Tammurrianti World Project – Mani sicure (Soundfly, 2022)

Il quartetto guidato da Michele Maione (tamburi cornice, tamburi, marimba, balafon, vibrafono, mandola elettrica e synth) ed Emidio Ausiello (tamburi a cornice e percussioni), “mani sicure” e pregiate del percussionismo neo-tradizionale campano (didatti e autori nel 2008 del metodo “Tammurrianti – vol 1”), con il cantante Enzo ‘Tammurriello’ e il violinista Andrea Esposito (violino elettrico e mandobird) e una pletora di musicisti che allargano il ventaglio sonoro, esordisce per la label partenopea Soundfly con un album che racchiude dieci composizioni, di cui nove originali. Scorrendo gli arnesi del suono, si nota come l’organico si presenti con una pluralità di timbri che si incastrano creando accostamenti del tutto inusitati, alla ricerca di un equilibrio tra cantabilità e groove ritmici. In apertura la title track, una tarantella firmata da Maione dai colori sonori cangianti, umbratili nella parte iniziale, luminosi nella seconda, quando la zampogna del cilentano Tommaso Sollazzo (Kiepò) si unisce alla andamento incalzante del tema guidato dal violino; nel finale poi due voci riprendono un passaggio di “Rosabella di Milano”, ballata che dal nord Italia è circolata fino in Calabria. L’aerofono del maestro cilentano ritorna nella electro-rock tammurriata “A Rareca”, composizione su testo di Flo, invito a non smarrire l’essenza dell’esser umani, il senso di comunità e di relazione con la terra per inseguire un’effimera superficialità. La chitarra elettrica (Marcello Giannini) al centro di “Sole a luntano”, vestita di sfumature desert rock su liriche di Franco Maione che nel mantra cantato “nuje simme ianche cu l’anema nera” svela le contraddizioni del nostro vivere sociale: “Siamo accoglienti, ma siamo un po' razzisti. Siamo democratici, ma ci facciamo affascinare da un capopopolo di turno. Siamo per la famiglia, ma la violenza contro le donne e i bambini è in costante aumento. In sintesi siamo dei “democratici incompiuti”, raccontano i TWP. Nel finale, il canto incontra riempie di un inusitato recitato dal celebre coro della “morte di Ermengarda” (Ah, la cantabilità del settenario!). Segue il primo strumentale, “Kanaghis”, featuring gli Ondanueve String Quartet. È il racconto delle suggestioni di un musicista turco che in viaggio nel Sud Italia è posseduto dalle esuberanze danzanti festive tradizionali. Cosicché nella struttura il motivo fa incontrare tempi zoppi e figure ritmiche della pizzica. In “Tammurrianti” il baricentro diviene più marcatamente percussivo e improvvisativo, con sequenze di violino che raggiungono la sponda sud del Mediterraneo, ma soprattutto c’è la celebrazione dei suonatori di tamburi con l’intervento di un’orchestra di tamburi a cornice composta da oltre 50 elementi. La celebre “Luna Nova” (di Di Giacomo e Costa) incontra la “Vinnaredda” tradizionale siciliana, giustapponendo due modalità poetiche differenti di cantare l’amore, passando da uno stile elevato a uno crudo. La tradizione orale campana si infiamma, finalmente, con “Tammurriata p’ ‘O Stocco”, dedicata al grande maestro Antonio ‘Tonino’ Esposito), motivo che dà libero sfogo al sapere ritmico di maestri e maestre della tradizione del ballo sul tamburo. Più sofisticato l’incontro tra mondo percussivo e archi nella tarantella “La perduta danza”, il secondo strumentale – sicuramente uno dei vertici dell’album – dove più incisiva si fa la ricerca sul ritmo e sulla struttura piena di dissonanze. “Facesse luce” (di nuovo liriche di Flo) è un altro dei momenti dell’album in cui si affacciano le aperture afro: è la dichiarazione d’amore di un “innamorato disposto a donare ogni bellezza del creato per celebrare l'oggetto del suo desiderio, ma nulla di ciò che ha è abbastanza”. Del testo dice l’autrice partenopea: “Al di là dei temi, che tutto sommato sono stati ampiamente scandagliati nella canzone popolare, quello che mi interessava realizzare erano testi dal linguaggio arcaico. Usare la parola come sortilegio, invocazione primaria, simbolo e non solo suono e significato.” I TWP chiudono con “Nanna Nanna Piccinnu Miu”, una ninna nanna salentina con i sintetizzatori, le drum machines che si mescolano con i tamburi e il pianoforte suonato da Savio Riccardi. È la conferma della natura composita di un lavoro nel quale si ritrova abbondanza di idee che, tuttavia, vanno disciplinate. 


Ciro De Rosa

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