Tosca – Morabeza rendez-vous Live (Officina Teatrale/Don Chisciotte, 2022)

Recensire questo album che vede protagonista Tosca, la sua voce, il suo incontro col mondo e la sua nostalgia del presente, significa necessariamente ripercorrere una strada tracciata ormai da qualche anno; qui siamo di fronte, cioè, al culmine di un progetto in musica e più in generale “in arte”, cominciato qualche anno fa; non possiamo ovviamente sapere se questo sia il traguardo finale; vero è che quando si tratta di artisti forse è meglio limitarsi a parlare di “tappa”. Però, in quali altri luoghi la voce di Tosca potrà andare all’incontro? Conoscendola, potrebbe benissimo decidere di ricominciare da zero su un’altra strada: se c’è una qualità specifica di Tiziana Tosca Donati, infatti, – al di là delle doti tecniche, dell’empatia con il pubblico, della grazia nel racconto in musica – è la curiosità; il suo approccio alle cose è sempre la curiosità nel senso più semplice del termine, quello prezioso del bambino che va a toccare, mette mano ovunque col musetto in avanti e così impara, conosce, capisce. Tosca non ha mai un approccio “intellettuale”, scientifico, pedante e stucchevolmente filologico a tutto quello che comunemente siamo soliti chiamare “Cultura”; il suo è invece un approccio vivo, pulsante, gioioso, birichino: il suo incontro col mondo è veramente quello del bambino nel negozio di giochi. La bellezza che ne deriva nasce proprio nel risultato di questo incontro tra la sua immensa curiosità, la sua straordinaria bravura di interprete e le sue doti specifiche di operatrice culturale. La seconda qualità specifica di Tosca è cioè la caparbietà con cui insegue il sogno, la suggestione, l’intuizione, la magia, la poesia del canto; il suono della voce giustappunto. Ciò che incontra prende forma come in un sincretismo religioso e diventa l’arte di Tosca, il suo modo di intendere la canzone. Questo era già chiaro nel documentario scritto con Emanuela Giordano, quel “Suono della voce” presentato alla Festa del Cinema qualche anno fa, prima della pandemia, insieme con Morabeza, l’album che era il primo risultato della sua ricerca internazionale nel mondo del suono. Poi c’è stato un Sanremo molto felice: molto felice per la canzone scelta, quella “Ho amato tutto” scritta da Pietro Cantarelli; disco e canzone che le hanno fatto vincere due targhe Tenco e documentario che le ha fatto aggiudicare un Nastro d’Argento. E tutto questo in piena pandemia e dentro e intorno al progetto di alta formazione di Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, che esiste perché lei l’ha pensata e voluta, con quella caparbietà e quella curiosità di cui sopra. Nello specifico, cosa porta di nuovo questo lavoro discografico? Innanzitutto, porta la fondamentale atmosfera del live, quello nuovissimo e andato in giro nel 2022 per il mondo, con un gruppo formidabile di musicisti. Chi ha avuto modo di partecipare al concerto (gli ultimi sono stati fatti a fine anno all’Auditorium Parco della Musica) sa di cosa stiamo parlando: era tutto perfetto, con scenografia, tempi teatrali, coreografie, le magie delle voci e dei suoni. Bravi davvero tutti: Massimo De Lorenzi alla chitarra, Luca Scorziello alle percussioni e alla batteria, e poi le musiciste: Fabia Salvucci ai tamburi a cornice e alle percussioni, Elisabetta Pasquale al contrabbasso e all’ukulele e infine l’insostituibile Giovanna Famulari al violoncello, al piano, alle percussioni e alla melodica. Tre donne con delle voci bellissime che hanno accompagnato Tosca, con lei hanno duettato, e che si sono esibite anche da sole: raramente è capitato a chi scrive di imbattersi in un concerto dove il protagonista (la protagonista in questo caso) lasciasse così tanto spazio ai musicisti. E questa è un’altra qualità di Tosca: la capacità di condividere. Solo le persone molto intelligenti sanno che per andare avanti bisogna fare squadra. Si sente poi ovunque, nel disco soprattutto, lo zampino di Joe Barbieri: se Tosca è un’interprete raffinata – la più raffinata senza tema di smentite nel panorama italiano – Joe Barbieri è un produttore artistico sempre molto elegante. L’insieme all’ascolto dà la sensazione di trovarsi su una nave che viaggia su rotte mediterranee col mare sereno, una lieve brezza a muovere le vele; si sentono anche, così, in lontananza, le risa argentine di qualche bambino, e col binocolo si possono intravedere alcuni passeggeri sul ponte che scrutano l’orizzonte, magari con un po’ di nostalgia per la casa; la casa è invero la protagonista di questo viaggio sonoro: la casa da cui si è partiti, la nave dove si vive fino all’arrivo, la destinazione che si deve raggiungere, il luogo dove infine si vuole tornare. Imperdibili in questo album sono la versione voce e percussioni (tavolo e mani) di “Alfonsina y el mar”, “La mia casa” con cui si apre il disco e “Mia libertà”, brano scritto su versi di Paul Eluard (e l’adattamento italiano di Barbieri) e la musica di Larry Klein e Madeleine Peyroux; una canzone tanto struggente quanto vera, vera per tutti e vera soprattutto per un’artista come Tiziana Tosca Donati che, curiosa, caparbia e straordinariamente brava, col suono della sua voce di donna, ogni giorno e ovunque scrive il nome: “libertà”. Album consigliatissimo. 


Elisabetta Malantrucco

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