Mokoomba – Tusona: Tracings in the Sand (Outhere Records, 2023)

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Fin dalle prime battute, la punteggiatura delle note di chitarra che guidano l’andamento danzante di “Tamvela Mama”, racconta l’energia e la gioia con cui i Mokoomba sono tornati a registrare le loro canzoni nelle diverse lingue che attraversano lo Zimbabwe: Tonga, Luvale, Shona, Nyanja – facendo spazio anche al Lingala. A sei anni da "Luyando" (2017), il sestetto non è ricorso a produttori come Manou Gallo o Steve Dyer e hanno fatto tutto da soli, a cominciare dai nuovi arrangiamenti di tre brani di "Luyando", tutti in chiave più ballabile: “Tusona” è il loro album più esplicitamente rivolto al dancefloor, grazie anche all’apporto della sezione fiati dei ghanesi Santrofi, Nobert Wonkyi Arthur (tromba), Bernard Gyamfi (trombone) e Emmanuel Arthur (sax). I Mokoomba sono di Victoria Falls, le Cascate Vittoria, lungo il corso del fiume Zambesi che qui costituisce il confine geografico tra Zambia e Zimbabwe, e comprendono Mathias Muzaza, cantante solista e percussioni, Trustworth Samende alla chitarra, Abundance Mutori al basso, Donald Moyo alle tastiere, Ndaba Coster Moyo alla batteria, Miti Mugande alle percussioni. Fra i loro punti di forza ci sono i cori, cui partecipano tutti e sei. Cantano l'amore, le persone che se ne sono andate, di come darsi coraggio in una società segnata da cambiamenti che mettono in crisi. Il singolo con cui hanno lanciato il nuovo album è cantato in Shona e intitolato "Nzara Hapana" (senza soldi): racconta di un uomo che lavora per il futuro
di sua moglie e della sua famiglia e cerca di proteggerle dall'avidità dei parenti. Il titolo dell'album rimanda al loro rispetto per le tradizioni locali. “Tusona” si riferisce a un antico sistema di segni e simboli, disegnati sulla terra e usati come istruzioni durante le cerimonie di iniziazione dai Chokwe, dai Luchazi e dai Luvale di cui cantano la cerimonia di iniziazione Mukanda che comprende le danze Makisi, inserite dal 2008 nella lista del patrimonio immateriale dell'UNESCO. I Makisi sono personaggi mascherati che rappresentano lo spirito degli antenati. La cerimonia annuale di iniziazione chiama i Makisi a tornare nel presente per insegnare ai bambini a diventare adulti. "Quando siamo a casa - ha raccontato Trustworth Samende - di solito partecipiamo alle cerimonie tradizionali per assistere a riti e spettacoli. Abbiamo la fortuna, ogni domenica, di poter partecipare agli incontri che si tengono in una vecchia birreria comunitaria, con vari gruppi di cantanti, danzatori e suonatori di tamburi tradizionali che si alternano per intrattenere la gente. Queste esperienze sono una base di partenza per noi per far sì che il nostro processo compositivo si appoggi ad elementi tradizionali per poi fonderli con suoni contemporanei e
permettere alla nostra musica di aprirsi a un pubblico più ampio. La nostra ispirazione viene da qui, dall'ascolto della musica tradizionale cui aggiungiamo le influenze della musica che abbiamo ascoltato nelle nostre case crescendo e i suoni che abbiamo sperimentato viaggiando per il mondo"
. "Nyansola", la dea del raccolto viene celebrata con un brano ballabile, volentieri in levare, che chiede la pioggia. "Manina" è stata scritta durante la sindemia e parla della perdita di una persona cara, occasione per ascoltare la voce di Ulethu, cantante di Harare. In "Makolo", l’invitata è la cantante congolese Desolo B. e la lingua diviene il lingala. Come sempre, i riff di chitarra di Trust Samende e l’accompagnamento dei suoi compagni sanno fondere influenze diverse, in questo caso congolesi, con la musica ispirata dalla mbira che scorre attraverso le diverse regioni dell’africa meridionale, proprio come lo Zambesi, simbolo di fertilità e rigenerazione.  




Alessio Surian

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