Houria Aïchi – Chants cortois de l’Aurès (Accords croisès, 2023)

Originaria della regione dell’Aurès, una zona montuosa berbera nell’Algeria orientale, Houria Aïchi, che tra le altre cose di professione è sociologa, è la “storica” voce berbera dell’Aurès. La regione costituisce una zona inespugnabile per la sua costituzione geografica ed anche sotto il profilo culturale e musicale è stata poco contaminata dalle tradizioni di aree limitrofe. Nel suo ultratrentennale lavoro di esplorazione, Aïchi si è richiamata alla figura delle donne azryat (donne musiciste libere alle quali era riconosciuto dalla comunità Chaoui uno status speciale che permetteva loro di spostarsi ed esercitare la propria arte). Dopo aver pubblicato diversi lavori tra i quali, cinque anni orsono, “Chants mystiques d’Algérie” per far conoscere la musica che si suona nei matrimoni, ai funerali, nelle cerimonie di circoncisione -in un repertorio poco noto, caratterizzato dalla spontaneità e dalla mancanza di rigidità rispetto alle imposizioni dell’islamismo-, nel 2023 con “Chants cortois de l’Aurès” approfondisce ulteriormente il meno conosciuto patrimonio musicale delle popolazioni algerine. Con la sua voce espressiva improntata alla vocalità tradizionale, in un canto ricco di melismi, Houria Aïchi interpreta qui dieci brani ispirati all’amore dell’uomo per la donna, testi che narrano di donne reali e non idealizzate, amate e desiderate per la loro corporeità. La voce della studiosa è accompagnata da pochi, essenziali strumenti: percussioni, flauti, oud e mandola, che spesso sottolineano i passaggi vocali o giocano al contrappunto. In alcune tracce, agli strumenti tradizionali si aggiungono le tastiere a creare un’atmosfera quasi mistica. Alcuni dei brani hanno una struttura responsoriale, con il coro maschile che risponde alla voce femminile in un continuo gioco di rimandi. Il tema della fisicità dell’amore per la donna trapela già a partire dai titoli, tradotti in francese e inglese da Houria Aïchi: “La primevére du printemps/Spring primrose”, brano di apertura dell’album, in cui si ascoltano percussioni incalzanti, e il travolgente, di lunga durata “Rencontre nocturne/Night meeting”, brani questi che costituiscono anche esempi di canti responsoriali. Nell’appassionato “Sa chevelure soyeuse/Her silky hair” accordi all’oud creano un’atmosfera jazzata su cui ricamano i melismi vocali. In “Sourire d’argent, levres de sang/Silver smile, blood lips” e nel sinuoso “Le rendez-vous/The rendez-vous” si ascoltano arpeggi profondi all’oud ed incisive percussioni, mentre le linee melodiche della voce e dello zufolo volteggiano. Nel solenne “Le serment/The oath" il flauto e le tastiere introducono la voce. “Ta joue rouge carmin/Your carmine red cheek” è un brano la cui melodia è fortemente scandita dagli strumenti musicali. L’ottava traccia, la misteriosa “Le bracelet de cheville/The ankle bracelet”, è l’unico brano d’autore, composto da Aissa Djermouni, poeta dell’Aurès che volle celebrare la bellezza del tintinnante braccialetto alla caviglia che nelle tradizioni delle popolazioni di montagna è considerato uno strumento di seduzione. Tutti gli altri pezzi, invece, appartengono alle tradizioni della musica Chaoui, testi in alcuni casi molto noti e che l’artista considera altamente poetici ancorché semplici. In “Hadda/Hadda”, condotta dal continuo rimando tra voce e flauto, l’oud gioca un bel solo centrale sottolineato da percussioni e sonagli. L’album si conclude con “Le chant du ramier/The song of the woodpigeon”, uno dei brani tradizionali più noti. Accompagnano Houria Aïchi in questo intrigante ed appassionato lavoro che celebra l’attrazione fisica per la donna, Mohamed Abdennour alla mandola e all’oud – anche direttore artistico-, Ali Bensadoun ai flauti e alle percussioni, Adhil Mirghani alle percussioni e Taoufik Mimouni alle tastiere. I quattro strumentisti fanno anche da coro alla voce solista femminile dal forte temperamento. Con i “Chants cortois de l’Aurès” Houria Aïchi ha proposto un album molto stimolante, per scoprire repertori significativi, poco noti ed ancora poco “inquinati”. La salvaguardia di questo patrimonio culturale che per molteplici motivi è a rischio di estinzione costituisce, senza ombra di dubbio, il proposito raggiunto dal suo lavoro. 


Carla Visca

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