Lorenzo Monguzzi – Zyngher. Live in Brianza (Maremmano Records/IRD, 2023)

Gli anni della pandemia hanno sprigionato quella voglia di tornare a suonare tra la gente ed immortalare questi momenti di complicità. Anche per Lorenzo Monguzzi è arrivato il momento del disco live e l'occasione giusta è stata la magica cornice della Brianza che ha reso unica la serata del 27 giugno 2021. Monguzzi (voce, chitarra acustica, stomp box) con Matteo Luraghi (basso elettrico), Andrea Marinaro (chitarra elettrica) e Adriano Sangineto (arpa celtica, cori) ripropone il suo ultimo disco solista, “Zyngher”, e altri brani con nuovi abiti musicali, lasciando intatto l'uso del dialetto brianzolo. In apertura la chitarra elettrica si fonde con l’arpa celtica per caratterizzare “San Vitur Blues”, presa in prestito da “Folsom prison blues”, scritta da Johnny Cash per il disco “Johnny Cash with His Hot and Blue Guitar” del 1957. Si prosegue con “L’è minga vera”, robusto rock alla Neil Young con cori orecchiabili e “Un Alter cafè” con gli arpeggi di chitarra acustica ed elettrica. Si ritorna alle cover con “I Rivultell de Brixton”, versione punk-folk di “The guns of Brixton” dei Clash dall’immortale “London calling” (1979) e “Zyngher”, che altro non è che “Gipsy”, la ballata delicata di Suzanne Vega da “Solitude standing” (1987). Il blues acido con chitarra slide di “La tusa de Lisùn” ci porta ad una bellissima versione di “Henry Lee”, il tradizionale ripreso da Nick Cave nel suo capolavoro “Murder ballads” del 1996. C’è ancora spazio per la malinconica “Preghiera del Ladèr”, gli echi western di “Portavèrta” (la title track del suo primo disco solista uscito nel 2013) e l’inedito “America”, brano molto intenso, accompagnato quasi esclusivamente dalla chitarra acustica. Un disco live che suona vero, diretto, dove si sente ogni singolo respiro di chi suona, accompagnato dagli applausi del pubblico e dai suoni della natura. Monguzzi ha una voce calda e trascinante, adatta a raccontare queste storie di vita con insoliti personaggi ed è sorretto da validi musicisti. Non avrebbe guastato qualche brano in più ad arricchire la scaletta, ma resta comunque un delizioso documento di genuinità. 


Marco Sonaglia

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