Angela Dell’Aquila – Qifti. Canti arbëreshë di Chieuti (Nota, 2022)

Nell’Italia meridionale, dall’Abruzzo alla Sicilia, sono diversi i paesi arbëreshë, popolati, se non addirittura fondati, da profughi albanesi insediatisi principalmente tra il XV e il XVIII secolo, a causa dell’espansionismo turco-ottomano. Chieuti (Qifti in arbëreshë) è una delle piccole comunità alloglotte albanesi della Puglia, ai confini con il Molise. Di questa cittadina della Capitanata, che conta poco più di 1500 abitanti, è originaria Angela Dell’Aquila, la protagonista di questa produzione pubblicata da Nota Records. Co-protagonista del lavoro è l’infaticabile Salvatore Villani, ben noto cantante, compositore, etnomusicologo e operatore culturale, che ha conosciuto Angela nel 2004, durante una ricerca rivolta proprio a documentare i repertori alloglotti della provincia di Foggia. Ricorda lo studioso di Rignano Garganico: “Nel nostro primo incontro mi colpì la sua versatilità, il suo amore profondo per la cultura del suo paese, la padronanza della sua tecnica vocale, acquisita empiricamente, eppure così vicina agli stilemi del canto ‘colto’ della scuola italiana”. Sulla soglia degli ottant’anni Dell’Aquila rivela ancora una grande padronanza vocale nel proporre un florilegio di canti della tradizione arbëreshë locale, ma anche di più ampia diffusione, appresi negli anni sotto la spinta del suo mentore Roberto Ruberto, musicista e scrittore conterraneo. Nel libretto, gli scritti di presentazione del progetto ripercorrono la biografia di Dell’Aquila, tracciano la storia di Chieuti, danno conto delle ricognizioni etnografiche nell’area e descrivono e commentano i repertori raccolti, di cui sono proposti anche i testi. È presente anche una partitura originale di Giovanna Marini che ha rielaborato in forma polifonica il canto “Rine, Rine, ti ku vajte?” per il coro della Scuola Popolare di Musica di Testaccio di Roma. La chitarra di Salvatore Villani accompagna la cantatrice chieutina nelle quattordici tracce, di cui tredici registrate in studio tra il 2021 e il 2022 e l’ultima fissata dal vivo all’Auditorium Parco della Musica di Roma nel 2015. La raccolta si apre con una delle interpretazioni più intensa della cantatrice: “Ishi një ditë të muoj të maji” (Era un giorno del mese di maggio), conosciuta come “Qifti”, vale a dire il nibbio, uccello che nella poetica albanese simboleggia la bramosia amorosa piena di tenerezza. Si tratta di un tema in ¾ ricco di immagini metaforiche, diffuso anche in area albanofona molisana, così come lo è “Çë bukura kapile Qievëtë jannë” (Che belle ragazze a Chieuti stanno), come il precedente anch’esso raccolto da Diego Carpitella e Alberto Mario Cirese a Ururi (CB) negli anni ‘50. Con “Rine, Rine, ti ku vajte?” (Rina, Rina, dove sei andata?) ci troviamo di fronte a un dialogo tra madre e figlia; è un tema locale in 3/4 già presente in una raccolta di canti locali del primo Novecento. Molto noto è il canto nuziale “Valle, valle tërkuzalle” (Danza, danza con la fune), così pure “O e bukura More” (O bella Morea), uno dei motivi più diffusi tra le comunità arbëreshë italiane che si fa risalire alla seconda metà del XVI secolo, che Dell’Aquila esegue magistralmente. Un altro canto nuziale, “Po vini krushqit maleve” (Venite o parenti dai monti), è entrato nel repertorio locale negli anni Settanta, assumendo una struttura ritmica meno articolata dell’originale. La traccia successiva è “E ljule e lju” (Fiori e fiori) un canto in metro misto caratterizzato dalle fusioni linguistiche tra italiano e albanese e comune a tutte le comunità italo-albanesi. “Asaman trëndafil çeles” (La rosa dovrà sbocciare) è una canzone presente in Albania, mentre i due brani che seguono, “Shkova e përshkova ka te njëvik i ngushtë” (Passai e ripassai per un vico angusto) e “Shkova ka dera jote e ç’ishi njëri” (Passai davanti alla tua porta se c’era qualcuno), evidenziano i legami con la prossima località molisana di Ururi, di cui si è già detto. Invece, con un salto nel repertorio d’autore, il nostalgico “Hora jone” (Paese nostro”) è stato composto da un chieutino emigrato in Francia. Non manca una ninna nanna, Fli, o bir, o jeta ime” (Dormi, o figlio, o vita mia), per sola voce, che Dell’Aquila ha appreso dalla nonna: un canto dal ritmo libero ma caratterizzato da una struttura ternaria tipica delle novene pastorali natalizie. Pure di provenienza familiare è la rima infantile “Ndishe oj ndishe!” (Dai, dai!). Come accennato, l’ultima traccia contiene due brani (“O e bukura More” e “Po vini krushqit maleve”) nella versione interpretata dal vivo durante lo spettacolo “La montagna del sole” del 2015, dedicato alla musica della Puglia garganica. Composto con affetto e passione, “Qifti” presenta una voce che emoziona. La pubblicazione rappresenta un ulteriore tassello per la ricostruzione della storia musicale e delle dinamiche culturali delle comunità arbëreshë che, conservando significativi elementi della propria origine, si impongono di non dissipare repertori, pratiche, lingua e poetica popolare e men che mai smarrire la memoria di chi queste espressività ha vissuto e ha trasmesso. 


Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia