Radicanto – Alle radici del canto (Visage Music, 2022)

Come si deve porre il musicista di oggi con tutti i suoi trascorsi di studio accademico e di frequentazione del campo di fronte a temi di una tradizione così completa come quella di Carpino, i cui nomi sono leggendari, e ancora oggi insegnano tanto in termini di poesia e tecnica?

Con la stessa leggerezza con cui ci si affacciava nelle estati assolate dell’infanzia, dopo una corsa in maniche di camicia, ad abbeverarsi con le labbra sotto una fontana: il metodo empirico. Spesso il mondo del folk è abitato da mistificazioni e racconti non concreti che offuscano una realtà molto più affascinante. Ho avuto l’immensa fortuna di lavorare con i cantori di Carpino Antonio Piccinino e Antonio Maccarone, che purtroppo sono scomparsi, grazie alla mia collaborazione con Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti per lo spettacolo che poi è diventato un film (vincitore del premio Libero Bizzari al festival del cinema di Venezia) “Craj”. Ecco proprio il titolo del film che nei nostri dialetti vuol dire domani, racconta bene il dettato della musica dei carpinesi. Loro sono stati autori delle proprie liriche, magistralmente composte in endecasillabi, che interpretavano adagiandoli sugli stilemi musicali di Carpino. Alle loro tarantelle, non conoscendo la notazione musicale, avevano affidato nomi derivanti dai paesi confinanti: Vieste, Monte Sant’Angelo e Rodi Garganico da cui sono nate le tarantelle Vestesane, Montanara e Rodianella. Pertanto le varie codifiche che abbiamo letto nei dischi di molti interpreti “Alla Carpinese” o la “Tarantella del Gargano” sono solo frutto dell’esito narrativo di un telefono senza fili.

Il sodalizio con Raiz è ormai un canto comune: cosa vi ha spinti insieme alla collaborazione e cosa pensate ancora di esplorare?
Con Raiz affrontiamo con cura un viaggio nella musica che noi definiamo “immaginaria” del Mediterraneo con la curiosità propria di chi desidera approfondire ed allargare i propri orizzonti toccando con mano, assaggiando e reinventando una tradizione “viva” con istinto viscerale e affatto museale. In questo disco dei Radicanto è presente il brano “Tu sola” che abbiamo composto a quattro mani e che rappresenta la colonna sonora del cortometraggio “Destinata coniugi Lo Giglio” del regista Nicola Prosatore, vincitore dei Nastri D’argento 2022.  Oltre alla soddisfazione per questo prestigioso riconoscimento, è stato realizzato da poco un nuovo disco, “Astrigneme” (Fonè), che è la fotografia dell’attuale concerto che verrà proposto dal vivo a Napoli l’8 dicembre Teatro Nuovo all’interno di “Napoli World”. La nostra collaborazione porterà anche a un altro lavoro molto importante, che verrà
pubblicato a fine anno. Un accorato omaggio all’immenso Sergio Bruni, dal titolo: “Si ll’ammore è ‘o cuntrario d’ ‘a morte”. Un viaggio tra le parole e le note del Bruni, autore e interprete musicale sulle liriche del grande Salvatore Palomba, nume tutelare di questa produzione. In questo disco Raiz dà prova del suo talento cristallino e interpreta questo repertorio con una carica emotiva sublime. Per questo nuovo lavoro in febbraio saremo in tour partendo dal Teatro Trianon di Marisa Laurito di Napoli per poi proseguire all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

C’è anche il folk contemporaneo di Lucilla Galeazzi di “Quante Stelle nel cielo con la luna”…
Con Lucilla ho suonato per alcuni anni in trio con Carmine Bruno della NCCP, ed abbiamo costruito insieme un percorso musicale tra tradizione e nuova scrittura. Lei, a mio avviso, è la voce più potente e duttile del folk italiano, capace di virtuosismi, agilità melismatica e autrice raffinata ed ispirata e al contempo è capace di preservare, diffondere e innovare la tradizione folk italiana. Questo brano io lo considero pura canzone d’autore con una forte ispirazione poetica che sa indagare il tempo “grande” della storia.

Nel repertorio finisce anche “Trobaras” dei Calic? Cosa vi ha preso di questo brano?
Ascoltai questo brano in “Terras de Mar” e ne rimasi intimamente colpito per la forza poetica e per la bella interpretazione dell’autore Claudio Gabriel Sanna. Con poche parole dipinge il tempo e ci regala una poesia musicale che, come solo le opere importanti sanno fare, non ha tempo, contiene un valore espressivo assoluto. La nostra versione è arrangiata in modo sostanzialmente diverso da quella dei Càlic e diventa quasi calypso-mediterranea.

Ripescate “Ebla” dallo storico repertorio dei Novalia, world music anni Novanta, coevo della nascita di Radicanto, ma finite anche oltre il Mediterraneo, verso l’Africa…
Sempre nel percorso concertistico con Lucilla Galeazzi che ha inciso a sua volta questa splendida canzone, ho iniziato a familiarizzare con “Ebla”. Una composizione capace di unire in un unico insieme poesia e ritmo con una carica passionale e raffinata al contempo. Nella nostra versione viene alla luce anche la nostra attitudine al jazz, al progressive e troviamo la complicità del suo autore, il nostro amico Stefano Saletti, che impreziosisce l’esecuzione musicale con il suo saz.

A proposito di jazz, lo strumentale di Aldo Romano “Annobòn” è una digressione in questo vostro viaggio che vi porta ancora più lontano…
Adoro Aldo Romano e questo suo brano da quando l’ho ascoltato suonare al Talos Festival, ormai quasi 30 anni fa. L’ho fatto mio perché questa dimensione musicale dei Radicanto è stata sempre molto liquida tra i generi, il folk, ma anche le stigmate della musica classica per alcuni di noi come me, ma anche il puro jazz da cui in origine proviene Adolfo La Volpe, intendendo non solo la matrice jazzistica ma anche l’improvvisazione è un bagaglio che ci portiamo dietro. Così come quello attraverso i generi, la musica sì, ma anche il teatro e la letteratura che è un po’ lo sfondo di tutto quello che facciamo. Ciò vale anche per la collaborazione con Raiz, con cui ci siamo trovati su queste direttrici, ma che è accaduto anche con Teresa De Sio: le nostre intelligenze si sono raccordate intorno a queste frontiere che più dividere, uniscono. Una musica quella di “Annobòn” molto legato all’estetica dell’album che è un piccolo concept album, come forse tutti i dischi di Radicanto, che alla fine fanno – chiamiamolo così – un folk progressivo.

Toccate la Campania con “’A devozione” con Nando Citarella?  Che rapporto hai con le forme della religiosità popolare?
Questo brano propone una personale “variazione su tema” rispetto alla tammurriata. Teniamo insieme modo maggiore e minore, sottolineando l’impatto “rock” insito in questo ritmo. È una ballata metropolitana che richiama nel testo composto da Nando, la passione e “l’eternità” della devozione che da sempre mi affascina per il suo essere a cavallo tra sacro e profano. La voce di Nando e le sue “votate” sul tamburo sono il collante consapevole e necessario per riportare tutto a casa.

In questo viaggio c’è anche “Matajola”, con cui scendete in Calabria…
Sì, “Matajola” è un pezzo calabrese dal repertorio di Pino di Vittorio, un altro amico e complice: è stato insegnante di canto di Maria Giaquinto che ha lavorato con lui alla Pietà de’ Turchini a Napoli. Lui è un altro nome tutelare della nostra poetica. “Matajola” è un brano anche quello meraviglioso che è diventato parte della nostra narrazione, che abbiamo “masticato, sputato e riproposto” – per dirla con De André – secondo la nostra strada. Tanto è vero che è uno dei brani che facciamo con Gabin Dabirè, proprio perché diventa africano nelle nostre corde: è un brano di frontiera. La versione ascoltata per la prima volta proveniva da una ricerca sul campo di Otello Profazio, però mi sembrava perfetta per questo slancio anche internazionale dei Radicanto, perché diventava pretesto per dire. Questa realtà trasfigurata si trova e si ritrova intorno a queste tappe, che sono anche tappe emotive dei miei e dei nostri ascolti nel corso degli anni. Di fatto, la compilazione dei brani al netto delle composizioni originali che sono presenti, ha che fare con gli affetti: sono i brani del cuore, generi di conforto. 

Come si diceva prima: non lesini progetti: Radicanto porterà in tour questo progetto, che intanto è entrato nella TGWMC e nella WMCE? E poi quali altre partenze e approdi ti attendono?
Questo CD, edito da Visage music con il contributo di Puglia Sounds (che ha sostenuto anche il tour estivo), ci sta dando enormi soddisfazioni. Abbiamo alle spalle un lungo tour che continuerà per tutto il 2023. Al contempo oltre al progetto discografico e concertistico con Raiz e dopo aver affrontato la XIV edizione del nostro festival “Di Voce in Voce”, da poco conclusosi, siamo stati al Womex di Lisbona, sempre con Puglia Sounds per promuovere il CD, il tour e la nascitura Rete Italiana della World Music. Il 26 novembre, al teatro comunale Piccinni di Bari, debutterà la nostra nuova produzione teatrale (con musica dal vivo) “Ternitti”, adattamento dell’omonimo romanzo di Mario Desiati (vincitore del Premio Strega 2022), in collaborazione con Aleph Theatre (Giusy Frallonardo ed Enrico Romita), per la regia di Nicoletta Robello. Sul fronte musicale, infine, volgendo lo sguardo al panorama internazionale, saremo in tour con il cantautore e polistrumentista Gabin Dabirè. Questo nuovo concerto ha debuttato lo scorso mese di agosto in prima assoluta e promette grandi cose: ne sentirete delle belle! 


Radicanto – Alle radici del canto (Visage Music, 2022)
#CONSIGLIATOBLOGFOOLK 

Il titolo rivela l’allusione alla scaturigine del nome stesso della band pugliese, che con questo nuovo album interpreta storie cantate di autori e autrici del Sud Italia, propone una summa di luoghi sonori e di itinerari dell’anima. Le dodici canzoni di Radicanto si tingono di tenui colori folk, jazz e rock ma sono fortemente incentrate sulla vocalità di Maria Giaquinto e delle guest star Raiz e Nando Citarella (anche a tammorra e castagnette) su cui cesellano note mai superflue gli strumenti a corda di Giuseppe De Trio (chitarra classica e arrangiamenti) e di Adolfo La Volpe (chitarra elettrica, bouzouki), la fisarmonica e il piano rhodes di Giovanni Chiappparino, le percussioni di Francesco De Palma (batteria, cajon, udu, caxixi, riq, tar) e i fiati di Claudio Carboni (sax soprano, baritono e tenore) di Banditaliana che per l’occasione si è unito alla formazione pugliese. Altra eccellenza musicale presente è Stefano Saletti al saz. La lingua inconfondibile, tra invocazione ironica e tagliente, dell’Enzo Delre di “T’adore e te rengrazie” apre la scaletta, nella quale incontriamo la descrizione di un lavoratore stagionale de “Lu Furastiero” di Matteo Salvatore, il canto dell’amore amaro di “Cu ti lu dissi” (Rosa Balistreri) a comporre un trittico di numi tutelari a cui si affianca l’emozione senza eguali dei sunetti  garganici sul cui stile De Trizio ha composto “Soj ciardine”. Oltre, siamo in Calabria, con la fine concretezza lirica di “Matajola”, dal repertorio di Pino De Vittorio, motivo che si proietta tra sfumature blues e rock prog e dove si infondono anche venature afro. Prezioso pure l’amore struggente cantato in “Quante stelle nel cielo con la luna” di Lucilla Galeazzi, inscritta appieno nel folk autoriale contemporaneo, dove accanto alla chitarra elettrica, sax soprano, fisarmonica, e percussioni entra il contrabbasso di Giorgio Vendola, vecchio amico dei Radicanto (suonava in “Terra Arsa”) e grande strumentista. La ballata della cantante ternana è ormai un classico così come potrebbe diventarlo “Tu sola”, incanto napoletano per voce e chitarra classica, di cui sono coautori De Trizio e Gennaro Della Volpe (in arte Raiz) e che è stato scritto per il cortometraggio “Destinata coniugi Lo Giglio”. Canto senza tempo è “Trobaras”, tratto da un album degli algheresi Càlic, tema dalla fisionomia mediterraneo-caraibica. Veleggiando nelle pieghe della nuova canzone di matrice mediterranea, i Radicanto raggiungono “Ebla”, celebre composizione dei Novalia, qui ripresa con l’inserimento del saz di uno dei suoi autori, Stefano Saletti. Invece, con “‘A devozione” ci portiamo nella dimensione della tammurriata su un testo di Nando Citarella che duetta con Maria Giaquinto: delicatezza della vocalist e misurata espressione del cantante campano, modi e modi diversi che si tengono insieme. Si pone come una sorta di digressione lo strumentale “Annobòn”, firmato dal jazzista Aldo Romano, in cui sono in primo piano la chitarra elettrica e i fiati di Carboni a tratteggiare un paesaggio che si spinge oltre il mare nostrum. Il commiato arriva con la voce avvolgente della vocalist che su un tappeto di tastiere intona il richiamo de “Lu Salinaru”, un omaggio a Mimmo Modugno che chiude il cerchio del canto di un Sud antico (?), terra di “fatica” e di sfruttamento, riproposto con quella consolidata grammatica d’autore che getta luce sul nostro tempo attraverso le storie dal passato.


Ciro De Rosa

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