Roberto Laneri – South of No Border (Black Sweat Records, 2021)

Roberto Laneri è un ben noto concertista e didatta, instancabile esploratore della dimensione del suono come veicolo di coscienza di stati “diversi” fin dagli anni Settanta. Ideatore del progetto Prima Materia, maestro delle tecniche vocali del canto armonico, polistrumentista di estrazione jazzistica (clarinetto, clarinetto basso, sax sopranino, soprano ed alto, djdgeridoo e shruti box), compositore dal curriculum prestigioso che ha suonato, tra gli altri, con Bruno Tommaso, Giancarlo Schiaffini, Mario Schiano, Charlie Mingus, Peter Gabriel, Alvin Curran, Cornelius Cardew, non ha mai smesso di praticare “strade di suono e di pensiero già anticamente tracciate” (World Music Magazine n. 50, 2001), consapevole che a contare è il percorso soggettivo piuttosto che la strada in quanto tale. Così “South of No Border”, che si presenta con un bell’art work (“Verzura”, creato da Noura Tafeche), è stato registrato in un arco temporale di quattro anni, tra il 2014 e il 2018, pubblicato sul finire del 2021 ma in circolazione dall’anno successivo e proietta già dal titolo in una fitta geografia sonora che punta verso Sud, ma non conosce confini. Siamo all’ascolto di un Laneri attento alla cura del suono, mai conformato a intenti collaudati, la cui proiezione appare meno onirica e austera, però sempre evocativa anche se di certo più distesa. In questo nuovo capitolo il compositore di Arzignano (Vi) di lunghissima residenza romana è coadiuvato da Giuppi Paone e Raffaela Siniscalchi (voci, rispettivamente in “Blue Ishtar” e “Islands”), Eleonora Vulpiani (chitarra in “Islands”), Luigi Polsini (contrabbasso in “Mala”) e Luigi Marino (zarb in “Mala” e Blue Ishtar”). Sono soprattutto i fiati a condurre in un universo sonoro aperto, dove confluiscono con piacere visionariamente narrativo e stratificato di linguaggi e distanti tradizioni musicali. Se le coordinate dei tredici minuti di “Mala”, già registrata in "Winds of Change” (2018), sono sospese tra le strutture della musica indostana e il fluire di paesaggi danzanti maghrebini, con “Tico-Tico no fubá”, un choro brasiliano composto da Zequinha de Abreu nel primo Novecento, e “Con Tigo En La Distancia”, un bolero cubano di César Portillo de la Luz, procediamo verso le Americhe. Gravita intorno al mondo latino-americano anche “Islands”, in cui si affaccia un’elegante ed arguta estetica jazzistica orchestrale. Umori mediorientali ammantano la fascinosa “Blue Ishtar”, uno dei vertici dell’album: qui, come nella conclusiva “Love is”, dove i caldi fraseggi dei fiati incontrano il tratto ipnotico del didjeridoo, Laneri fa prevalere ancora la sua formazione jazzistica che si somma alle sue molteplici esperienze di fusione di musiche del mondo, senza rinunciare alla cantabilità del tema. Indubbiamente affascinante questo sconfinato viaggio sonoro: è musica sana e vitale. 


Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia