“Senza alcun timore”: Wayne Shorter (1933 - 2023)

L’esperienza con Davis del periodo di “In a Silent Way” vede suonare nuovamente insieme Shorter e Josef Zawinul: insieme danno vita ai Weather Report, principale gruppo del sassofonista dal 1971 al 1985. Per i Weather Report comporrà anche brani che ne hanno segnato la storia, primo fra tutti l’energetico “Palladium” (1977), con un andamento che evita di “risolvere” le progressioni armoniche, proponendo nuove tonalità, in un potente crescendo.


Alla metà degli anni Settanta Shorter si trasferì a Los Angeles ed entrò a far parte della Soka Gakkai, poco dopo l’adesione di Herbie Hancock, suo compagno nel gruppo di Miles Davis degli anni Sessanta. Per Shorter la meditazione diviene una pratica importante e integrale alla preparazione dei concerti. In quel periodo allarga anche lo spettro delle collaborazioni che, nel 1982 include l’incisione di “Bella 'mbriana”, ospite di Pino Daniele: nel disco il suo sax soprano illumina brani poetici, da “Maggio se ne va” a “Toledo” e ci consegna uno solo particolarmente incisivo in “Io vivo come te” dialogando con Joe Amoruso (tastiere), Alphonso Johnson (basso), Tullio De Piscopo (batteria) e Rosario Jermano (percussioni). 


Gli ambiti delle collaborazioni spaziano dal rock degli Steely Dan (“Aja”, 1977), al latin rock di Santana (“The Swing of Delight”). Ma è anche Shorter a ricercare collaborazioni, come quelle con i musicisti brasiliani Airto Moreira e Milton Nascimento per l’album “Native Dancer”, pubblicato dalla Columbia nel 1975, che include brani rimasti storici, come “Ponta de areia”, registrato con l’amico Herbie Hancock.


Una delle collaborazioni più durature e prolifiche lo vede in sala di registrazione con Joni Mitchell fra il 1977 e il 2002: ben 10 album, cui si aggiunge anche il progetto firmato da Herbie Hancock “River: The Joni Letters”, a fianco di Dave Holland, Vinnie Colaiuta, Lionel Loueke.


La straordinaria intesa con Hancock è testimoniata anche dai concerti realizzati nel tempo dai due musicisti, qui protagonisti a luglio 2014 all’Auditorium Parco della Musica a Roma.


Nel 2000 apre un periodo d’oro, paragonabile a quanto realizzato fra il 1964 e 1970 con la Blue Note, quando dà vita al quartetto in cui chiama il pianista Danilo Pérez, il bassista John Patitucci e il batterista Brian Blade per rileggere insieme a loro le sue composizioni: “Footprints”, “Go”, “Sanctuary”, “Juju” e “Masquelero”, nell'album pubblicato dalla Verve nel 2002 “Footprints Live!”; e poi “Orbits”, “Capricorn 2” e “Angola” nell’album Algeria del 2003, vincitore di un Grammy come miglior album di jazz strumentale, premio che ha ricevuto anche il successivo “Beyond The Sound Barrier”. Qui sono in azione a Novembre 2012 nella Salle Pleyel a Parigi.


Non appena appresa la notizia della morte di Shorter a Los Angeles il 3 marzo, Jorge Rossy ha voluto condividere questo ricordo: “A 47 anni, nel 2012, ho avuto l’immenso privilegio di sostituire Brian Blade in un tour di due settimane con il quartetto di Wayne. (…) È stata un'esperienza di trasformazione. Le lezioni che ho tratto dal tour con Wayne - sulla musica, sulla vita e su me stesso - sono quelle a cui continuo a tornare. Le condivido spesso nelle conversazioni con colleghi e studenti perché continuo a incontrare situazioni in cui sono rilevanti. Una delle tante cose meravigliose di Wayne era il modo in cui riusciva a comunicare la sua maestria in modo così simile sia con la musica che con le parole: poteva cambiarti la vita con una breve frase. Spesso, quando eravamo in aeroporto in attesa di un volo, condivideva domande o frasi brevi e stimolanti come: ‘Chi sei?’ ‘Non c'è nessun posto dove nascondersi!’. ‘La musica? È solo un linguaggio. VITA! È questo che conta’. Ognuna di queste frasi era tanto breve quanto indimenticabile, lezioni che continueranno ad accompagnarmi per il resto della mia vita”.
Proprio dopo quel tour, Shorter è tornato all'etichetta Blue Note - dopo 42 anni – registrando l’album “Without A Net” (2013), che, nei 23 minuti di "Pegasus" vede protagonista anche l'ensemble di fiati Imani Winds. Cinque anni dopo, il set di tre CD del 2018 “Emanon” comprende versioni estese di “Pegasus”, “Prometheus Unbound”, “Lotus” e “The Three Marias”, con il quartetto integrato dall'Orpheus Chamber Orchestra nel primo disco, mentre gli altri due CD documentano le esibizioni del quartetto al Barbican di Londra. Le sue opere sinfoniche sono state eseguite dalla Chicago Symphony, della Lyon Symphony, dell’Orpheus Chamber Orchestra, della Prague Philharmonic, della Los Angeles Philharmonic, della National Symphony Orchestra e della Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam.


Il rapporto con Esperanza Spalding è stato particolarmente importante nell’ultimo decennio. Il suo ultimo album, “Live at the Detroit Festival” (Candid, 2022) documenta il concerto al Detroit Jazz Festival nel 2017 con Terri Lyne Carrington, Leo Genovese ed Esperanza Spalding. Qui è in azione con gli stessi musicisti e con Herbie Hancock a Gdansk il 16 agosto 2014. 


Con Esperanza Spalding ha affrontato la composizione di un'opera, "Ifigenia", un modo per rileggere la tragedia greca di Euripide insieme allo scenografo Frank Gehry, amico di lunga data di Shorter. L’opera ha debuttato a fine 2021 destando sia sorpresa (e perplessità), sia entusiasmi, come spesso sono stati ricevuti in precedenza i suoi lavori, coerentemente con la sua filosofia creativa: nel salutarlo, il New York Times ricordava che nel 2018, parlando del suo approccio al modo di suonare in quartetto, Shorter ribadiva che la chiave è “una piccola cosa che chiamiamo fiducia e fede. Per me la definizione di fede è non temere nulla".

Alessio Surian 

Torna a pagina 1

Posta un commento

Nuova Vecchia