Pure vincente, il giorno successivo, l’onda tropicale dei Romperayo, combo di Bogotà, guidati dal batterista Pedro Ojeda (già con Meridian Brothers e Chupme El Dedo), che si impongono con la loro ricerca dei suoni che attraversa decenni di musica colombiana, a partire dai dischi a 78 giri degli anni Trenta fino agli anni Settanta: un archivio sonoro che diventa ispirazione per creare musica festiva del presente, attingendo anche al funk e alla disco, che abbia il “baile” come elemento centrale. Decisamente donne al centro della scena di AFF, anzitutto con la tedesco-turca Derya Yildrim e la sua band multinazionale (una batterista inglese e due francesi) Grup Şimşek; è l’anadolu psychedelia, in cui si staglia la bella voce intimista e dal tratto malinconico della cantante, che si accompagna al bağlama, il liuto a manico lungo. La band attinge alle scale anatoliche cui è aggregata una vena rock, pop e prog (accanto a liuto ci sono batteria, chitarra e tastiera), mettendo in sequenza brani propri, di tradizione alevita e temi d’autore come la folk song “Darildim Darildim” dal repertorio di Aşik Mahzuni Şerif. Il giorno 18 al Folk Stage è coup-de-cœur con la fisarmonicista e cantante bahiana (di residenza paulista) Lívia Mattos, che è anche cantautrice e funambolica artista circense (Si ascolti il suo secondo album intitolato “Apneia”, 2022). Mattos si è imposta per la sua versatilità, che si fa pure forte di un’originalità timbrica derivante dall’organico in trio con batteria (Rafael dos Santos) e tuba (Jefferson Sá Viana); getta un ponte tra ritmi tradizionali (valzer, forrò, choro, maxixe), jazz e improvvisazione, senza farsi mancare una vena di lirismo: nella sua musica
aleggiano i “mestre” Luis Gonzaga, Dominguinhos, Jacob do Bandolim ed Hermeto Pascoal. Nello stesso luogo sabato 19 si è esibita Maria Mazzotta (voce e tamburello) in trio con Ernesto Nobili (chitarra) e Cristiano Della Monica (batteria). Il loro è un set caloroso e diretto, dove sulla tradizione salentina e del Sud Italia si innestano sonorità post rock e in una combinazione ritmico-armonica e melodica che ammanta, accompagna e si giustappone, esaltandola, alla voce strumento, profonda e cangiante, della cantante, che ha modo di esibire le svariate sfaccettature della sua personalità artistica. Suoni (e danze) urbani della contemporaneità con Pongo, diva del kuduro, la dance elettronica di origini angolana con punte acrobatiche che spopola tanto sia nell’Africa australe lusofona che in Portogallo, paese degli ex colonizzatori, dove Pongo è emigrata. Altri suoni, altro stile ma sempre all’impronta di un’Africa lontana da cliché pauperistici e maschilisti lo viviamo con Asna, nata e cresciuta ad Abdijan (Costa d’Avorio), DJ, produttrice e artista multidisciplinare, esploratrice afro-elettronica. Nello stesso giorno anche il rock latino di Depedro, al secolo Jiro Zavala, cantante e chitarrista dalla lunga carriera, attivo anche con i Calexico, al cui tour internazionale Jiro partecipa come chitarrista. Più appetitose le “canzoni d’amore che finiscono male” dei Deli Teli, quartetto marsigliese con anima greca, armati di bouzouki elettrico e farfisa: ancora lo spirito retrò che trionfa nel loro laiki pop in cui si incontrano tsifeteli e rock, riportando in scena l’ambientazione delle piste da ballo ateniesi degli anni Sessanta e Settanta. Dopo di loro, vistosa impennata di bpm con Hilight Tribe, band elettro strumentale, in cui il drum’n’bass incontra percussioni e una vasta gamma di strumenti come chitarra, sitar, didgeridoo. Ancora, c’è stato il notevole after (alle 3.00 del mattino) électro condotto dalla fanfara
minimalista francese TeKeMaT, techno brass band di percussioni, ottoni e mixage: sono mescolatori di suoni, creatori in situ senza campioni e suoni preregistrati. Della pattuglia dei dj che si sono alternati alle consolle, va detto che hanno dato vita a selezioni plurime nelle giornate arianesi, qui ricordiamo le raffinate scelte world-oriented dell’italiana Coqò Djette e del francese Big Buddha, nonché la deliziosa e irresistibile sequenza inanellata dal veterano inglese Scratchy Sounds. Da segnalare, e da approfondire, anche gli onemanband giunti all’AFF: il chitarrista palermitano Francesco Riotta, che sul palchetto del Monopolio ha presentato il suo sound meticcio e plurilingue (“Progetto Locale” è il suo recente album) profumato di reggae, soukous e folk siciliano, e l’argentino Rumbo Tumba, alias Facundo Salgado, artigiano del suono, che fonde tessiture sonore andine con strumenti tradizionali con loop e ritmi dance urbani. Veniamo, quindi, alla domenicale giornata conclusiva (20 agosto), aperta dalla sfilata musicale carnevalesca, il cui spirito ha invaso anche il piazzale del Folk Stage dove, dal primo pomeriggio, è stato “bello perdersi” nell’esuberante rotta atlantica dei capoverdiani-portoghesi Fogo Fogo e nel provocatorio afflato popolare da balera punk-rock-pop dei romagnoli Extraliscio. Infine, festa finale, ancora ad alto volume, con Turbo Maradona, piemontesi che rinverdiscono la cultura dei picò colombiani, i sound system di Barranquilla: que viva El Picò, que viva Ariano Folk Festival.
Ciro De Rosa
Foto Ariano Folk Festival
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