e ricca tradizione musicale italiana. Seguono poi tre canti a carattere socioculturale. Il primo è il noto “Canto delle lavandaie del Vomero” (Campania) in cui vengono rivendicate le terre; è un viaggio nella gloriosa Napoli barocca che viene, sottolineato dal tipico partimento per quarta ascendente dei bassi della chitarra. Contemporaneamente il salterio esegue un terzinato ostinato che evoca una tarantella. Il brano seguente è il noto” Se maritau Rosa” (Sicilia) in cui la voce solista accompagnata da un valzer dal spore popolare ma ben costruito musicalmente, canta la condizione delle donne che non trovavano marito e restavano zitelle a vita. Segue “Procurade ‘e moderare” (Sardegna), il canto sardo in cui già nel titolo si invitano i potenti ad essere più giusti. Viene richiamato lo stilema del canto diafonico sardo, con la melodia della voce femminile contrappunta al basso dalla voce maschile che compie un bordone o dei piccoli movimenti, per poi incontrarsi con l’altra voce nelle tipiche cadenze per toni interi. A chiudere la raccolta è “Luvise la lune” (Friuli-Venezia Giulia) che racconta con toni popolari la natività di Gesù accompagnata da vari momenti musicali: arpeggio della chitarra, coralità, intensificazione ritmica che ricorda una bourrée della Francia centrale. Insomma, ogni brano è una perla che evoca un microcosmo perlopiù scomparso ma che rinasce con nuova linfa grazie al traboccante musicalità di questi musicisti.
Francesco Stumpo
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